Silvio Gallio, (ottobre 2018-ottobre 2019)
Verso la metà del 2018, nella Grande Rete è
apparsa questa immagine. Paradossalmente, l’aspetto più interessante sta nel
fatto che non si sa nulla di questa ipotetica stazione e in quale anno sia
stata pubblicata la litografia. Allora ci accingiamo a scavare con il povero
ausilio di qualche nozione di storia della ferrovia milanese. E ne approfittiamo,
soprattutto, per ripassare alcuni rudimenti sulla nascita delle strade ferrate
in Lombardia.
1 - Tettoja ed Uffici fuori della Barriera di Porta Orientale di Milano |
Subito gli appassionati di Milano e delle sue ferrovie
d’antàn si sono gettati sulla “novità” poiché è un’immagine poco o nulla
conosciuta perfino nell’ambiente dei maniaci di ferro-architetture dell’Ottocento-
Come spiega la didascalia in calce, si vorrebbe illustrare una possibile
stazione ferroviaria a Milano con i due (soli) binari coperti da una “Tettoja”
e affiancati da un edificio di “Uffici”: quello che oggi chiamiamo Fabbricato
Viaggiatori.
Occhiata alla stampa
L’immagine è un suggerimento
che visualizza un’ipotetica stazione ferroviaria appena fuori Milano. Un antenato
degli odierni e tanto cinematografici “rendering” di stadi, strade,
ponti e monumenti di cui parlano giornali e riviste. Nulla di strano, all’epoca di questi
disegni-ipotesi era infarcita tutta la stampa meneghina. Il problema giace nel fatto
che a Porta Orientale non è mai stata costruita una stazione ferroviaria e
quindi diventa difficile abbinare (si può dire attrinare?) immagine, stazione e
linea. E dire che a Milano di stazioni ne hanno costruite tante e sono quasi
tutte ancora lì, a far correre i treni o riciclate per altri destini. Nondimeno,
una prima impressione può essere ricavata se corriamo a rivedere quest’altra
immagine si cui sappiamo con certezza e precisione l’anno e perfino il mese di
pubblicazione.
La “mano” del
disegnatore si direbbe essere la stessa per una immagine a sua volta degna di
annotazioni. Nel febbraio del 1837, sul prestigioso periodico Annali
Universali di Statistica, appare:
2 - Immagine da Annali Universali di statistica, febbraio 1837 |
Già solo a prima
vista
è impossibile non abbinare le due immagini. Le carrozze sono praticamente
identiche; la locomotiva, che qui si vede appena, presenta comunque la stessa
forma, l’alto fumaiolo con i parascintille, una caldaia bassa, un tender più
alto; la Tettoja (ancora con una “j”) a cassettoni e il muro degli Ufficj (qui invece
con la “j” finale) con porte e finestre identiche all’altra. Anche le colonne
della tettoia sono simili con il rilievo a mezza altezza. La differenza più
visibile, alla fine, è quella fra “Uffici” e “Ufficj”. Il che non è molto, dato
che perfino la calligrafia si direbbe identica.
Tutto ciò non ci porta molto avanti nella
datazione. È certo che la seconda immagine è apparsa nel febbraio 1837 ma ciò
non significa che la prima sia per forza posteriore: a Milano si parlava di
ferrovie da almeno un anno e mezzo. Quindi la litografia potrebbe essere stata
stampata ben prima “della seconda”. La forma delle colonne, più lavorate e
arrotondate in basso, può suggerire una posteriorità dell’immagine sotto esame;
un ritocco del disegnatore che aveva avuto il tempo di elaborare il suo
“Pensiero”.
Ma quale linea doveva servire quel terminale a
Porta Orientale?
1 - Non la Milano-Como
Il primo progetto di una strada ferrata pubblicato
in Italia e prodotto da tecnici italiani è senz’altro il Progetto della linea
Milano-Como.[1]
Questo progetto fu redatto dall’ingegner Giuseppe Bruschetti su impulso di
Zanino (Giovanni) Volta, figlio del famoso Alessandro. Il progetto apparve
sulle pagine della rivista “Biblioteca Italiana” dell’agosto 1836 (pagg 263-308). Generò anche una
succosissima polemica fra Bruschetti e Carlo Cattaneo, a colpi di articoli
sugli “Annali Universali di Statistica”. Sfortunatamente non è qui il luogo di
entrare in questo merito.
