mercoledì 29 gennaio 2020

Le Radici Meneghine di Grazzano Visconti di Roberto Bagnera e Arrigo Mauri



Servizio fotografico di Arrigo Mauri

Fu un'intuizione, o un capriccio, di Giuseppe Visconti di Modrone, che già possedendo in zona un castello del Trecento, diede vita ad una vecchia idea: favorire l'avviamento al lavoro artigianale dei giovani mediante la creazione di appositi spazi e strutture.
Si potrebbe obiettare che per dare ospitalità ad una scuola e ad alcuni laboratori non era necessario costruire un paese in stile medioevale, ma si sa che i nobili hanno gusti particolari, complice anche il clima dei primi del Novecento che favoriva il genere eclettico e gli influssi tre-quattrocenteschi in campo architettonico, il conte Giuseppe, unendo l'utile al dilettevole, si gettò con entusiasmo nell'impresa.
Traccia personalmente la planimetria del villaggio, disegna i prospetti degli edifici, abbondando in elementi tipici e particolari decorativi per rendere l'insieme meno austero.



Suoi collaboratori sono l'architetto Alfredo Campanini, affermato architetto operante a Milano di cui ricordiamo l’edificio di via Bellini, e, per la parte esecutiva, Giuseppe Girometta, un capomastro operante nella zona dell’erigendo borgo.
Il conte sale personalmente sulle impalcature e si trasforma anche in un abile affrescatore dí decorazioni, di vere e proprie composizioni figurative che vivacizzano le pareti in mattoni a nudo con stemmi e simboli araldici Immaginiamo il piacere ironico del conte quando creò lo stemma di Grazzano: un garofano ai piedi del quale si snoda un cartiglio con un'indecifrabile iscrizione a caratteri gotici:
OTLA. NI. AD.RAUG. E. ENETA. PIPMI
 Il mistero è facilmente risolvibile leggendo la scritta al contrario.
Che fosse un monito a chi osasse criticare?
L'Albergo del Biscione



L'albergo del Biscione e la scuola di avviamento artigiano furono i primi edifici, presto seguiti da case, botteghe, fontane e chiese.
La Scuola di Avviamento Artigiano

Una volta completata la costruzione del borgo, si pone il problema fondamentale: dargli una vita autonoma, non posticcia o apparente, che solo veri abitanti e una reale attività lavorativa possono concorrere a creare.
Nasce in quest'ottica l'Istituzione Visconti di Modrone, costituita da una scuola artigianale per la produzione di mobili in stile medioevale con riproduzione di tecniche e particolari propri dello stile e dell’epoca, ad esempio le minuziose decorazioni  ad intaglio; in seguito si aprono altre botteghe artigianali tra le quali, più attive e di successo, quelle che si dedicano al ferro battuto.
L'ingresso di una delle botteghe artigianali del borgo

Create le premesse per un'attività ed un'economia autonome, si aggiungono i servizi: dall'ufficio postale alla chiesa, dall'asilo alla scuola, dell'albergo all'osteria; particolarmente curate questi ultimi perché è chiaro che la principale vocazione del paese non può non essere che quella turistica.
Ben lungi dall'essere una quinta cinematografica, Grazzano vive pienamente la sua realtà, imponendosi come un unicum ambientale e meta perciò di curioso turismo, grazie anche a quella sottile patina  di autenticità che il tempo ha saputo ormai donargli.
















martedì 28 gennaio 2020

Quella Stazione Ferroviaria di piazza Oberdan di Silvio Gallio



Silvio Gallio, (ottobre 2018-ottobre 2019)

Verso la metà del 2018, nella Grande Rete è apparsa questa immagine. Paradossalmente, l’aspetto più interessante sta nel fatto che non si sa nulla di questa ipotetica stazione e in quale anno sia stata pubblicata la litografia. Allora ci accingiamo a scavare con il povero ausilio di qualche nozione di storia della ferrovia milanese. E ne approfittiamo, soprattutto, per ripassare alcuni rudimenti sulla nascita delle strade ferrate in Lombardia.

