mercoledì 10 aprile 2019

Una Milano da Cani...e da Lupi di Roberto Bagnera

Quinta Porta del Duomo, bronzo di Luciano Minguzzi, scena che raffigura Gian GaleazzoVisconti e la sua corte in visita al cantiere del Duomo, in basso si riconoscono 2 levrieri. Opera realizzata fra il 1950 e il 1957. Foto Archivio Luciano Minguzzi.



Dedicato a Giuseppe Pederiali
Dedicato a Nula che ci ha lasciati il 7 Aprile


Nel 2012 esce il romanzo "L'Amore Secondo Nula", ambientato a Milano, è un romanzo raccontato in prima persona dalla cagnolina Nula, che è il nome del cane realmente posseduto da Pederiali, che agisce in una Milano a "visione" di cane dove gli spazi architettonici incombono da prospettive insolite e raccontano inedite storie di sè, presentandoci situazioni inconsuete ed intriganti della nostra città.

Quando un cane pensa e riflette lo fa secondo una logica che a noi umani è ormai preclusa, tanto ci siamo sforzati di allontanarci dalla nostra primigenia bestialità che siamo diventati...dei veri animali. E in questo contrasto fra umanizzazione canina e bestialità umane si tessono le avventure della cagnolina Nula in un romanzo che si legge tutto d'un fiato, senza sbavature e inutili moralismi, Giuseppe Pederiali ci introduce in un'affascinante Milano da cani.
Giuseppe Pederiali (Finale Emilia, 16 luglio 1937 – Milano, 3 marzo 2013) ha vissuto a Milano per molti anni avendo modo di apprezzare, come lui stesso ci aveva confermato, il fascino tutto particolare della città ambrosiana alla quale aveva già dedicato il bellissimo romanzo "Il Ponte delle Sirenette".

La copertina del Romanzo uscito nel 2012
Padron Giuseppe nel suo studio e la "neo autrice" Nula

Giuseppe Pederiali e Nula in un giardino di Milano

Nella foto dal'archivio di Valentino De Carlo, la via Sant'eusebio negli anni 20, che all'epoca si chiamava via Vesuvio, la strada dove abita quell'arguto esemplare di Jack Russell Terrier che è Nula, protagonista del romanzo di Giuseppe Pederiali.


Bernabò Visconti fu famoso e e altresì famigerato per la sua passione per i cani.
Fu Signore di Milano dal 1349, dapprima in coabitazione con i fratelli Matteo II e Galeazzo II., fino al 1385 quando un colpo di mano ad opera del nipote Gian Galeazzo lo privò del potere.



Bernabò Visconti ritratto da Agostino Caironi, dipinto appartenente alla Raccolta dell’ Ospedale Maggiore.

Nel 1350 Bernabò convolò a giuste nozze con Beatrice Regina della Scala, figlia del Signore di Verona Mastino II, nipote di Can Francesco della Scala, che fu poi nomato Cangrande I. Se a questo punto ci aggiungiamo che Mastino fu anche il nome scelto per uno dei figli del Bernabò possiamo, con facile umorismo moderno, affermare che quell’uomo aveva una vera predilezione per i cani.


Nella foto ACAdeMI King Atall il ritratto scultoreo di Berrnabò Visconti che campeggia fra le decorazioni del palazzo dell’Hotel dei Cavalieri in piazza Missori, eretto nel 1949 su progetto di Emilio Lancia e Gio Ponti.



Bernabò Visconti fu un grande amante dei cani, si racconta infatti che ne possedesse ben cinquemila e dato che la più amata attività del signore era la caccia del cinghiale, ben si comprende come tale quantità fosse giustificata dalle pratiche necessità.

Nella foto dal sito studyblue com il funebre monumento equestre di Bernabò Visconti, opera di Bonino da Campione, che originariamente si trovava nella chiesa di San Giovanni in Conca e che oggi è collocato all’interno del Castello.


Data la numerosità della popolazione canina di sua proprietà Bernabò non poteva ospitarla interamente a palazzo e quindi decise di distribuirla presso i propri sudditi, i quali avrebbero dovuto provvedere a mantenere in buona salute i cani loro affidati.. Periodicamente questi dovevano recarsi alla casa del signore per farne verificare le condizioni. Qualora apparissero in cattiva forma venivano inflitte pene severissime. Da questo parrebbe derivare l'espressione milanese alla cà di can, ovvero "alla casa del cane" per indicare l'angoscia di recarsi dal signore in tali circostanze.

Nell’immagine la Chiesa di San Giovanni in Conca con la "Ca di Can" nella celeberrima incisione di Marcantonio del Re
La basilica di San Giovanni in Conca risale al IV secolo ed era situata in un quartiere residenziale romano, del quale sono stati rinvenuti alcuni resti di pavimentazione a mosaico, oggi ospitati nel Museo archeologico di Milano.
Fu riedificata nell'XI secolo, fu distrutta nel 1162 dal Barbarossa e riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del palazzo ducale, divenne la cappella gentilizia dei Visconti.