Ci interessa di più sottolineare, ora, che il progetto di Bruschetti
prevedeva la stazione di Milano fuori Porta Tenaglia nel punto più
nordoccidentale della città, allora compresa entro le mura spagnole. Ne deriva
che la Tettoia, a Porta Orientale (oggi Porta Venezia) non è un
suggerimento rivolto a Bruschetti e nulla ha a che fare con quel progetto di
strada ferrata. Per i non milanesi aggiungiamo una piccola mappa indicando la
posizione dei vari impianti che saranno qui citati.
1) - Milano-Como -- Porta
Tenaglia
2) - Milano-Venezia -- Porta
Tosa (Cattaneo) // 2 in blu Porta Tosa (Milani)
3) - Milano-Monza – Porta Nuova
?) - Porta Orientale
3 - Posizione delle stazioni proposte |
2 - Non la Milano-Venezia
Qualche mese prima, a Venezia, era iniziata veramente l’aggrovigliata
storia della Venezia-Milano, la “Ferdinandea”. Diciamo “veramente” perché i
primi passi furono fatti da Varè e Wagner nel settembre del 1835, ma solo nel
1836 i primi dieci soci fondatori diedero un reale impulso alla costruzione
della ferrovia.
I veneziani estesero l’iniziativa a Milano dove doveva sorgere l’altra
stazione terminale. Lunghe e tese furono le discussioni sul dove dovesse
sorgere questa stazione. Che il dibattito fosse acceso lo dimostra il fatto che
nel numero di febbraio 1837 gli “Annali Universali di Statistica” abbiano
pubblicato l’immagine del “Pensiero di una stazione” prima ancora che la
Società Ferroviaria, il 25 maggio 1837, assumesse, il Progettista, l’Ingegnere
in Capo, Giovanni Milani.
Ancora nel 1837 non si sapeva dove esattamente sarebbe
sorta la stazione di Milano Porta Tosa. Carlo Cattaneo che era segretario della
Sezione Lombarda della società ferroviaria, suggeriva e quasi la imponeva a
pochi passi dalla porta, “in fronte al Borgo della Stella” per vari e
ben argomentati motivi. L’ingegner Milani la proponeva un po’ più a nord, “di
fronte al Borgo de’ Monforti” (V. 2 in blu) per altri vari e ben
argomentati motivi. In entrambi i casi la stazione milanese non era prevista a Porta
Orientale. E se il disegnatore delle due immagini poteva illustrare il “Pensiero”
sugli Annali senza preoccuparsi di precisare nemmeno la città, non poteva certo
suggerire una “Tettoja”, una stazione precisando in didascalia; “a Porta
Orientale”. Non motu propro; l’input doveva per forza provenirgli dall’esterno.
3 -Non la Milano-Monza
Questa linea che, alla fine, fu la seconda attivata in Italia e la prima in
Lombardia, nacque dall’impulso di Johann Putzer von Reibegg. Finanziere a capo
della ditta Holzhammer di Bolzano, da tempo interessato al mondo ferroviario,
nascente in Gran Bretagna, aveva cercato di portare questa tecnologia nel
Granducato di Toscana. Le lentezze operative di Firenze lo convinsero a spostare
a Milano la sua attività.
In un paio d’anni, dal 1838 al 1840, raccolse i capitali necessari anche
anticipandone personalmente una notevole parte, riuscì a ottenere l’imperiale
“privilegio”, fece partire i lavori e portò a termine la costruzione della
linea. L’inaugurazione avvenne il 17 agosto 1840. Il progettista era l’ingegner
Sarti che fissò la posizione della stazione di Milano nei pressi di Porta
Nuova. Dove ancora oggi si erge anche se con funzioni molto diverse.
Quindi nemmeno questa linea avrebbe dato l’avvio a un disegno posizionato
a Porta Orientale.
Il tempo passa.
Una volta costruite le due stazioni, a Porta Tosa e a Porta Nuova, sorse
una necessità, banale se si vuole, ma reale. Si comprende l’utilità di gettare un
binario fra le due stazioni per poter far circolare viaggiatori e merci più
rapidamente e con maggior comfort. Si iniziò a parlare di una “Strada
ferrata di Congiunzione” che -appunto- congiungesse i due impianti.
