martedì 25 dicembre 2012

Buon Santo Natale 2012

Una splendida immagine natalizia dal sito www iodonna it


Prima di tutto un grazie a chi ci ha seguiti finora in questa nuova avventura nella cultura di Milano, e della nostra regione, il blog Adalingo, la pagina Facebook Rifondazione Milano Policroma, la pagina Facebook Le Tracce di Ieri e il sito del Museo Franco Fava vogliono augurare a tutti voi delle giornate di festa serene e schioppettanti.
Il nostro impegno per il nuovo anno 2013 sarà quello di interessarvi e coinvolgervi sempre di più,

Buon Natale, quindi
e Miglior 2013
Auguri

Il Presepe Biblico di Baggio di Roberto Bagnera

Nella ricorrenza del Santo Natale 2012, dedichiamo questo post ad una delle realizzazioni più toccanti di Milano, il Presepe Biblico di Baggio, in Piazza Sant Apollinare, nell'omonima chiesa.
Un'iniziativa cui diede avvio Egidio Negri, operaio alla Borletti, che mise la sua febbrile volontà al servizio del progetto che vide la luce nel 1956.
Una storia di volontariato puro e vero, che, attraverso la ricerca e l'utilizzo di materiali di recupero, regalò a Milano forse il suo presepe più bello.
Riproduciamo di seguito l'articolo della rivista Itinera, dicembre 1989, realizzato dalla Fondazione Milano Policroma, con le riprese fotografiche di Franco Mauri.
L'articolo fu concertato e scritto con il compianto Egidio Negrini e rappresenta sicuramente un fedele ritratto dell'iniziativa.
La pubblicazione fu anche utilizzata come depliant per il presepe, l'associazione di Negrini ne acquistò numerose copie da vendersi in loco come complemento e completamento della serie di cartoline che erano gli unici souvenirs all'epoca.
(PER UNA MAGGIORE COMPRENSIONE E LETTURA DELLE PAGINE SOTTO RIPRODOTTE
CONSIGLIAMO DI FARE CLIC CON IL TASTO DESTRO DEL MOUSE E SELEZIONARE APRI IN NUA NUOVA SCHEDA)





domenica 16 dicembre 2012

Bernardino de Vincenzi, una breve biografia di Rolando di Bari




Bernardino de Vincenzi. Nato nel 1954, vigevanese di adozione da quasi mezzo secolo, Bernardino - per tutti “Dino” - de Vincenzi vive nel capoluogo lomellino dove, dal 1975 al 2010, è stato funzionario del Comune di Vigevano.

Brillante ed estroverso, con in tasca un diploma di Ragioneria e di Perito Commerciale, esperto in attività amministrative e contabili, ma studioso rigoroso e puntuale, come giornalista pubblicista, è iscritto all’Albo Nazionale – Sezione Lombardia – dell’Ordine dei Giornalisti Pubblicisti, ha collaborato e collabora con varie testate. Storico, esperto in Storia antica e specializzato in Egittologia, è coautore e revisore di testi didattici di Storia antica, Storia comparata ed Egittologia, realizzati per università inglesi e, soprattutto, statunitensi. E’ stato ed è docente di corsi di Egittologia presso varie istituzioni culturali nazionali e locali.


Sue opere sono state pubblicate da La Rosa Editrice, Edizioni storiche Gaspari, Fanucci Editore ed Edizioni Selecta. Tra i lavori più recenti ricordiamo la collaborazione alla realizzazione, a livello locale, di Vigevano in divisa, e di Vigevano al lavoro e Vigevano in famiglia (entrambi con Rolando Di Bari e Franco Fava).

Ha collaborato anche con Francesco Ogliari, nella realizzazione dei volumi Malpensa 2000 Da dieci anni in volo verso il futuro, Milano, 92 giorni alla fine, Milano imperiale, Milano libera ricostruisce e della collana Era Milano.


 



A Vigevano ha collaborato, oltre alla realizzazione di numerosi progetti espositivi e di manifestazioni pubbliche di altro tipo, nella ideazione e con la responsabilità organizzativa e amministrativa, alla creazione del Museo della vita quotidiana e della Grande Guerra - Le tracce di ieri, poi intitolato a Franco Fava dopo la sua scomparsa.
I suoi ultimi lavori, pubblicati nel 2012 sono: il saggio "Egittologia Facile" per i tipi di Nulla Die, elaborato con un linguaggio semplicissimo in modo da consentire a chiunque di conoscere i fondamenti della vita e della società nell'antico Egitto,e il romanzo "I nove Pilastri" per CurcioEditore.



"I Nove pilastri" è un vero e proprio Thriller ambientato ai nostri giorni, ricco di forti connotazioni storico archeologiche. I flashback storici sono perfettamente ricostruiti con riferimenti a personaggi e avvenimenti reali documentati con rara maestria come

è usuale per Bernardino de Vincenzi.




Riportiamo qui di seguito la recensione pubblicata  lunedì 3 dicembre ultimo scorso sulla “Provincia di Cremona”:

Un thriller storico che tiene il lettore incollato sin dalle prime pagine ‘I nove pilastri’ di Bernardino de Vincenzi: i Vangeli che tutti conosciamo non sono gli unici, oltre agli apocrifi, ce ne sono invece altri due approvati in passato dalla Chiesa, ma andati perduti.

Ora, un paleografo e un ricco magnate americano daranno la caccia a questi documenti fondamentali, sovvertendo l’ordine costituito di molte grandi religioni, tra cui quella cattolica.Unintreccio ben congegnato, che viaggia tra le epoche e le nazioni, con novità anche in merito alla Sindone e al luogo di crocefissione e sepoltura del Cristo.
Siamo nel 26 d.C. negli anni di poco successivi alla morte di Cristo, e un segreto, «la Verità che non deve essere vista», viene celato da pochi uomini che disseminano nel mondo una fitta serie di indizi sibillini. 
Ma torniamo nel 2011, nei nostri giorni.