1 - Tettoja ed Uffici fuori della Barriera di Porta Orientale di Milano

Subito gli appassionati di Milano e delle sue ferrovie d’antàn si sono gettati sulla “novità” poiché è un’immagine poco o nulla conosciuta perfino nell’ambiente dei maniaci di ferro-architetture dell’Ottocento- Come spiega la didascalia in calce, si vorrebbe illustrare una possibile stazione ferroviaria a Milano con i due (soli) binari coperti da una “Tettoja” e affiancati da un edificio di “Uffici”: quello che oggi chiamiamo Fabbricato Viaggiatori.



Occhiata alla stampa
L’immagine è un suggerimento che visualizza un’ipotetica stazione ferroviaria appena fuori Milano. Un antenato degli odierni e tanto cinematografici “rendering” di stadi, strade, ponti e monumenti di cui parlano giornali e riviste.  Nulla di strano, all’epoca di questi disegni-ipotesi era infarcita tutta la stampa meneghina. Il problema giace nel fatto che a Porta Orientale non è mai stata costruita una stazione ferroviaria e quindi diventa difficile abbinare (si può dire attrinare?) immagine, stazione e linea. E dire che a Milano di stazioni ne hanno costruite tante e sono quasi tutte ancora lì, a far correre i treni o riciclate per altri destini. Nondimeno, una prima impressione può essere ricavata se corriamo a rivedere quest’altra immagine si cui sappiamo con certezza e precisione l’anno e perfino il mese di pubblicazione.
La “mano” del disegnatore si direbbe essere la stessa per una immagine a sua volta degna di annotazioni. Nel febbraio del 1837, sul prestigioso periodico Annali Universali di Statistica, appare:

2 - Immagine da Annali Universali di statistica, febbraio 1837

Già solo a prima vista è impossibile non abbinare le due immagini. Le carrozze sono praticamente identiche; la locomotiva, che qui si vede appena, presenta comunque la stessa forma, l’alto fumaiolo con i parascintille, una caldaia bassa, un tender più alto; la Tettoja (ancora con una “j”) a cassettoni e il muro degli Ufficj (qui invece con la “j” finale) con porte e finestre identiche all’altra. Anche le colonne della tettoia sono simili con il rilievo a mezza altezza. La differenza più visibile, alla fine, è quella fra “Uffici” e “Ufficj”. Il che non è molto, dato che perfino la calligrafia si direbbe identica.
Tutto ciò non ci porta molto avanti nella datazione. È certo che la seconda immagine è apparsa nel febbraio 1837 ma ciò non significa che la prima sia per forza posteriore: a Milano si parlava di ferrovie da almeno un anno e mezzo. Quindi la litografia potrebbe essere stata stampata ben prima “della seconda”. La forma delle colonne, più lavorate e arrotondate in basso, può suggerire una posteriorità dell’immagine sotto esame; un ritocco del disegnatore che aveva avuto il tempo di elaborare il suo “Pensiero”.
Ma quale linea doveva servire quel terminale a Porta Orientale?

1 - Non la Milano-Como
Il primo progetto di una strada ferrata pubblicato in Italia e prodotto da tecnici italiani è senz’altro il Progetto della linea Milano-Como.[1] Questo progetto fu redatto dall’ingegner Giuseppe Bruschetti su impulso di Zanino (Giovanni) Volta, figlio del famoso Alessandro. Il progetto apparve sulle pagine della rivista “Biblioteca Italiana” dell’agosto 1836 (pagg 263-308). Generò anche una succosissima polemica fra Bruschetti e Carlo Cattaneo, a colpi di articoli sugli “Annali Universali di Statistica”. Sfortunatamente non è qui il luogo di entrare in questo merito.
Ci interessa di più sottolineare, ora, che il progetto di Bruschetti prevedeva la stazione di Milano fuori Porta Tenaglia nel punto più nordoccidentale della città, allora compresa entro le mura spagnole. Ne deriva che la Tettoia, a Porta Orientale (oggi Porta Venezia) non è un suggerimento rivolto a Bruschetti e nulla ha a che fare con quel progetto di strada ferrata. Per i non milanesi aggiungiamo una piccola mappa indicando la posizione dei vari impianti che saranno qui citati.
1)      - Milano-Como -- Porta Tenaglia
2)     - Milano-Venezia -- Porta Tosa (Cattaneo) // 2 in blu Porta Tosa (Milani)
3)     - Milano-Monza – Porta Nuova
?)   - Porta Orientale