Anche qui i progetti furono vari anche se non così contrastati e commentati
come gli altri. Visto che porta Orientale è situata in mezzo fra Porta Nuova e
Porta Tosa si sarebbe portati a vedere questa “Tettoja” conseguente a
uno dei progetti.
C’è da ricordare peraltro, che Porta Nuova fu aperta nel 1840 mentre per
Porta Tosa bisognò attendere fino alla metà del 1846. Un tempo troppo lungo per
estrarre dal cassetto l’immagine del “Pensiero” e su quella basare il
disegno della “Tettoja”. Si rischiava di apparire obsoleti. Ad esempio,
rispetto agli anni ’30, le locomotive erano migliorate e si preferivano quelle a
tre assi, anche per effetto dello spaventoso incidente di Meudon (Parigi) nel 1842,
dove una locomotiva a due assi provocò un deragliamento con incendio delle
carrozze, oltre cinquanta vittime e duecento feriti.
Dobbiamo allora studiare un po’ più a fondo cosa ci narra l’immagine
della “Tettoja ed Uffici” e scoprire, dalle sue funzioni quando evidenti
e dal panorama circostante, quanti più dettagli possibili.
Analisi.
La Tettoja si estende dal fabbricato a destra (e che si deduce essere dedicato ai -citati- Uffici) è sorretta da numerosi pilastri e copre due binari affiancati. Il soffitto a cassettoni e il muro esterno degli Uffici appartengono al più classico -o meglio, neoclassico- stile imperante all’epoca. Per la parte tecnica, oltre ai due binari si nota una piattaforma girevole dove i binari sembrano terminare.
La Tettoja si estende dal fabbricato a destra (e che si deduce essere dedicato ai -citati- Uffici) è sorretta da numerosi pilastri e copre due binari affiancati. Il soffitto a cassettoni e il muro esterno degli Uffici appartengono al più classico -o meglio, neoclassico- stile imperante all’epoca. Per la parte tecnica, oltre ai due binari si nota una piattaforma girevole dove i binari sembrano terminare.
Girando opportunamente le piattaforme delle
stazioni di testa si potevano indirizzare i rotabili su due o tre (o più)
binari ivi convergenti. Dalla piattaforma esce un solo binario. Ne deriva che il
treno fermo nasconde una seconda piattaforma posta a fianco. Questo porterebbe
a ritenere che l’impianto sia una stazione di testa.
La “trazione” è ben rappresentata da una
locomotiva a due assi (di concezione più arcaica, quindi) con tender e alcune
carrozze, almeno tre; un treno piuttosto corto ma anche normale per il traffico
e per le tecnologie dell’epoca.
Un altro fattore determinante è dato dai
fabbricati, approssimativamente cubici ma con archi, che fanno un po’ da
sfondo, sulla sinistra. Per i non-milanesi, si tratta dei due caselli daziari e
sono ancora presenti a Porta Venezia (come si chiama oggi Porta Orientale) e ci
aiuteranno a sorreggere alcune ipotesi.
Una carrozza
ippotrainata attraversa l’immagine rafforzando l’idea della stazione di testa in
cui i binari terminino con le piattaforme girevoli. Poiché la
carrozza è diretta a transitare fra i due caselli daziari possiamo con certezza
comprendere come stia attraversando la piazza giungendo da (o dirigendosi
verso) lo “Stradone di Loreto” oggi Corso Buenos Aires.
Il treno fermo sotto la “Tettoja” ci nasconde
una parte della visuale e questo genera una iniziale difficoltà: determinare verso
quale direzione sia rivolto. Se la tettoia è parte di una stazione di testa
i binari possono dirigersi solo in una direzione. Potrebbe essere diretto verso
le discusse linee di Como o di Monza, cioè Porta Tenaglia e/o Porta Nuova. In
caso contrario sarebbe rivolto verso la linea Venezia, ovvero Porta Tosa.
Si potrebbe trattare di un suggerimento di
prolungamento delle linee, di Como o Monza, per offrire un servizio anche a
Porta Orientale, più vicina al centro della città. Ci sarebbe anche una certa
logica in questa soluzione. L’area nord di Milano era praticamente vuota di abitazioni
e il sistema di trasporti interni non era certo denso, evoluto e comodo come ai
giorni nostri. Purtroppo, nessuna conferma di una simile ci giunge dai
documenti finora reperiti.