Un ricco magnate americano viene in possesso di uno di questi indizi e incarica Henry Walcott, filologo e paleografo di fama mondiale, di rintracciare un segreto cruciale per la stessa sopravvivenza della Chiesa cattolica. La caccia si scatena, ricca di azione, contro una spietata e crudele concorrenza di stampo nazista. Il mix di avvincenti flashback, dedicati ad avvenimenti e personaggi storicamente documentati, si intreccia in un percorso unico e inatteso. Un’insospettabile e sconcertante scoperta archeologica attende di essere trovata, per svelare il suo sapere millenario, aprendo finalmente gli occhi all’umanità.



Per finire unepisodio curioso, Bernardino nel 1999 ha avuto la soddisfazione di vedere realizzata la sua idea concepita per i festeggiamenti di San Silvestro della municipalità di Chicago: invitare due persone in rappresentanza di ogni paese del mondo, non Vip, ma semplici cittadini da scegliere con qualsiasi criterio (anche a sorte) per partecipare a una cena di gala il 31/12/99 con il sindaco in un ristorante tipico della città.

Ecco Dino alla Conferenza Ufficiale a Chicago



sabato 15 dicembre 2012

Il Museo della vita quotidiana e della Grande Guerra “Franco Fava” a Vigevano di Bernardino de Vincenzi


Il Museo è il risultato dell’evoluzione del Progetto “Archivio della Memoria – Le Tracce di Ieri”, che nacque  nel 2004, allorché il Comune di Vigevano aveva scelto di attivare un progetto di valorizzazione della memoria storica della città e della sua vita sociale ed economica, favorendo un processo di riscoperta e rivalutazione delle antiche tradizioni dell’artigianato, dei vecchi mestieri, delle professioni, collegando però il tutto alla vita quotidiana, assunta in tutti i suoi aspetti e manifestazioni di rilievo nell’arco di un periodo tra la fine dell’Ottocento e gli ultimi decenni del Novecento. 
 Nella foto di Diana e Mario Grisoni l'ingresso di Palazzo Roncalli, sede del Museo Franco Fava.

 Furono scelte diverse iniziative incentrate sull’utilizzo prioritario delle immagini, coinvolgendo enti, associazioni e privati legati al territorio. Si previde una evoluzione del progetto nell’arco di cinque anni, partendo da una fase di pubblicazioni per poi arrivare a creare strutture espositive o museali stabili, da collegarsi a manifestazioni di alto livello culturale da istituire in cicli ordinati e periodici.
            Il percorso iniziò con diverse manifestazioni parziali e si concretizzò ulteriormente con la realizzazione del volume “Vigevano al lavoro – inventario della memoria”. Si volle produrre una testimonianza concreta e duratura del valore delle immagini nella coscienza e nella conoscenza dei vigevanesi, e nulla meglio di un libro avrebbe potito servire a tale scopo.

            La scelta del tema  “lavoro” fu dettata da una duplice considerazione: il lavoro come attività fondamentale del progresso umano e della crescita civile ed economica della società, e il rapporto che inevitabilmente finisce per connettere il lavoro a tutte le altre attività umane.
            Il libro prendeva spunto dalla plurisecolare laboriosità dei vigevanesi e cercava di raccontarne la storia in modo agile e godibile, privilegiando l’immagine rispetto al testo. Ovvio che “raccontare” per immagini non può prescindere dalla fotografia, che si colloca in modo utilizzabile principalmente a partire dalla fine del secolo XIX. Il libro quindi iniziava con una breve premessa storica generale sul lavoro e il suo ruolo nella cultura e nella società umana dai suoi albori sino ai nostri giorni, con un accenno a parte anche al lavoro e alle peculiari attività di Vigevano nella sua plurisecolare storia, per poi proporre un vasto archivio di fotografie, raccolte in mesi di ricerca in archivi pubblici e privati. La sezione fotografica fu articolata per categorie e sottocategorie, con brevissime introduzioni per ognuna. Si andava dalle casalinghe agli operai, dai contadini agli ambulanti, dai “colletti bianchi” agli insegnanti. Le immagini avevano datazione varia, principalmente si collocavano tra la fine del 1800 e il primo dopoguerra, ma non mancavano fotografie più recenti.
            L’Amministrazione Comunale delegò l’assessorato alle Attività produttive alla gestione dell’iniziativa, e  in questa fase si rese più ancora incisiva la partecipazione di Franco Fava, che era stato uno dei maggiori ideatori dell’intero progetto e il suo maggior fautore.
            Franvo Fava produsse e realizzò, per conto dell’Amministrazione, grazie a uno staff di esperti collaboratori,  il pregevole volume “Vigevano al Lavoro”, posto in vendita a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, al fine di favorirne nel modo più ampio possibile la diffusione: il successo fu clamoroso e il libro divenne il volume più acquistato in Vigevano per molti mesi, raggiungendo il record di vendite di 1.550 copie in pochi mesi.
            Tuttavia  la sua realizzazione non era stata concepita come una operazione commerciale, ma come un primo passo editoriale per la diffusione e la valorizzazione della memoria storica della città.
            Il passo successivo fu la pubblicazione di un secondo volume, di pari pregio e formato, questa volta dedicato alle memorie private dei vigevanesi, che infatti fu intitolato “Vigevano in Famiglia”, pubblicato a dicembre del 2005. 



Con esso si volle affiancare alla riscoperta del lavoro nelle sue più antiche accezioni e consuetudini cittadine, la rivalutazione e la conoscenza della vita quotidiana della città e del suo territorio, intesa come valore fondante dell’evoluzione sociale e civile della collettività. Parallelamente alla pubblicazione del libro si allestì una mostra temporanea nelle scuderie del Castello Sforzesco, dedicata alla vita quotidiana, agli oggetti d’uso e di lavoro, agli strumenti, ai giocattoli, ai libri ed alle riviste e giornali, agli oggetti curiosi, agli oggetti decorativi e a tutto quanto insomma circondava la giornata tipica, ma anche a quella diversa, di un vigevanese e di ogni altro italiano tra il 1880 e il 1975. La mostra fu organizzata e realizzata grazie all’attiva partecipazione di Rolando Di Bari, da molti anni stretto collaboratore di Franco Fava, già principale autore dei due libri citati, nonché proprietario di gran parte del materiale esposto.
            Anche il secondo libro ebbe un notevole successo di vendite e di critica e, parimenti, la mostra temporanea ebbe un successo ben al di là delle più rosee previsioni, venendo visitata da oltre diciottomila persone nell’arco di soli quarantacinque giorni. Anche la RAI effettuò un ampio servizio sulla mostra, diffuso sul TG regionale e sulla rubrica culturale settimanale di RAI2.