3 - Posizione delle stazioni proposte

2 - Non la Milano-Venezia
Qualche mese prima, a Venezia, era iniziata veramente l’aggrovigliata storia della Venezia-Milano, la “Ferdinandea”. Diciamo “veramente” perché i primi passi furono fatti da Varè e Wagner nel settembre del 1835, ma solo nel 1836 i primi dieci soci fondatori diedero un reale impulso alla costruzione della ferrovia.
I veneziani estesero l’iniziativa a Milano dove doveva sorgere l’altra stazione terminale. Lunghe e tese furono le discussioni sul dove dovesse sorgere questa stazione. Che il dibattito fosse acceso lo dimostra il fatto che nel numero di febbraio 1837 gli “Annali Universali di Statistica” abbiano pubblicato l’immagine del “Pensiero di una stazione” prima ancora che la Società Ferroviaria, il 25 maggio 1837, assumesse, il Progettista, l’Ingegnere in Capo, Giovanni Milani.
Ancora nel 1837 non si sapeva dove esattamente sarebbe sorta la stazione di Milano Porta Tosa. Carlo Cattaneo che era segretario della Sezione Lombarda della società ferroviaria, suggeriva e quasi la imponeva a pochi passi dalla porta, “in fronte al Borgo della Stella” per vari e ben argomentati motivi. L’ingegner Milani la proponeva un po’ più a nord, “di fronte al Borgo de’ Monforti” (V. 2 in blu) per altri vari e ben argomentati motivi. In entrambi i casi la stazione milanese non era prevista a Porta Orientale. E se il disegnatore delle due immagini poteva illustrare il “Pensiero” sugli Annali senza preoccuparsi di precisare nemmeno la città, non poteva certo suggerire una “Tettoja”, una stazione precisando in didascalia; “a Porta Orientale”. Non motu propro; l’input doveva per forza provenirgli dall’esterno.

3 -Non la Milano-Monza
Questa linea che, alla fine, fu la seconda attivata in Italia e la prima in Lombardia, nacque dall’impulso di Johann Putzer von Reibegg. Finanziere a capo della ditta Holzhammer di Bolzano, da tempo interessato al mondo ferroviario, nascente in Gran Bretagna, aveva cercato di portare questa tecnologia nel Granducato di Toscana. Le lentezze operative di Firenze lo convinsero a spostare a Milano la sua attività.
In un paio d’anni, dal 1838 al 1840, raccolse i capitali necessari anche anticipandone personalmente una notevole parte, riuscì a ottenere l’imperiale “privilegio”, fece partire i lavori e portò a termine la costruzione della linea. L’inaugurazione avvenne il 17 agosto 1840. Il progettista era l’ingegner Sarti che fissò la posizione della stazione di Milano nei pressi di Porta Nuova. Dove ancora oggi si erge anche se con funzioni molto diverse.
Quindi nemmeno questa linea avrebbe dato l’avvio a un disegno posizionato a Porta Orientale.