Invece, perché sia anche solo possibile pensare
ad un prolungamento da Porta Tosa bisognerà attendere l’apertura della linea di
Treviglio, nel 1846. Ma siamo in grado di escludere questa soluzione. Già nel
1840 era stata pubblicata la litografia di G. Elena che illustrava la stazione di
Porta Tosa come era stata progettata da Milani (e come non venne mai costruita).
In più, un articolo in Enciclopedia Popolare dello stesso anno, descrive
l’impianto non accennando minimamente a un collegamento con Porta Nuova.[2]
Se, invece la stazione è “passante” il treno
può essere diretto verso una qualsiasi direzione. Sta a noi determinare quale.
Nell’immagine in esame, il Fabbricato Viaggiatori,
ovvero gli “Uffici”, copre le case sulla destra. Sulla sinistra, fuori campo, i
Bastioni, tanto cari ai milanesi che andavano a scarrozzare e passeggiare
godendo della vista delle Prealpi.
4 – Giuseppe Canella – Veduta di Porta Orientale a Milano. Olio su tela. |
Per fornire un piccolo chiarimento ai non-milanesi è stata ruotata la mappa ottenendo l’inusitata direzione “nord” verso sinistra mentre la freccia gialla indica la direzione per il centro della città; (il pallino verde segna la posizione del pittore rispetto ai caselli, quei due quadratini neri).
Il punto di vista della nostra immagine, però, è
del tutto opposto a quello del Canella che mostra i milanesi passeggiare sul
viale interno, oggi “Bastioni di Porta Venezia” mentre osservando bene i
dettagli dei caselli del dazio, diviene chiaro che la “Tettoja” viene
disegnata all’esterno dei Bastioni.
5 - Punto di vista di Canella (punto verde). |
E veniamo ai Bastioni.
Nel 1856-57, con il progetto della costruzione
di Milano Centrale, i bastioni furono al centro di una infuocata polemica fra
quelli che li volevano mantenere intatti, quelli che preferivano il progresso eliminandoli,
e quelli che addirittura li volevano utilizzare per costruirvi la stazione proprio
sopra e risparmiare sulla elevazione dell’immane terrapieno (si parlava di
mezzo milione di metri cubi) necessario a innalzare le linee e l’intero impianto dal piano
campagna, allo scopo di ridurre le limitazioni al traffico stradale.
Dall’osservazione di questi dettagli risulta
che il treno sotto la “Tettoja” è rivolto verso oriente, si sarebbe
potuto trattare di un prolungamento della linea di Venezia che doveva arrivare
a toccare il Viale di Circonvallazione, oggi Viale Premuda. Abbiamo però visto
che il progetto della stazione di Porta Tosa non ne fa cenno.
Anziché chiarirsi, il mistero si infittisce.
Polizia e didascalia
Quello che non ci suggerisce l’immagine, ce lo
dicono in maniera inequivocabile le disposizioni di Polizia. Dobbiamo ricordare
che a Milano, e da tempo, esisteva una direttiva che vietava la costruzione di
stazioni ferroviarie all’interno dei bastioni. Motivi non certo di smog. Non
ancora. Contava la gestione delle imposte, dei dazi e soprattutto di controllo
degli spostamenti delle persone in un ribollente momento storico con la città,
e non solo questa, tesa alla riscossa dalla dominazione austriaca.
Questo, assieme
alla forma dei caselli conferma che la prospettiva dell’immagine dovesse essere
disposta come se i caselli daziari fossero visti nel lato nord e quindi i binari
provenissero da est.
C’è di più. Quello che non ci viene detto
dall’immagine e nemmeno dalla Polizia ce lo conferma la didascalia: “Tettoja ed
Uffici fuori della Barriera di Porta Orientale di Milano”.
Il punto, la parola chiave, è quel “fuori”.
Allora tutto diventa chiaro. In ossequio alle Disposizioni Superiori la
stazione, e quindi la “Tettoja”, doveva essere installata sul lato nord
dei caselli daziari.
Il che conferma l’intero ragionamento
precedente: il treno è rivolto verso est.
I Bastioni non vengono toccati. Sono sull’altro
lato rispetto ai caselli daziari.