            Il grande successo della mostra incoraggiò la volontà di renderla permanente e, dietro le pressanti insistenze e incoraggiamenti di Franco Fava e dello stesso Rolando Di Bari, grazie ad un notevole sforzo economico, si previde una nuova, più completa e ampia sua collocazione nei prestigiosi spazi reperibili presso il Palazzo Roncalli, sede dell’omonima fondazione.
            Nella seconda metà del 2006 la mostra permanente fu aperta e fu denominata “Museo della Vita Quotidiana”. Riscosse  immediatamente un enorme successo di pubblico tanto che, nonostante la struttura fosse aperta solo al venerdì pomeriggio e nelle intere giornate del sabato e della domenica, il numero di visitatori salì a oltre mille unità di media a settimana, con punte sino a mille e ottocento in particolari occasioni.
            Fu naturale e consequenziale affidare a Franco Fava l’incarico di curatore della mostra, sia per la sua grande competenza, sia per l’amore e la passione che aveva profuso nella creazione di questo originalissimo “archivio della memoria”.
            Il passo successivo fu l’apertura di una speciale sezione del Museo dedicata alla Grande Guerra, considerando la tragedia bellica come un doloroso evento della vita quotidiana di milioni di italiani nel periodo 1915-1918, proprio in considerazione della peculiarità della Prima guerra mondiale che aveva visto la guerra di trincea divenire diffusa e comune a tutte le nazioni belligeranti.
            La nuova sezione fu allestita con l’acquisizione in prestito permanente dell’intera collezione di un cittadino vigevanese, Daniele Porta Fusero, grande esperto e ricercatore diretto di reperti sui campi che furono teatro del primo conflitto mondiale. La collezione privata fu concessa in prestito permanente gratuito dal Porta Fusero al Comune di Vigevano, in memoria del proprio genitore, Cipriano Porta Fusero, deceduto nel 2005. Naturalmente l’incarico di curatore della sezione fu affidato allo stesso Daniele Porta Fusero, proprietario e creatore della collezione. 

            Va sottolineato che il materiale esposto non ha nulla da temere al confronto, sia per qualità che quantità, con numerosi musei specialistici sulla Grande Guerra nazionali: si tratta di oltre quaranta manichini con divise complete di quasi tutte le nazioni belligeranti (alcune molto rare), più una collezione di ben oltre cinquemila oggetti comprendenti armi, proiettili, bombe a mano, mazze ferrate, baionette, caricatori, buffetterie, pacchetti di medicazione, manuali, bottiglie, scatolette di alimenti, berretti, attrezzi, filo spinato, manuali, schegge di granate e granate intere, documenti, fotografie, giornali e pubblicazioni, lettere, medaglie, zaini, borracce, gavette e ogni altro oggetto del periodo . La sezione, aperta nel dicembre del 2007, ha prodotto un incremento dei visitatori di oltre il 35%, con punte di visitatori che si aggirano sui 2.400 al giorno e, fatto non secondario, a poche settimane dalla sua apertura ha portato il Museo della Vita Quotidiana e della Grande Guerra (come è stato successivamente ribattezzato) in primo piano nel panorama turistico e culturale vigevanese, lomellino e lombardo: non a caso la struttura museale nel suo complesso risulta essere unica per tipologia a livello europeo. I più qualificati siti internet e numerose riviste specialistiche nazionali hanno dedicato link e articoli alla struttura vigevanese. 

            L'autorevolissima rivista "Uniformi & Armi", una delle più prestigiose a livello europeo in materia, nel suo numero di settembre 2008 nell'editoriale del direttore, riporta questa frase:
"....a Vigevano veniva inaugurato un bellissimo museo dedicato alla Grande Guerra ...(omissis)... che ha messo assieme negli anni una raccolta senza eguali in Italia - riteniamo noi - per completezza uniformologica, ampiezza di documentazione e oggettistica, serietà nella catalogazione".
            Un link completo del museo è anche presente sul prestigioso e conosciutissimo sito specializzato Cimeetrincee.
            Nel 2009 la struttura è stata ulteriormente ampliata con ulteriori spazi dedicati al territorio lomellino e all’agricoltura. Tale nuova sezione, intitolata “Il canto della Terra”, è dedicata soprattutto alle scuole, di ogni ordine e grado,allo scopo di far conoscere ai giovani la vita rurale, nell’ottica di una riscoperta del mondo rurale anche come opportunità di lavoro.
            Nel gennaio 2010 il Museo, e in particolare la sezione “Il canto della Terra”, è stato oggetto di un efficace servizio della RAI, mandato in onda sia all’interno della rubrica del TG2 “Sì Viaggiare” sia in altri contesti.
            Un ampio videoservizio sul Museo, qui illustrato in ogni sua parte, è stato realizzato dalla neonata TelePavia, che lo ha mandato in onda più volte sul suo canale digitale.
            Il Museo della vita quotidiana e della Grande Guerra “Franco Fava”, noto anche con il precedente titolo di “Le tracce di ieri”, fornito di un’ampia biblioteca tematica, di sala video e di book shop, è accessibile in ogni sua parte anche ai diversamente abili.

            La storia di questo fiore all’occhiello della cultura vigevanese (e non solo) si è tristemente conclusa nel 2010, allorché la nuova giunta leghista, eletta a marzo, ne ha decretato, per una bassa ragione di vendette personali e politiche, la chiusura e lo smantellamento.
            Il Museo è stato dunque obbligatoriamente distrutto. Le sue porte si sono chiuse definitivamente l’8 dicembre 2010.
            Encomiabilmente, però, i curatori e i collaboratori hanno provveduto a riunire e conservare in luoghi sicuri tutto il patrimonio materiale del Museo, in attesa che qualche fatto nuovo possa condurre a una sua ricostruzione. Come loro stessi amano affermare, “il Museo non è affatto morto e sopravvive a dispetto di coloro che ne hanno voluto la chiusura; manca soltanto di una sede consona”.
            Chiunque fosse interessato ad approfondire la storia e la situazione attuale, e ad avere notizie e aggiornamenti, può consultare il sito www.museofrancofava.it e contattare il profilo Facebook Le Tracce di ieri.

mercoledì 7 novembre 2012

Il Cabaret di Milano: Guido Andreoni di Roberto Bagnera

 Classe 1957, Guido Andreoni è un artista brillante a tutto tondo, forse poco conosciuto, ma sicuramente rappresentativo nell'ambito dell'avanspettacolo milanese, altrimenti detto Cabaret.