Il tempo passa.
Una volta costruite le due stazioni, a Porta Tosa e a Porta Nuova, sorse una necessità, banale se si vuole, ma reale. Si comprende l’utilità di gettare un binario fra le due stazioni per poter far circolare viaggiatori e merci più rapidamente e con maggior comfort. Si iniziò a parlare di una “Strada ferrata di Congiunzione” che -appunto- congiungesse i due impianti.
Anche qui i progetti furono vari anche se non così contrastati e commentati come gli altri. Visto che porta Orientale è situata in mezzo fra Porta Nuova e Porta Tosa si sarebbe portati a vedere questa “Tettoja” conseguente a uno dei progetti.
C’è da ricordare peraltro, che Porta Nuova fu aperta nel 1840 mentre per Porta Tosa bisognò attendere fino alla metà del 1846. Un tempo troppo lungo per estrarre dal cassetto l’immagine del “Pensiero” e su quella basare il disegno della “Tettoja”. Si rischiava di apparire obsoleti. Ad esempio, rispetto agli anni ’30, le locomotive erano migliorate e si preferivano quelle a tre assi, anche per effetto dello spaventoso incidente di Meudon (Parigi) nel 1842, dove una locomotiva a due assi provocò un deragliamento con incendio delle carrozze, oltre cinquanta vittime e duecento feriti.
Dobbiamo allora studiare un po’ più a fondo cosa ci narra l’immagine della “Tettoja ed Uffici” e scoprire, dalle sue funzioni quando evidenti e dal panorama circostante, quanti più dettagli possibili.
Analisi.
La Tettoja si estende dal fabbricato a destra (e che si deduce essere dedicato ai -citati- Uffici) è sorretta da numerosi pilastri e copre due binari affiancati. Il soffitto a cassettoni e il muro esterno degli Uffici appartengono al più classico -o meglio, neoclassico- stile imperante all’epoca. Per la parte tecnica, oltre ai due binari si nota una piattaforma girevole dove i binari sembrano terminare.
Girando opportunamente le piattaforme delle stazioni di testa si potevano indirizzare i rotabili su due o tre (o più) binari ivi convergenti. Dalla piattaforma esce un solo binario. Ne deriva che il treno fermo nasconde una seconda piattaforma posta a fianco. Questo porterebbe a ritenere che l’impianto sia una stazione di testa.
La “trazione” è ben rappresentata da una locomotiva a due assi (di concezione più arcaica, quindi) con tender e alcune carrozze, almeno tre; un treno piuttosto corto ma anche normale per il traffico e per le tecnologie dell’epoca.
Un altro fattore determinante è dato dai fabbricati, approssimativamente cubici ma con archi, che fanno un po’ da sfondo, sulla sinistra. Per i non-milanesi, si tratta dei due caselli daziari e sono ancora presenti a Porta Venezia (come si chiama oggi Porta Orientale) e ci aiuteranno a sorreggere alcune ipotesi.
Una carrozza ippotrainata attraversa l’immagine rafforzando l’idea della stazione di testa in cui i binari terminino con le piattaforme girevoli. Poiché la carrozza è diretta a transitare fra i due caselli daziari possiamo con certezza comprendere come stia attraversando la piazza giungendo da (o dirigendosi verso) lo “Stradone di Loreto” oggi Corso Buenos Aires.
Il treno fermo sotto la “Tettoja” ci nasconde una parte della visuale e questo genera una iniziale difficoltà: determinare verso quale direzione sia rivolto. Se la tettoia è parte di una stazione di testa i binari possono dirigersi solo in una direzione. Potrebbe essere diretto verso le discusse linee di Como o di Monza, cioè Porta Tenaglia e/o Porta Nuova. In caso contrario sarebbe rivolto verso la linea Venezia, ovvero Porta Tosa.
Si potrebbe trattare di un suggerimento di prolungamento delle linee, di Como o Monza, per offrire un servizio anche a Porta Orientale, più vicina al centro della città. Ci sarebbe anche una certa logica in questa soluzione. L’area nord di Milano era praticamente vuota di abitazioni e il sistema di trasporti interni non era certo denso, evoluto e comodo come ai giorni nostri. Purtroppo, nessuna conferma di una simile ci giunge dai documenti finora reperiti.
Invece, perché sia anche solo possibile pensare ad un prolungamento da Porta Tosa bisognerà attendere l’apertura della linea di Treviglio, nel 1846. Ma siamo in grado di escludere questa soluzione. Già nel 1840 era stata pubblicata la litografia di G. Elena che illustrava la stazione di Porta Tosa come era stata progettata da Milani (e come non venne mai costruita). In più, un articolo in Enciclopedia Popolare dello stesso anno, descrive l’impianto non accennando minimamente a un collegamento con Porta Nuova.[2]
Se, invece la stazione è “passante” il treno può essere diretto verso una qualsiasi direzione. Sta a noi determinare quale.
Nell’immagine in esame, il Fabbricato Viaggiatori, ovvero gli “Uffici”, copre le case sulla destra. Sulla sinistra, fuori campo, i Bastioni, tanto cari ai milanesi che andavano a scarrozzare e passeggiare godendo della vista delle Prealpi.