Dettagli importanti: lo stile del disegno che ci riporta al 1837, i binari sono visti all’esterno dei caselli daziari, la locomotiva a soli due assi e di tipo ormai desueto. Ci fa ritenere con un certo fondamento che la stampa sia precedente e non sia aggrappata alle polemiche che precedettero la nascita di Milano Centrale nel 1856-57.
Dettagli importanti: lo stile del disegno che ci riporta al 1837, i binari sono visti all’esterno dei caselli daziari, la locomotiva a soli due assi e di tipo ormai desueto. Ci fa ritenere con un certo fondamento che la stampa sia precedente e non sia aggrappata alle polemiche che precedettero la nascita di Milano Centrale nel 1856-57.
E diamo soddisfazione a chi ha già individuato
la posizione: siamo in Piazza Oberdan.
Guardando questa mappa tratta dal Catasto dei
Corpi Santi di Porta Orientale possiamo affermare con certezza che l’ipotesi
sottesa alla stampa pone la “Tettoja” in piazza Oberdan, circa dove
abbiamo disegnato il rettangolo verde (la feccia indica il punto di vista del
disegnatore) e il treno parte verso quello che oggi si chiama viale Piave e i
Bagni di Diana.
6 - Posizione proposta della Tettoja ed Uffici - 1838 |
Stazione di
testa.
A questo punto sappiamo che la stazione è
concepita come “di testa” e non poteva quindi essere un impianto della “Strada
Ferrata di Congiunzione”. Poiché sappiamo anche che non interessava nessuna
delle tre linee di cui si discuteva si evince che fosse prevista come terminal
di una ferrovia di cui si parlava o perfino “in progetto”, oppure di una sorta
di prolungamento della linea Venezia che terminava a Porta Tosa?
In fin dei conti, per quella linea, già dal
febbraio 1837 si suggeriva una "Tettoja" per la nuova stazione.
Poteva essere stata gettata qualche idea di aggiungere un po’ di servizio
movimento anche a Porta Orientale facendo arrivare e ripartire i treni. Da e
verso Porta Tosa. Anche questo è stato escluso.
Stazioni troppo vicine
Non sarebbe comunque stata un’idea del tutto strampalata
se le distanze fra Porta Orientale e le due porte, Nuova e Tosa, non fossero di
poco significato: Porta Tosa e Porta Orientale non sono poi così lontane. Fra i
700 metri se il terminal della Ferdinandea fosse stato edificato fuori Corso
Monforte (oggi indicativamente in piazza del Tricolore) e 1100 metri se fosse
stata scelta la posizione appena più meridionale, vicina a Porta Tosa.
I viaggiatori che fossero arrivati a Milano dalla
linea Venezia sarebbero scesi tutti a Porta Tosa, più vicina alla parte maggiormente
edificata della città. A Porta Orientale ci sarebbero prolungati esclusivamente
i pochi diretti ai quartieri settentrionali e dei Corpi Santi.
Un progetto dimenticato
Però, però!
Abbiamo appena ricordato come Bruschetti
vedesse un impianto a Porta Tenaglia per andare a Como. E l’ingegner Sarti, che
studiava una linea per Bergamo per accontentare i VIP della città orobica,
pensava di posizionare il terminal a Porta Nuova, non Orientale.
Se la litografia, a
differenza di tutte queste ipotesi, e allo stesso modo dell’immagine apparsa
negli Annali del febbraio 1837, fosse una descrizione di un progetto vero e
proprio? Se la stazione davvero fosse prevista “di testa”? Se gli “Uffici”
fossero il più classico dei Fabbricati Viaggiatori? Non abbiamo
esaminato un progetto poco noto e che venne discusso negli anni 1837-’38.
Partendo da Vienna.
Il barone Denis Eskeles, della banca viennese Arnstein
& Eskeles, per motivi eminentemente finanziari e non industriali, nel (fallito)
tentativo di speculazione e rendere mostruosamente redditizio il suo investimento
nella Milano-Monza, cercò di appoggiare i bergamaschi della “Commissione
Bottaini”. Asserendo di controllare 30.ooo azioni della “Ferdinandea” su 50.ooo
emesse, propose di deviare la linea di Venezia dal tracciato già deciso, ossia
il rettifilo Brescia-Treviglio-Porta Tosa, verso una linea
Brescia-Bergamo-Monza. E a Monza ci si sarebbe allacciati alla linea Milano-Monza
che lui stesso aveva comperato da Johann Putzer von Reibegg.