 Il nostro si forma artisticamente, già negli anni dell'adolescenza, presso l'oratorio della chiesa di Sant'Andrea, via Crema 22, di Milano, un'insospettabile fucina di talenti dalla quale provengono anche
Bebo Storti e il duo Aldo e Giovanni (in seguito Aldo, Giovanni e Giacomo).





Come attore di prosa affina la sua professionalità recitando in diverse compagnie oratoriali  fin quando nel 1979 entra a far parte della compagnia "Teatro Olmetto79" recitando in diverse opere, dal Tartufo di Moliére al Teatro Comico di Carlo Goldoni.
Fonda nel 1983 la compagnia "TEATRO DEL BRUSCELLO", mettendo in scena diverse opere dal Bertoldo a Corte di Massimo Dorsi a La scuola dei buffoni di Michele Deghelderode.

Nel 2006 è nel cast  dell film “L’aria del Lago” tratto da un racconto di Andrea Vitali con la regia di Alberto Rondalli per RAICINEMA.


Guido Andreoni collabora con diverse radio private come DJ, realizza alcune candid camera per RAI UNO, la fiction "Vento di Ponente" per RAI DUE ed il film per la TV "Renzo e Lucia" con Stefania Sandrelli e Paolo Villaggio per la Regia di Francesca Archibugi, Una puntata della serie televisiva "Benedetti dal Signore" Con Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti per la Regia di Francesco Massaro per le reti Medíaset. "La sai l'ultima? " e “Scherzi a parte” per Mediaset Canale 5. "Lista d'attesa" con Ana Laura Ribas edizione 2001-2002 per Telenova dove è anche autore dei testi, protagonista in quaranta puntate della Sit. Com. “Mi serve un’idea” in onda quotidianamente per Mediaset Rete 4, nel 2007 due puntate nella sit-com “Piloti” con Enrico Bertolino e Max Tortora per RAI 2, due puntate di “Camera Caffè” con Luca e Paolo per Mediaset Italia 1 ed “Un Ciclone in Famiglia” per la regia di Carlo Vanzina con Massimo Boldi, Maurizio Mazzocchi e Carlo Buccirosso per Mediaset Canale 5, realizza diversi spot pubblicitari: BelThe, Sky, Gatorade ecc.
Ottobre 2008 conduttore del programma “OSTERIA NUMERO 3” in onda al sabato sera in seconda serata su Antenna 3 ed ora in replica su diverse emittenti.


Guido è forse più noto per il suo lato scherzoso e comico e per l'attività cabarettistica nell'ambito del gruppo comico musicale "El Tranvai", fondato nel 1991, con i quali da sfogo alla sua passione per la musica milanese dando corpo ad una ricerca di tutti quei brani che la tradizione meneghina mette a disposizione proponendoli a modo suo ottenendo ormai da quasi un ventennio un discreto successo in Milano ed hinterland, ricordiamo a tal proposito nel 2009 la vittoria alla 15a edizione del premio D'Anzi, con la canzone MILANO DICE SI' scritta da Walter Di Gemma.


Guido è regolarmente su Antenna 3 dove fa parte del cast fisso nella trasmissione “Festa in Piazza” con I Girasoli, Marco Grazioli, Anna Delli Ponti, I Vigano Brothers, e su Telelombardia nella trasmissione “Tutta un’altra musica” con Enrico e Sabrina Musiani, condotte da Eugenio Ban.

ACAdeMi compie un anno di Roberto Bagnera

L'Associazione Culturale Adalingo de Milan compie un anno,
non è un'associazione in senso stretto, quanto un raccoglitore di iniziative e progetti
che promuovono Milano, la sua cultura, sotto tutti gli aspetti, e i personaggi che la decantano.


 Particolare del balcone in ferro battuto di via Mantova 15 il cui disegno è 
utilizzato come stemma della Fondazione Milano Policroma


L'attività di ACADEMI si dipana attualmente:
attraverso questo Blog,
la pagina Facebook
Rifondazione Milano Policroma
http://www.facebook.com/pages/Rifondazione-Milano-Policroma/462308297119950
dove vengono presentati aspetti inconsueti della città attraverso l'utilizzo di immagini scovate dalla rete, in modo da pubblicizzare anche i vari siti e blog non a noi collegati che si occupano di valorizzare la città ambrosiana,

la pagina Facebook
Le Tracce di Ieri
http://www.facebook.com/letracce.diieri?ref=ts&fref=ts
curata da Rolando di Bari che cerca di mantenere viva l'iniziativa del Museo della vita quotidiana Franco Fava.


Vivere e vedere Milano con occhi diversi è il nostro obiettivo, attualmente vi stiamo proponendo immagini della città attraverso la serie "Ve ne faremo vedere di tutti i colori" e presto introdurremo le rubriche:
Vie di Milano: che proporra immagini di singole strade,
e
Protagonisti: Edifici, luoghi, autori e storie della città.



Foto dell'ascia usata dal Boggia per commettere gli efferati delitti 
della Stretta Bagnera (Dal sito Storia di Milano)


Buon ultimo i gruppi facebook, gestiti dall'amico Alessandro Fortuna che qui vi consigliamo:

Io amo Milano http://www.facebook.com/groups/39152941943/
Milano rivuole il Salone delle Cariatidi di Palazzo Reale  http://www.facebook.com/groups/58693602059/
Milano, salviamo il Diurno Venezia http://www.facebook.com/groups/193865115316/
Quelli di Piazza Grandi alta e bassa degli anni 60 e 70 http://www.facebook.com/groups/240575851567/


Continuate a seguirci e a sostenerci cercheremo di farvene vedere... delle belle.


mercoledì 26 settembre 2012

Cantica per Milano di Roberto Bagnera


L'imponente edificio delle Cristallerie Livellara, via Bovisasca 59, nelle cui forme è possibile ravvisare echi delle teorie architettoniche futuriste dell'architetto antonio Sant'Elia



Estratto da Milano Futurista


 



Vera protagonista del Futurismo, ispiratrice e musa, Futurista essa stessa in pectore, la città di Milano ha rappresentato l’habitat ideale per il propagarsi della rivoluzione culturale di Marinetti.