4 – Giuseppe Canella – Veduta di Porta Orientale a Milano. Olio su tela.

Per fornire un piccolo chiarimento ai non-milanesi è stata ruotata la mappa ottenendo l’inusitata direzione “nord” verso sinistra mentre la freccia gialla indica la direzione per il centro della città; (il pallino verde segna la posizione del pittore rispetto ai caselli, quei due quadratini neri).
Il punto di vista della nostra immagine, però, è del tutto opposto a quello del Canella che mostra i milanesi passeggiare sul viale interno, oggi “Bastioni di Porta Venezia” mentre osservando bene i dettagli dei caselli del dazio, diviene chiaro che la “Tettoja” viene disegnata all’esterno dei Bastioni.


5 - Punto di vista di Canella (punto verde).

E veniamo ai Bastioni.
Nel 1856-57, con il progetto della costruzione di Milano Centrale, i bastioni furono al centro di una infuocata polemica fra quelli che li volevano mantenere intatti, quelli che preferivano il progresso eliminandoli, e quelli che addirittura li volevano utilizzare per costruirvi la stazione proprio sopra e risparmiare sulla elevazione dell’immane terrapieno (si parlava di mezzo milione di metri cubi) necessario a innalzare  le linee e l’intero impianto dal piano campagna, allo scopo di ridurre le limitazioni al traffico stradale.
Dall’osservazione di questi dettagli risulta che il treno sotto la “Tettoja” è rivolto verso oriente, si sarebbe potuto trattare di un prolungamento della linea di Venezia che doveva arrivare a toccare il Viale di Circonvallazione, oggi Viale Premuda. Abbiamo però visto che il progetto della stazione di Porta Tosa non ne fa cenno.
Anziché chiarirsi, il mistero si infittisce.


Polizia e didascalia
Quello che non ci suggerisce l’immagine, ce lo dicono in maniera inequivocabile le disposizioni di Polizia. Dobbiamo ricordare che a Milano, e da tempo, esisteva una direttiva che vietava la costruzione di stazioni ferroviarie all’interno dei bastioni. Motivi non certo di smog. Non ancora. Contava la gestione delle imposte, dei dazi e soprattutto di controllo degli spostamenti delle persone in un ribollente momento storico con la città, e non solo questa, tesa alla riscossa dalla dominazione austriaca.
Questo, assieme alla forma dei caselli conferma che la prospettiva dell’immagine dovesse essere disposta come se i caselli daziari fossero visti nel lato nord e quindi i binari provenissero da est.
C’è di più. Quello che non ci viene detto dall’immagine e nemmeno dalla Polizia ce lo conferma la didascalia: “Tettoja ed Uffici fuori della Barriera di Porta Orientale di Milano”.
Il punto, la parola chiave, è quel “fuori”. Allora tutto diventa chiaro. In ossequio alle Disposizioni Superiori la stazione, e quindi la “Tettoja”, doveva essere installata sul lato nord dei caselli daziari.
Il che conferma l’intero ragionamento precedente: il treno è rivolto verso est.
I Bastioni non vengono toccati. Sono sull’altro lato rispetto ai caselli daziari.
Dettagli importanti: lo stile del disegno che ci riporta al 1837, i binari sono visti all’esterno dei caselli daziari, la locomotiva a soli due assi e di tipo ormai desueto. Ci fa ritenere con un certo fondamento che la stampa sia precedente e non sia aggrappata alle polemiche che precedettero la nascita di Milano Centrale nel 1856-57.
E diamo soddisfazione a chi ha già individuato la posizione: siamo in Piazza Oberdan.
Guardando questa mappa tratta dal Catasto dei Corpi Santi di Porta Orientale possiamo affermare con certezza che l’ipotesi sottesa alla stampa pone la “Tettoja” in piazza Oberdan, circa dove abbiamo disegnato il rettangolo verde (la feccia indica il punto di vista del disegnatore) e il treno parte verso quello che oggi si chiama viale Piave e i Bagni di Diana.