Su suggerimento di Bruschetti, il banchiere viennese
chiese un parere all’ingegner Sarti che stava progettando -appunto- la
Milano-Monza. Figuriamoci se Sarti non fu d’accordo! La sua ferrovia avrebbe così
sostenuto tutto il traffico allora previsto per l’intera Lombardia! E
Sarti era il proprietario dei terreni per le stazioni in Brianza e a Porta
Nuova, nonché della striscia di terreno che fiancheggiava la linea, terreno acquistato
in previsione di gettare il secondo binario quando sarebbe stato necessario e
utile.
Anche se non formalmente incaricato di farlo,
Sarti si dedicò allo studio di un progetto di massima.
Inizialmente vi partecipò anche l’ingegner
Bruschetti. Molto presto, però, i due tecnici entrarono in rotta di collisione
sulle scelte di percorso. Sarti difendeva il suo investimento mentre Bruschetti,
sempre attento ai costi, suggeriva un tracciato meno lungo e più “risparmioso”.
Da Bergamo a Milano, Bruschetti ipotizzava una traccia diretta, da Porta d’Osio
via Gorgonzola, più breve di oltre cinque chilometri rispetto alla deviazione
per Monza. Con un risparmio del 10% abbondante in costi di costruzione e di
gestione. Mica bruscolini! Quella traccia, per forza di cose, avrebbe però svalutato
la linea di Monza.
7 - I due prospetti tratti dal Progetto di Bruschetti |
Abbastanza ovviamente nessuno degli altri interessati prese
in considerazione la proposta di una nuova ferrovia. Avrebbe fatto ripartire le
polemiche, avrebbe richiesto un altro intervento imperiale per il nuovo “privilegio”
e, soprattutto, avrebbe distratto i treni da un percorso già impostato come
redditizio per tutti loro.
Sarti avrebbe venduto alla società ferroviaria
il progetto e i terreni rivalutati; Putzer avrebbe venduto a Eskeles l’intera
ferrovia; Eskeles ne avrebbe aumentato il valore incrementando il traffico e
venduto le azioni della società con guadagni stratosferici.
Alla fine, la proposta di Bruschetti venne cassata dalle Autorità. Incredibile, no? Sarebbe come se oggi una ipotetica
Commissione, che dovesse decidere costi e ricavi per una moderna e
veloce tratta ferroviaria, magari con una lunga galleria, fosse controllata dal
proprietario/gestore dell’autostrada che scorre lì vicino…
Alla fine di ottobre del 1837 la “Commissione Bottaini” tornò
alla carica con Milani e Cattaneo per ottenere la deviazione della linea
Venezia verso Bergamo. Cattaneo fu fieramente contrario argomentando che il
costo sarebbe aumentato di circa 10 milioni di lire (sugli oltre 50 previsti).
Contestualmente l'ingegner Sarti protestava con la Commissione perché ancora
non gli era stata affidata la costruzione della Bergamo-Monza. Bruschetti
usciva dalla compagine e pubblicava il suo progetto per Bergamo.
Così, il “Progetto della strada di ferro da
Milano a Bergamo” per i tipi della “Biblioteca Italiana - ossia Giornale
di letteratura scienze ed arti” di Giuseppe Bruschetti e Albino Parea, fu
presentato al pubblico nel marzo del 1838. Si cercava di raccogliere i capitali
necessari.
Bruschetti aveva il pallino di gettare strade
ferrate su strade (cittadine o postali) già presenti. Ma leggendo il suo “Progetto
della strada di ferro da Milano a Bergamo” sappiamo che non ha provato a
vendere questo metodo: i costi previsti erano simili a quelli del suo
precedente progetto per Como che doveva essere costruito in sede propria.
Sfortunatamente i disegni di questo progetto
per Bergamo non sono stati pubblicati da “Biblioteca Italiana” e temo siano
andati perduti. Rimane una descrizione testuale che ci aiuterà nella nostra
analisi. A pagina 423 di Biblioteca
Italiana viene descritto a grandi linee il percorso della ferrovia che Bruschetti proponeva
far passare per Gorgonzola e Cernusco, a pagina 424, e sempre a grandi linee,
il percorso ipotizzato da Sarti.