I fermenti socio-intellettuale di inizio secolo scorso, i salotti cosiddetti letterari, non dimentichiamo quello di Margherita Sarfatti, insostituibile vestale del Novecento cittadino, le vaste periferie che si prestavano ad una nuova veste architettonica, la fiorente industria metallurgica, costituivano in modo imprescindibile il substrato magmatico creativo per il nuovo a tutti costi propugnato da Marinetti e soci.

A ben vedere però, nel preciso ambito dell’architettura, il Futurismo a Milano non ha lasciato alcunché , né edifici, né  costruzioni, nessuna ristrutturazione o rielaborazione di immobili preesistenti, le teorie propugnate dagli architetti legati al movimento furono quasi subito introiettate e trasformate da una corrente, detta Razionalismo, che andava affermandosi in città pressoché contemporaneamente e della quale esponenti di primo Piano furono, fra gli altri, Giovanni Muzio e Gio Ponti.

L’unico architetto autenticamente futurista, fu Antonio sant’Elia (1888 - 1916) che però morì troppo giovane, senza aver avuto il tempo di mettere in pratica i frutti del suo genio e della sua personalità.
A livello progettuale ha lasciato l’opera Città Nuova, redatta negli anni 1913-1914, nella quale, attraverso una raccolta di schizzi e prospettive teorizza un architettura che potremmo definire in movimento, dove lo spazio si risolve in un sistema urbanistico integrato dove la scienza tecnologica assume un ruolo di primo piano.

Nel manifesto dell’Architettura Futurista Sant'Elia esprime in termini teorici un rifiuto della monumentalità che viene tradito tuttavia dalle scelte poi messe in essere nei suoi schizzi: le sue architetture della città futurista hanno connotazioni monumentali molto forti, l’idea stessa di una città stratificata, dove le diverse reti infrastrutturali si scavalcano, rimanda alla concezione della città ideale leonardesca.
C'è in Sant'Elia la volontà di fare tabula rasa per creare una nuova città che sia espressione ed esaltazione delle nuove esigenze, cancellando non solo la tradizione classica ma anche quella più recente. (...)
L'edificio delle vetrerie Livellara in via Bovisasca realizzato su disegni di Sant'Elia


Come abbiamo già detto non esistono a Milano edifici autenticamente futuristi ragione per la quale in questo capitolo ci accingiamo a percorrere un viaggio nella memoria attraverso quelle suggestioni e quelle realizzazioni che riconducano al fermento vivace di quello scorcio di secolo.

La prima e doverosa tappa sarà un omaggio a Filippo Tommaso Marinetti, varchiamo quindi il cancello del Cimitero Monumentale, dove, nel campo 4, a destra del viale centrale che dal Famedio si diparte perpendicolare verso il centro della necropoli, a terra, si trova una tomba modesta, ricoperta di una lastra di bronzo decorata ai lati con delle greche di sapore vagamente floreale: insieme al poeta riposano, nella stessa sepoltura, il padre e la moglie Benedetta.
Una tomba piccola, quasi anonima, mentre intorno è uno svettare di monumenti funebri in stile Razionalista e Liberty.
Sulla lapide una scritta semplice: Filippo Tommaso Marinetti. Poeta.

Al riparto XIX, sepoltura n 229, sosteremo davanti al monumento a Carlo Carrà: un busto in bronzo realizzato da Giacomo Manzù si erge su di una base in serpentino sgrezzato ad opera dell’architetto Giovanni Muzio.
Al Riparto XX sepoltura n 20 incontreremo il monumento dedicato ad Enrico Cavacchioli, mentre nel giardino del rialzato di Ponente sepoltura n 925 sosteremo davanti alla tomba di Paolo Buzzi.

Nel giardino cinerario di Levante sepoltura n 141-144 sosteremo davanti alla tomba di famiglia dove trovano riposo i resti del poeta Gian Pietro Lucini.

Riportandoci verso l’ingresso del Monumentale ci soffermeremo al Riparto XVII, n 202, qui si trova la sepoltura dedicata all’aviatrice Gabriella Angelini, pioniere del volo femminile italiano, ottenne il brevetto di pilota di aerei negli anni Venti, aveva raggiunto la notorietà per aver realizzato un  raid aereo in collaborazione con l'Aero Club Milano.
Fu anche la prima aviatrice italiana ad effettuare un tour aereo sull'Europa, ricevendo per questo un'aquila d'oro dal regime fascista.

Una sorridente Gabriella Angelini
 L'aeroplano che fu usato per quell’impresa, un Breda Ba.15, è esposto nel padiglione aeronavale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano.
Mentre effettuava un volo da Tobruk a Bengasi, su di un aeroplano Breda, precipitò sul deserto libico, i resti straziati del suo giovane essere furono ritrovati solo dopo giorni di ricerca, la salma fu quindi riportata in Italia ed esposta all' omaggio pubblico a Milano nella Casa del Fascio in Piazza General Cantore, per poi essere seppellita nel cimitero Monumentale.
Il monumento è rappresentato da una slanciata figura femminile, opera in bronzo dello scultore Giuseppe Enrini, dove il tema dell’anima che abbandona il corpo è interpretato in chiave futurista ed aviatoria, sulla base sono incise le parole: “In ardimento cadde dal cielo e in gloria vi risalì. Aviatrice. Cielo d’Africa. 1932”. A fianco della figura femminile trova posto una scultura, ugualmente in bronzo, costituita da una contorta elica posta in verticale, a grandezza naturale sulla quale è inciso l' epitaffio: ...ed or non batte più che l' ala del mio sogno.
Vale qui la pena ricordare che Pino Masnata, medico vogherese, parolibero futurista ed intimo amico di Marinetti, dedicò a questa intrepida figura una sua “Sintesi Radiofonica”: L’aviatrice Gaby Angelini, un breve ma insolitamente significativo squarcio di lirica commozione. Ne riportiamo il finale:
3° voce di donna: Come è bello volare. Cielo. Tutto Blu. Italia. Mare e Cielo. Al di sopra del mondo.
                            Aeroplano, portami al di sopra delle nuvole. Blu. Eternità

Il rumore dell’aeroplano cessa. Pausa. Rumore sordo di caduta. Silenzio.
Rumori d’ambiente ambientali di un interno di chiesa piena di gente.