6 - Posizione proposta della Tettoja ed Uffici - 1838

Stazione di testa.

A questo punto sappiamo che la stazione è concepita come “di testa” e non poteva quindi essere un impianto della “Strada Ferrata di Congiunzione”. Poiché sappiamo anche che non interessava nessuna delle tre linee di cui si discuteva si evince che fosse prevista come terminal di una ferrovia di cui si parlava o perfino “in progetto”, oppure di una sorta di prolungamento della linea Venezia che terminava a Porta Tosa?
In fin dei conti, per quella linea, già dal febbraio 1837 si suggeriva una "Tettoja" per la nuova stazione. Poteva essere stata gettata qualche idea di aggiungere un po’ di servizio movimento anche a Porta Orientale facendo arrivare e ripartire i treni. Da e verso Porta Tosa. Anche questo è stato escluso.
Stazioni troppo vicine
Non sarebbe comunque stata un’idea del tutto strampalata se le distanze fra Porta Orientale e le due porte, Nuova e Tosa, non fossero di poco significato: Porta Tosa e Porta Orientale non sono poi così lontane. Fra i 700 metri se il terminal della Ferdinandea fosse stato edificato fuori Corso Monforte (oggi indicativamente in piazza del Tricolore) e 1100 metri se fosse stata scelta la posizione appena più meridionale, vicina a Porta Tosa.
I viaggiatori che fossero arrivati a Milano dalla linea Venezia sarebbero scesi tutti a Porta Tosa, più vicina alla parte maggiormente edificata della città. A Porta Orientale ci sarebbero prolungati esclusivamente i pochi diretti ai quartieri settentrionali e dei Corpi Santi.

Un progetto dimenticato
Però, però!
Abbiamo appena ricordato come Bruschetti vedesse un impianto a Porta Tenaglia per andare a Como. E l’ingegner Sarti, che studiava una linea per Bergamo per accontentare i VIP della città orobica, pensava di posizionare il terminal a Porta Nuova, non Orientale.
Se la litografia, a differenza di tutte queste ipotesi, e allo stesso modo dell’immagine apparsa negli Annali del febbraio 1837, fosse una descrizione di un progetto vero e proprio? Se la stazione davvero fosse prevista “di testa”? Se gli “Uffici” fossero il più classico dei Fabbricati Viaggiatori? Non abbiamo esaminato un progetto poco noto e che venne discusso negli anni 1837-’38.
Partendo da Vienna.
Il barone Denis Eskeles, della banca viennese Arnstein & Eskeles, per motivi eminentemente finanziari e non industriali, nel (fallito) tentativo di speculazione e rendere mostruosamente redditizio il suo investimento nella Milano-Monza, cercò di appoggiare i bergamaschi della “Commissione Bottaini”. Asserendo di controllare 30.ooo azioni della “Ferdinandea” su 50.ooo emesse, propose di deviare la linea di Venezia dal tracciato già deciso, ossia il rettifilo Brescia-Treviglio-Porta Tosa, verso una linea Brescia-Bergamo-Monza. E a Monza ci si sarebbe allacciati alla linea Milano-Monza che lui stesso aveva comperato da Johann Putzer von Reibegg.
Su suggerimento di Bruschetti, il banchiere viennese chiese un parere all’ingegner Sarti che stava progettando -appunto- la Milano-Monza. Figuriamoci se Sarti non fu d’accordo! La sua ferrovia avrebbe così sostenuto tutto il traffico allora previsto per l’intera Lombardia! E Sarti era il proprietario dei terreni per le stazioni in Brianza e a Porta Nuova, nonché della striscia di terreno che fiancheggiava la linea, terreno acquistato in previsione di gettare il secondo binario quando sarebbe stato necessario e utile.
Anche se non formalmente incaricato di farlo, Sarti si dedicò allo studio di un progetto di massima.
Inizialmente vi partecipò anche l’ingegner Bruschetti. Molto presto, però, i due tecnici entrarono in rotta di collisione sulle scelte di percorso. Sarti difendeva il suo investimento mentre Bruschetti, sempre attento ai costi, suggeriva un tracciato meno lungo e più “risparmioso”. Da Bergamo a Milano, Bruschetti ipotizzava una traccia diretta, da Porta d’Osio via Gorgonzola, più breve di oltre cinque chilometri rispetto alla deviazione per Monza. Con un risparmio del 10% abbondante in costi di costruzione e di gestione. Mica bruscolini! Quella traccia, per forza di cose, avrebbe però svalutato la linea di Monza.
7 - I due prospetti tratti dal Progetto di Bruschetti