Si noterà che, da Bergamo a Gessate, le linee
seguivano lo stesso percorso.
Nel
“Prospetto economico” a pagina 429, dove l’ingegnere specifica i costi delle rotaie;
leggiamo inoltre:
“Si aggiungono alle suddette calcolazioni i due
accompagnamenti da farsi in seguito alla suddetta strada, cioè la continuazione
dalla porta d’Osio di Bergamo nell’interno del borgo San Leonardo di metri
1422* non che varie diramazioni all’interno della città di Milano dalla parte
di Porta Orientale per la lunghezza di metri 1578* ossiano in tutto metri
3000”.
Conosciamo
la bruschettiana presunta precisione per le cifre del progetto
Milano-Como e ricordiamo anche l’altrettanto bruschettiano “pallino” delle
ferrovie all’interno delle città. Allora questi 1578 metri, (e non una cifra
arrotondata) potrebbero rivelarsi in quella tratta che dalla stazione si
addentra nella città per un servizio viaggiatori più centrale. Sarebbe interessante
conoscere il dettaglio delle “varie diramazioni all’interno della città di
Milano” ma ci basti rilevare che Piazza Duomo dista da porta Venezia 1600
metri circa.
Diventa
facile vedere a quali conclusioni ci stiamo avvicinando.
La redazione di “Biblioteca Italiana”, già all’inizio, a pag.
420, si premura di informare che nel marzo del 1838 il progetto era stato ampiamente discusso tanto da far muovere vari
ambienti economici e giornalistici:
“…il programma per predisporre la realizzazione di questo divisamento
fu con portentosa celerità coperto di onorevoli sottoscrizioni; all’affluenza
delle quali, aumentata anche dal concorso straniero, venuto tosto a rendere pur
esso testimonianza alla bontà dell’impresa, mancò in breve tempo la somma
fissata alle prenotazioni”.
Portati
sulla mappa, con il consueto aiuto di Google Maps, ecco visualizzati i
progetti.
8 - Percorsi delle due linee discusse. Verde progetto Bruschetti, celeste proposta Sarti |
In mancanza
di più precise indicazioni ma guardando la topografia dell’epoca azzardiamo un
probabile percorso da Cernusco a Milano. La linea poteva passare fra Lambrate e
Parco Lambro, avvicinarsi a Piazzale Piola e di qui, seguendo una direttrice
simile alle odierne vie Noè-Majocchi-Lambro, dirigersi verso Porta Venezia
usufruendo dell’allora amplissimo spazio di campagna ed entrare, con una curva
non accentuata a
11.700 metri da Cernusco.
Precisamente
a Porta Orientale, nell’odierna piazza Oberdan, terminando in una stazione di testa,
proprio come ipotizzato dalla Tettoja ed Uffici fuori della Barriera di
Porta Orientale in Milano.
9 – Probabile percorso a Milano della ferrovia di Bergamo (Bruschetti). |
Conclusione.
Visto il
tempismo mostrato dal litografo che per la stazione della Milano-Venezia
illustrava un "Pensiero per una Tettoia" già mesi prima che
fosse perfino assunto l’ingegnere progettista della ferrovia, e visto il
continuo rincorrersi di idee e progetti in una Milano ferroviariamente
frenetica, potremmo situare questa stampa “Tettoja e Uffici” nella prima
metà del 1838, quando nel mondo dell’industria e della finanza si discusse il
progetto di Bruschetti che spostava l’utilizzo di Porta Nuova per la linea di
Bergamo e indicava, unico progettista del momento, una stazione ferroviaria a
Porta Orientale.
Giusto
giusto 181 anni fa.
Silvio Gallio, 2018-2019
[1]
Senza voler generare polemiche è bene chiarire che la tanto celebrata
Napoli-Portici fu costruita da ingegneri e tecnici francesi, finanziata con
capitali francesi raccolti alla Borsa di Parigi dalla società dell’ing, Armand Bayard
de la Vingtrie.
[2]
Cfr S. Gallio, Il primo progetto di G. Milani per la stazione di Porta Tosa a Milano, in "Ingegneria Ferroviaria", CIFI Roma, gennaio 2015
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