L’ultima sosta della nostra breve visita al Cimitero Monumentale la riserviamo all’edicola dedicata alla Famiglia di Carlo Erba, fondatore dell’omonima casa farmaceutica, che si trova al Riparto I n 175, un’architettura monumentale dove richiami rinascimentali, greci, bizantini ed egizi sottolineano un notevole impatto volumetrico. Qui ricorderemo  Carlo Erba, pittore futurista, omonimo del capostipite, che fece parte del e che morì, giovanissimo, durante un assalto nella prima Guerra Mondiale.
Al battaglione volontario ciclisti ed automobilisti di Milano è altresì dedicata una lapide posta sui muri perimetrali del cimitero a imperitura memoria delle belliche imprese di quello che fu definito il battaglione futurista.
Il “Battaglione Lombardo volontari Ciclisti ed Automobilisti”, fu costituito a Milano come una unità para-militare  il cui obiettivo era quello di preparare alla guerra i propri componenti attraverso un rigido addestramento  fatto di marce e prove di sparo.
Fra i primi a che si arruolarono ci furono Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, il giovanissimo architetto Antonio Sant’Elia e Filippo Tommaso Marinetti, in seguito raggiunti dai pittori Mario Sironi, Achille Funi, Carlo Erba, Ugo Piatti, e dal musicista e pittore Luigi Russolo.
Il Battaglione Lombardo, composto da 500 biciclette, 20 moto e 4 camion, guidato da 22 ufficiali, con 2 medici al seguito, fu inviato in zona di guerra sulla sponda orientale del Lago di Garda, nelle retrovie del fronte trentino, dove,  il 24 ottobre 1915, parteciparono alla battaglia di Dosso Casina conquistando un’importante posizione nei pressi del monte Altissimo
                                    Milano parenza del Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti


Il 1° dicembre 1915 il corpo Volontari Ciclisti Automobilisti fu sciolto per esigenze belliche, e i volontari che lo componevano furono congedati temporaneamente, per poi essere richiamati alle armi.
Impiegati nei principali fronti di guerra, alcuni di loro pagarono la loro voglia di arruolarsi con la vita, altri furono gravemente feriti o colpiti da esaurimenti nervosi.
Tra le fila del movimento futurista si ebbero oltre dieci morti, tra cui Umberto Boccioni ed Antonio Sant'Elia, Carlo Erba.


Rientrando in città volgeremo il passo verso il quartiere di Brera, dove ha sede l’Accademia d’Arte, frequentata da Carlo Carrà e da  altri giovani futuristi.
A pochi passi da qui, in via Fiori Scuri, troveremo la lapide commemorativa della Antica Farmacia di Brera, dove il primo Carlo Erba iniziò la sua attività creando, fra gli altri quei prodotti di cui tutti ancora serbiamo memoria: dalla polvere Idriz, alla Farina Lattea Granulare, dall’Estratto di Tamarindo all’Erbamil, quello che “Trasforma la sofferenza in un sorriso”.
Come ulteriore curiosità va citata la produzione in campo profumiero dell’azienda tra i cui prodotti spicca il profumo “Assalto”, fu realizzato nel 1917, con l’intento di recuperare una somma da impiegare per l’acquisto di armi per l’esercito italiano in seguito alla rotta di Caporetto.
L’idea fu di Giuseppe Visconti di Modrone, che all’epoca era sposato con Carla Erba, la figlia del fondatore, e che frequentava spesso i locali ed i laboratori dell’azienda
La sagoma della boccetta richiama un milite con l’elmetto e nella confezione dell’epoca era inserito un foglietto che incitava ad incoraggiare ed aiutare l’esercito.
Un esemplare di questa creazione si puo’ osservare nel Museo del Profumo, una istituzione di proprietà privata, che si trova in via Messina 55.

Sempre nel quartiere, in via Brera 19, troviamo l’edificio che rappresentò la prima abitazione milanese di Margherita Sarfatti, prima che si trasferisse in Corso di Porta Venezia 91, nel palazzo che fa angolo con la via Palestro,dove avrebbe tenuto il suo celebre salotto frequentato, fra gli altri da Boccioni, Sironi, Marinetti e Benito Mussolini.

Ci recheremo ora in galleria, al cui ingresso sarà piacevole sostare per un aperitivo in quel gioiello Liberty che è il Camparino, invitabilmente sorseggeremo un Bitter, magari servitoci dalla bottiglia progettata da Depero e ci faremo trascinare dalla suggestione dentro le linee del famoso quadro di Boccioni Rissa in galleria. Del 1910.

Anche l’esperienza artistica di Carlo Carrà affronta il tema della città ,caratterizzandone  la fase futurista, e permane come una costante nella sua produzione, anche se si coniuga in forme molto diverse: dal divisionismo dinamico delle piazze milanesi, alle sintesi futuriste che affiancano il Manifesto di Marinetti, agli scenari cubisti del 1912 - 1913, ai collage paroliberi, fino alle visioni metafisiche del poeta-pittore, che dal suo studio evoca un rapporto tutto mentale con il mondo esterno.

Ricordiamo brevemente il Ristorante Bar Savini, sempre in Galleria, che fu teatro di memorabili cene tenute da Marinetti e dai suoi compagni ed il Caffè Centrale, poco distante da qui, oggi non più esistente, che si trovava in via Carlo Alberto, l’odierna via Mazzini, locale che Boccioni Carrà ed altri futuristi erano soliti frequentare.

In piazza San Sepolcro si trova il quattrocentesco palazzo dei Castani, nelle cui sale il 23 marzo del 1919 furono fondati i fasci di combattimento alla presenza di Filippo Tommaso Marinetti e di Benito Mussolini, quest’ultimo era allora direttore del giornale “Il Popolo d’Italia” che aveva la sua sede poco distante da qui, in via Paolo da Cannobbio.