Abbastanza ovviamente nessuno degli altri interessati prese in considerazione la proposta di una nuova ferrovia. Avrebbe fatto ripartire le polemiche, avrebbe richiesto un altro intervento imperiale per il nuovo “privilegio” e, soprattutto, avrebbe distratto i treni da un percorso già impostato come redditizio per tutti loro.
Sarti avrebbe venduto alla società ferroviaria il progetto e i terreni rivalutati; Putzer avrebbe venduto a Eskeles l’intera ferrovia; Eskeles ne avrebbe aumentato il valore incrementando il traffico e venduto le azioni della società con guadagni stratosferici.
Alla fine, la proposta di Bruschetti venne cassata dalle Autorità. Incredibile, no? Sarebbe come se oggi una ipotetica Commissione, che dovesse decidere costi e ricavi per una moderna e veloce tratta ferroviaria, magari con una lunga galleria, fosse controllata dal proprietario/gestore dell’autostrada che scorre lì vicino…
Alla fine di ottobre del 1837 la “Commissione Bottaini” tornò alla carica con Milani e Cattaneo per ottenere la deviazione della linea Venezia verso Bergamo. Cattaneo fu fieramente contrario argomentando che il costo sarebbe aumentato di circa 10 milioni di lire (sugli oltre 50 previsti). Contestualmente l'ingegner Sarti protestava con la Commissione perché ancora non gli era stata affidata la costruzione della Bergamo-Monza. Bruschetti usciva dalla compagine e pubblicava il suo progetto per Bergamo.
Così, il “Progetto della strada di ferro da Milano a Bergamo” per i tipi della “Biblioteca Italiana - ossia Giornale di letteratura scienze ed arti” di Giuseppe Bruschetti e Albino Parea, fu presentato al pubblico nel marzo del 1838. Si cercava di raccogliere i capitali necessari.
Bruschetti aveva il pallino di gettare strade ferrate su strade (cittadine o postali) già presenti. Ma leggendo il suo “Progetto della strada di ferro da Milano a Bergamo” sappiamo che non ha provato a vendere questo metodo: i costi previsti erano simili a quelli del suo precedente progetto per Como che doveva essere costruito in sede propria.
Sfortunatamente i disegni di questo progetto per Bergamo non sono stati pubblicati da “Biblioteca Italiana” e temo siano andati perduti. Rimane una descrizione testuale che ci aiuterà nella nostra analisi. A pagina 423 di Biblioteca Italiana viene descritto a grandi linee il percorso della ferrovia che Bruschetti proponeva far passare per Gorgonzola e Cernusco, a pagina 424, e sempre a grandi linee, il percorso ipotizzato da Sarti.
Si noterà che, da Bergamo a Gessate, le linee seguivano lo stesso percorso.
Nel “Prospetto economico” a pagina 429, dove l’ingegnere specifica i costi delle rotaie; leggiamo inoltre:
“Si aggiungono alle suddette calcolazioni i due accompagnamenti da farsi in seguito alla suddetta strada, cioè la continuazione dalla porta d’Osio di Bergamo nell’interno del borgo San Leonardo di metri 1422* non che varie diramazioni all’interno della città di Milano dalla parte di Porta Orientale per la lunghezza di metri 1578* ossiano in tutto metri 3000”.
Conosciamo la bruschettiana presunta precisione per le cifre del progetto Milano-Como e ricordiamo anche l’altrettanto bruschettiano “pallino” delle ferrovie all’interno delle città. Allora questi 1578 metri, (e non una cifra arrotondata) potrebbero rivelarsi in quella tratta che dalla stazione si addentra nella città per un servizio viaggiatori più centrale. Sarebbe interessante conoscere il dettaglio delle “varie diramazioni all’interno della città di Milano” ma ci basti rilevare che Piazza Duomo dista da porta Venezia 1600 metri circa.
Diventa facile vedere a quali conclusioni ci stiamo avvicinando.
La redazione di “Biblioteca Italiana”, già all’inizio, a pag. 420, si premura di informare che nel marzo del 1838 il progetto era stato ampiamente discusso tanto da far muovere vari ambienti economici e giornalistici:
“…il programma per predisporre la realizzazione di questo divisamento fu con portentosa celerità coperto di onorevoli sottoscrizioni; all’affluenza delle quali, aumentata anche dal concorso straniero, venuto tosto a rendere pur esso testimonianza alla bontà dell’impresa, mancò in breve tempo la somma fissata alle prenotazioni”.


