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| Vista ravvicinata della scena raffigurata nel Presepe Wietzendorf |
Wietzendorf, quella che sarebbe usuale definire come una ridente, tranquilla e persin sonnecchiosa cittadina provinciale della Bassa Sassonia, nasconde tra le spire del suo passato, non così remoto, una delle raccapriccianti testimonianze di come la ferocia umana sappia infettare la storia: Oflag 83.
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| Wietzendorf scorcio di Königstraße Foto del 2014 di Oxfordian Kissut |
Questo termine dagli spiccati accenti burocratici, se non altro per l'impersonale numerale che già di suo è però impressionante per l'alta semantica consistenza, è la abbreviazione del termine Offizierslager, ovvero campo ufficiali. La struttura di detenzione era situata a circa un chilometro di distanza dal centro abitato, traeva origine nel corso della prima guerra mondiale ma rivelò la sua efficacia come macchina di morte nel 1941 quando, con il nome di Stalag 310 X D, divenne destinazione specifica per i prigionieri di guerra sovietici catturati lungo il fronte orientale, in assenza di baracche e/o altre costruzioni essi erano costretti a vivere all'addiaccio o in buche da essi stessi scavate sul terreno: ne morirono ben più di 16.000.
A partire dal Gennaio del 1943 il campo di Wietzendorf fu dedicato agli ufficiali militari italiani che avevano rifiutato di servire nell'esercito della nascente Repubblica sociale di Mussolini e per questo internati senza riconoscimento dello status militare e senza la tutela della Croce Rossa Internazionale.
Successivamente alla fatidica data del 8 Settembre 1943 migliaia di militari italiani vi furono internati, fra di essi spiccano, in un tragico albo storico, i nomi dello scrittore Giovannino Guareschi, creatore di Don Camillo e Peppone, il futuro segretario del Partito Comunista Italiano Alessandro Natta e l'attore Gianrico Tedeschi, che pare abbia iniziato proprio in questo campo di concentramento ad esibirsi come attore recitando improvvisate scene teatrali per risollevare il morale ai propri commilitoni.

Gianrico Tedeschi (Milano 1920 - Pettenasco 2020) in una foto dell'immediato dopoguerra
A tal proposito citiamo uno stralcio dal diario del Tenente Colonnello Pietro Testa, comandante del gruppo di internati italiani: "Fra i reclusi c'erano anche l'attore Gianrico Tedeschi e lo scrittore Guareschi che prepararono una recita nel campo, fingendo un improbabile dialetto sconosciuto ai Tedeschi li presero in giro fra le risate dei commilitoni e i sorrisi sussiegosi dei guardiani, ignari di essere protagonisti di tale rappresentazione".

Lo scrittore Giovanni Guareschi durante il periodo da internato
Nel campo di Wietzendorf le giornate passavano fra fame, freddo, stenti, privazioni, umiliazioni e preghiere, con la disperata ricerca di cibo per alleviare la stretta dello stomaco, si scavavano addirittura dei tunnel per raggiungere di nascosto i bidoni con i rifiuti delle cucine e recuperare magari qualche buccia di patata da raschiare fino all'inverosimile.
Ancora il diario del Tenente Colonnello Pietro Testa ci testimonia della creazione di una curiosa, se non fosse tragicamente originata, figura operativa: l' Acchiquistere.
Il pane veniva consegnato ai prigionieri in pagnotte molto grandi che andavano poi divise fra tutti ed era ovvio che la suddivisione non sarebbe stata perfettamente proporzionata, per cui uno degli internati a turno assumeva questa funzione girandosi di spalle in modo da non poter vedere, e quindi esserne influenzato, i propri compagni, il comandante prendeva in mano un tozzo di pane e chiedeva a chi dovesse esser consegnato e l'acchiquistere pronunciava un nome, così facendo nessuno poteva lamentarsi di presunti favoritismi.
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| Basilica di S. Ambrogio, la teca che custodisce il Presepe Wietzendorf |
La speranza di un futuro fuori dal campo, la forza d'animo, la comunanza fra di loro e la fede, barriera incrollabile a sostener lo spirito, erano le uniche "ricchezze" per gli internati ed ecco che nell'avvicinarsi del secondo Natale passati nel campo di concentramento il comandante Pietro Testa ebbe l'idea di impegnare i propri sventurati uomini nella realizzazione di pupazzetti di fango, unico materiale rinvenibile in grande quantità, con l'ausilio di qualunque altro materiale recuperato, in modo da creare un presepe in ogni baracca.

Un gruppo di statuine in un'immagine ravvicinata dal sito ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati)
Sotto alcuni primi piani dei personaggi dal sito chiesadimilano
Una baracca in particolare si distinse per un'idea operativa che coinvolse tutti i commilitoni: il pittore fidentino Ettore Ponzi ed il sottotenente di artiglieria, nonchè artista milanese, Tullio Battaglia realizzarono alcune figure alte 35 centimetri impastate con fango, legni rubati alle strutture dei giacigli, pezzi di filo spinato recuperati sfidando la sorte e la fucilazione immediata, ogni compagno fornì qualcosa di suo, chi un pezzo di vestito, chi il pendente di un braccialetto di proprietà del tenente artigliere Mendoza di Vigevano, il tenente Bianchi di Milano diede un fazzoletto di seta col quale si realizzò il bambino Gesù, San Francesco viene rivestito con un lembo della tonaca del cappellano Padre Ricci. Con il contributo di tutti, piano piano, al lume di una candela di margarina alimentata da tutti i detenuti che si privarono di una parte del prezioso alimento fu realizzata questa toccante "Natività". Fatto preminente della scena è l'idea che tutta l'Italia, madre patria agognata e rimpianta, dovesse fare omaggio al Redentore: una contadina lombarda vestita di cotone rigato rappresenta l'Italia settentrionale, un zampognaro d'Abruzzo rappresenta l'Italia Centrale mentre un pastore calabrese con una pecora sintetizza l'Italia Meridionale e le isole. Il campo 83 passò sotto il comando dell'esercito inglese che liberò i prigionieri a partire dal maggio 1945 e si occupò della definitiva dismissione del campo che fu raggiunta nell'Agosto del 1945.
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Il presepe ed i documenti apposti alla bacheca. Foto dal blog Globus
Una volta finita la stagione bellica la toccante composizione fu donata alla Basilica di Sant'Ambrogio, divenendo parte pregiata del tesoro della chiesa, durante il periodo natalizio viene esposta la preziosa teca, alla destra del Coro, sopra il sarcofago dei Santi Nabore e Felice. La teca è corredata da una serie di fogli, immagini e documenti, sono pensieri, preghiere, poesie, testimonianze degli internati militari che contribuisco a contestualizzare l'opera e la sofferenza di chi contribuì a crearla.

Il bue donato dai cittadini di Wietzendorf. Dal blog Globus
La statuina raffigurante il bue fu intenzionalmente lasciata presso il campo di concentramento a commemorare chi non aveva avuto in sorte di tornare, nel dicembre del 2023 una delegazione della cittadina tedesca venne a donare una copia del bue affinchè una simbolica completezza e un altrettanto simbolico abbraccio salvifico chiudessero nel segno della speranza il cerchio doloroso di questa storia.









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