Ci dirigiamo con passo svelto in Corso Venezia fino ad incrociare la via Senato, qui al civico n 2 potremo leggere la lapide commemorativa di Marinetti che in questo palazzo  giallo e grigio, di quattro piani, abitò con la famiglia, prima di trasferirsi un poco più in là nella famosa casa rossa, un edificio in stile risorgimentale, oggi scomparso.
Al suo posto, Corso Venezia 37, oggi troviamo una costruzione degli anni Trenta che è sede dell’Istituto di Previdenza, se però ci inoltriamo nel cortile avremo occasione di ammirare alcuni frammenti superstiti della casa rossa, detta anche casa dei Ciani, si tratta delle intelaiature di due finestre e di un portone, rivestiti di terracotte scolpite dove campeggiano figurine militari, cannoni e scene allegoriche dedicate alle guerre d’Indipendenza: fra di esse un Garibaldi che entra in città sul suo bizzoso cavallo, un General Lamarmora che guida i suoi bersaglieri alla carica ed un Camillo Benso, Conte di Cavour, che si erge sul suo seggio in parlamento. (...)




Di nuovo a zonzo per la città, osserveremo la Torre Littoria
che fu costruita in occasione della quinta Mostra Triennale delle Arti Decorative su progetto dell’architetto Giò Ponti e venne inaugurata il 10 agosto 1933.
La torre era rimasta chiusa sin dal 1972, ma a partire dal 1985 è stata fatta restaurare a spese della notissima distilleria di liquori Fratelli Branca E' stata riaperta al pubblico per la prima volta nell’estate del 1997. Dalla torre, la cui saletta di vertice, 97 metri sopra la città, non può più essere per ragioni di sicurezza il ristorante che vi era alle origini, è possibile avere una visione panoramica sui principali monumenti della città: l'Arco della Pace, il Castello Sforzesco e il Duomo, un luogo unico per ammirare i panorami su Milano.
L’ascensore panoramico consente di salire lungo i 99 metri in circa 90 secondi sino al locale belvedere. Dal 9 febbraio ad aprile la Torre Branca è aperta al pubblico due giorni alla settimana, il mercoledì e il sabato, dalle ore 9 alle ore 16.

Ancora in Piazza Cavour sosteremo ad ammirare il Palazzo dell’Informazione, che fu costruito tra il 1938 ed il 1942 dall'architetto Giovanni Muzio ed era destinato ad essere la sede del quotidiano "Popolo D'Italia", che qui veniva composto e stampato.
La composizione delle facciate è caratterizzata dalla bidimensionalità degli elementi, con l'accenno nei movimenti delle superfici marmoree di un alto portico centrale sovrastato da un bassorilievo eseguito da Mario Sironi.
E proprio a Sironi è  dedicata, all'ultimo piano dell'edificio, la grande sala attrezzata per congressi ed esposizioni, qui trova collocazione il noto mosaico, eseguito dall’artista, l’Italia Corporativa, esposto parzialmente alla VI Triennale e,nella sua completezza, a Parigi nel ’37 all’Esposizione Universale e infine definitivamente collocato a disposizione della nostra città.



Notevole per la quantità di opere in esso presente è poi il Palazzo di Giustizia, attuale Corso di Porta Vittoria, che terminato nel 1940: una mole disegnata non per la piccola dimensione umana ma per gli eroi del sogno imperiale del regime.
L’edificio si presenta con quattro prospetti interamente rivestiti in marmo che poggiano su un basamento di scuro serizzo.
Gli ambienti interni, ovviamente enormi, sono costituiti da ben 1200 stanze e 65 aule.
Per quanto discutibile possa essere quell’immensa profusione di marmi e volumi monumentali e celebrativi, va comunque riconosciuto a Piacentini il merito di aver collaborato  con più di 150 artisti milanesi per la realizzazione delle varie parti decorative del complesso architettonico, all’interno del Palazzo di Giustizia sono presenti diverse opere d’arte sconosciute ala maggior parte dei milanesi.
Nelle varie locazioni del palazzo troviamo pannelli decorativi, bassorilievi, statue, affreschi e mosaici dei più noti artisti dell’epoca, nomi quali Carrà, Campigli, Sironi, Fiume, Manzù, per citarne alcuni.
Un grande mosaico di Mario Sironi, del 1935, orna la parete di fondo dell’Aula d’Assise: una casta fanciulla che impersona la Giustizia è raffigurata a vivaci colori ed  è accompagnata da una figura femminile che rappresenta la Legge e ne regge le Tavole, un giovane forzuto completa il gruppo trasportando il fascio, insegna del potere dei magistrati dell’antica Roma, ma anche del regime fascista, mentre più in là la Verità volge uno sguardo fiero al terzetto testè descritto, i più maliziosi sostengono che gli occhi della fanciulla abbiano un’espressione di dubbiosa perplessità.

Poco lungi da qui, in via Freguglia 14, sosteremo davanti  all’edificio che ospita la casa del Mutilato, un tipico esempio dell’architettura di Regime.
Progettato dall’ingegnere comunale Luigi Lorenzo Secchi, fu costruito tra il 1937 ed il 1942.

Sempre in Corso di Porta Vittoria al civico numero 43 troviamo l’imponente architettura sede della Camera del Lavoro:
in origine era la Casa dei Sindacati Fascisti dell’industria.
L’edificio risale agli anni Trenta e fu realizzato su progetto dell’Architetto Antonio Carminati.
Da rilevare che le facciate dei due corpi che si allungano verso il Corso conservano tracce degli originari fasci littori che ne decoravano la superficie e che
furono distrutti durante quei giorni di ardente brama vendicatrice che seguirono l’immediata fine del secondo conflitto Mondiale.
 I gruppi scultorei raffiguranti la Marcia su Roma e la Carta del Lavoro, realizzati su disegni di Mario Sironi, che si trovavano lungo il coronamento superiore delle ali laterali furono lasciati colpevolmente andare in malora per poi rimuoverli nel corso del 1967, rimane una testa dell'Italia, conservata all'interno del palazzo, oggi sede CGIL. 