Portati sulla mappa, con il consueto aiuto di Google Maps, ecco visualizzati i progetti.

8 - Percorsi delle due linee discusse. Verde progetto Bruschetti, celeste proposta Sarti

In mancanza di più precise indicazioni ma guardando la topografia dell’epoca azzardiamo un probabile percorso da Cernusco a Milano. La linea poteva passare fra Lambrate e Parco Lambro, avvicinarsi a Piazzale Piola e di qui, seguendo una direttrice simile alle odierne vie Noè-Majocchi-Lambro, dirigersi verso Porta Venezia usufruendo dell’allora amplissimo spazio di campagna ed entrare, con una curva non accentuata a 11.700 metri da Cernusco.
Precisamente a Porta Orientale, nell’odierna piazza Oberdan, terminando in una stazione di testa, proprio come ipotizzato dalla Tettoja ed Uffici fuori della Barriera di Porta Orientale in Milano.

9 – Probabile percorso a Milano della ferrovia di Bergamo (Bruschetti).

Conclusione.
Visto il tempismo mostrato dal litografo che per la stazione della Milano-Venezia illustrava un "Pensiero per una Tettoia" già mesi prima che fosse perfino assunto l’ingegnere progettista della ferrovia, e visto il continuo rincorrersi di idee e progetti in una Milano ferroviariamente frenetica, potremmo situare questa stampa “Tettoja e Uffici” nella prima metà del 1838, quando nel mondo dell’industria e della finanza si discusse il progetto di Bruschetti che spostava l’utilizzo di Porta Nuova per la linea di Bergamo e indicava, unico progettista del momento, una stazione ferroviaria a Porta Orientale.
Giusto giusto 181 anni fa.

Silvio Gallio, 2018-2019




[1] Senza voler generare polemiche è bene chiarire che la tanto celebrata Napoli-Portici fu costruita da ingegneri e tecnici francesi, finanziata con capitali francesi raccolti alla Borsa di Parigi dalla società dell’ing, Armand Bayard de la Vingtrie.
[2] Cfr S. Gallio, Il primo progetto di G. Milani per la stazione di Porta Tosa a Milano, in "Ingegneria Ferroviaria", CIFI Roma, gennaio 2015