 
La Casa dei Sindacati Fascisti con le sculture originali


A due passi da qui sorgeva il padiglione dismesso, di proprietà delle Officine Grafiche Ricordi, all’interno del quale, il 30 aprile 1911, si tenne la prima esposizione d’arte libera futurista.



Restando nell’ambito dell’ architettura fascista ricordiamo l’edificio in via Nirone 26, che per anni fu la sede milanese della Democrazia Cristiana.
E’ opera degli anni Venti dell’architetto Paolo Mezzanotte che interpreta con stile personale la funzionalità architettonica di quella che in Italia diventa una numericamente nutrita tipologia e inevitabile centro amministrativo di Città e paesi: La Casa del Fascio.
Il fabbricato si sviluppa su un’area di 600 mq., la cui fronte principale è lunga m. 22.50, presenta una struttura murale in mattoni e solo parzialmente in cemento armato, in corrispondenza al salone del piano terreno. I soffitti sono in ferro e volterrane. La facciata è realizzata in travertino nudo mattone chiaro del Vogherese, il portale è ricoperto di rame sbalzato, Il rivestimento dell’atrio è in pietra verde di Montalto, la scala è in marmo di Istria.
Nel piano terreno della fabbrica sono ubicati l’Atrio, il Salone con tribune per conferenze, capace di 1.200 persone, e gli uffici vari. Al primo piano fra gli altri ambienti, si trovano la Sala d’onore e le tribune aggettanti sul salone delle conferenze. (...)


Ancora vale la pena di citare l’ultima opera realizzata dalla coppia Ponti Lancia nel 1936: la casa torre Rasini in corso Venezia 61: un palazzo di sei piani ad angolo che riprende l’allineamento degli edifici vicini con affiancata una torre in mattoni rossi a vista che si pone come elemento di chiusura e di dialogo con il giardino circostante, le linee dell’edificio ricordano, ben più che vagamente, nel contrapporsi delle volumetrie i disegni realizzati da antonio sant’elia nella città Nuova.


Sarà poi nostro dovere segnalare che le civiche raccolte d’arte ospitano un esauriente catalogo di opere futuriste che è sempre possibile visionare. (...)



Una volta ammirate le opere pittoriche degli artisti futuristi non sarà facile sfuggire alla suggestione delle periferie, che tanto spazio trovano nei loro quadri, sarà quindi piacevole passeggiare per le vie del borgo di Porta Romana, magari ricordando i quadri “sobborgo di Milano”, e “Officine a Porta Romana” di Umberto Boccioni che proprio in questa zona, via Adige 23, aveva abitato con la mamma, così come nella residenza di via Castelmorrone 7, dove dipinse l’opera Tre Donne, e  nell’ultima casa-studio da lui abitata ai Bastioni di Porta Romana 15, oggi Viale Regina Margherita 35.

Va assolutamente ricordato che, nel corso del Novecento, soltanto due artisti hanno avuto con la propria opera così tanta importanza sulla città, al punto da modificarne il volto millenario: Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916) e Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961). Entrambi milanesi adottivi, s’erano compenetrati a tal punto che la città stessa determinò l’impronta della loro opera.
Boccioni rappresentava la visione futurista sorprendendola nei movimenti dei tramway, automobili, biciclette e operai al “febbrile lavoro” nei cantieri.
Sironi arrivò addirittura a trarne un genere, il “paesaggio urbano”, tanto internazionale quanto tipicamente milanese: dalla nuova Stazione Centrale alla Bovisa, dall’Ortica alla Comasina. Modificò la città anche con le proprie opere per committenza ecclesiastica, come ad esempio quel capolavoro che è la vetrata dell’Annunciazione per la cappella dell’ospedale di Niguarda. (...)



Seguendo le suggestioni ispirateci dai quadri di questo artista sarà doveroso recarci alla Bovisa dove svettano i giganteschi e celeberrimi Gasometri e anche ammirare poi quello sito all’Ortica, in via Tucidite, zona dove troviamo anche lo stabilimento della Innocenti.
Seguendo poi il mito futurista della macchina e della velocità ci dirigeremo in via Generale Papa, angolo Ulpio Traiano dove sono ubicati i padiglioni rimasti di quello che, un tempo, era il grande stabilimento milanese dell’Alfa Romeo.
Ancora sarà interessante visitare, in via Mecenate, il complesso di edifici che un tempo facevano parte delle Officine Caproni, in quel quartiere che ha nome Taliedo,  dove sorgeva il Circuito Aereo di Milano.

Non possiamo non citare l’Archivio dedicato all’artista Cesare Andreoni, esponente milanese di punta del cosiddetto secondo futurismo, che si trova in via Volta n 12.
Cesare Andreoni, coadiuvato dalla moglie, Chif, creò l’unica Casa d'Arte milanese, sull’esempio di quella di Fortunato Depero, che aveva sede  in via della Moscova n29, trasferendosi poi in via Statuto n 13, e che fu attiva dal 1928 alla metà degli anni Trenta.


Stanchi ed affamati volgeremo ora il nostro cammino per la via Orti, nella vecchia Porta Romana, dove, in un edificio che era una stazione di Posta, ha sede oggi il ristorante Lacerba, qui sarà possibile gustare alcune preparazioni che fanno riferimento alle fantasiose ricette create da Martinetti e compagni.

Per il bicchiere della staffa, una bella polibibita, per dirla tutta, sarà poi deliziosa una visita al museo della Fratelli Branca, che si trova dentro lo stabilimento di via Resegone, dove ci si potrà immergere nella “degustazione” di molteplici reclames d’epoca che ci faranno definitivamente capire perchè Milano è la capitale del “contemporaneo”.


… e ora, consentitecelo, vogliamo chiudere questo testo citando la frase che scrisse Arthur Rimbaud, annunciando il suo definitivo abbandono dell’arte letteraria, citando poi il titolo di un’opera di Martinetti, col quale sottolineava e sintetizzava l’etica della deflagrazione e infine, come ulteriore omaggio al suo genio con la frase che sempre chiudeva i suoi manifesti programmatici:


…et tout le reste est literature…

…Zzang Tummb Tummb…



Direzione Generale del Movimento Futurista, Milano Corso Venezia 61.