Nell’immagine una cartolina pittorica di piazza Missori


Fu soprattutto Bernabò Visconti a mutare l'aspetto della chiesa, pur lasciando intatta gran parte della struttura romanica. Bernabò la intese come chiesa palatina, avendo realizzato accanto ad essa il suo grandioso palazzo, con una corte di rimessaggio nella quale spiccava un portico mattonato con colonne lignee e un ben più ampio cortile posteriore con un rigoglioso giardino cinto da portici.




Cartolina dei primi anni del 900 quando ancora era presente intatta la chiesa e, gli uffici Comunali occupavano lo stesso spazio della famigerata Ca di Can e riportavano come fregi "teste di cane" a ricordo dello scomparso edificio.

Il sontuoso palazzo di Bernabò fu, dopo la sua morte, abitazione di numerosi altri Visconti, prima di passare in diverse mani, ma questa è storia che racconteremo un’altra volta, fino al 1944,
anno in cui il famigerato piccone demolitore ne distrusse ogni vestigia lasciando quel moncone semicircolare dell’antica Basilica al centro dell’odierna piazza Missori.


Nella foto d’epoca l’antico complesso ecclesiastico in corso di demolizione.


(…) la vipera che Melanesi accampa (…) ebbe a scrivere il sommo poeta, Dante chi altri,
facendo riferimento allo stemma dei Visconti, ma altri emblemi facevano parte della tradizione e quando Francesco Sforza, dopo aver sposato Bianca Maria Visconti , divenne Signore di Milano fece di questi emblemi quasi una campagna pubblicitaria, riattivandone di storici o creandone di nuovi fra i quali il nostro amatissimo cane, pardon il VELTRO.


Ecco il Veltro che fa mostra di sè sulla veste di Francesco Sforza ritratto nella Pala di San Sigismondo in Cremona, dipinta da Giulio Campi.

Questi emblemi sono simboli della vita personale di una persona più che di una famiglia e in araldica vengono chiamate per questo imprese, senza dilungarci in tecnicismi possiamo assumere che si tratti di sintetici ritratti simbolici inneggianti il soggetto che se ne investe.

Nell’immagine il nostro Veltro al guinzaglio raffigurato su uno dei preziosi Tarocchi Viscontei.

“Quietum nemo impune lacesset”, nessuno turberà impunemente la pace conquistata in modo tanto faticoso, minaccia il motto di accompagnamento. La mano divina che regge il guinzaglio del veltro è pronta a giustificare ogni atto di difesa.

Il Veltro al centro della raggiera viscontea, altro simbolo di famiglia, in uno dei soffitti del Castello Sforzesco.

Il veltro tenuto da mano divina, accucciato sotto il pino, vuole significare la quiete portata da Francesco Sforza dopo anni di lotte ed incertezze perMilano, questa impresa compare anche sul portale del Banco mediceo e a Cremona, nella chiesa di san Sigismondo, sia sugli stalli del coro che sulla cotta del duca nella bella pala di Giulio Campi collocata sull’altar maggiore.

Nell’immagine l’impresa del Veltro in un capitello del cortile della rocchetta, foto dal sito Storia di Milano.

Il Veltro sulla lastra frontale della fontana del castello

Il nostro fido quattro zampe è stato nel corso dei secoli ovviamente anche protagonista nella storia dell'arte, ritratto in svariate e simpatiche posa da pittori più o meno di grido.


Ecco il dipinto a olio su carta del pittore Ottecentesco Filippo Palizzi conservato nelle Raccolte d'Arte del Museo di Scienza e Tecnica.

Ecco un tenero ritratto di Daniele Ranzoni, conservato al GAM, che immortala il cane dei ragazzi Trubezkoy, una famiglia protagonista del mondo milanese dell'arte nel secolo scorso.
 
Il dipinto di Daniele Ranzoni

Nelle Civiche Raccolte Fotografiche del Castello è conservata questa bella immagine del fotografo Giovanni Battista Ganzini che nel 1878 ritrae un uomo vestito da caccia col suo fedele amico.

La foto del 1878 di G.B. Ganzini

Nel 2010 l’artista Velasco Vitali realizza una mostra che si snoda fra Palazzo Reale e piazza Duca d’Aosta riempiendo gli ambienti di sculture canine.

Una muta di cani in una sala di palazzo reale, foto dal sito leiweb it

Le decorazioni zoomorfe, espressioni di antiche simbologie, basti pensare alle raccolte medievali dette “Bestiari”, si ripropongono nei vari monumenti della città e il nostro amico cane come soggetto non fa eccezione.

Nella foto di Giovanni dall’Orto che inquadra una lunetta del portone principale del Duomo in basso a destra scorgiamo il nostro protagonista.

Ecco la familiare figura di un cane raffigurato in un pedicello del Duomo

Pur se rovinata la sagoma di questo pedicello del Duomo è inconfondibile, foto di Giovanni dall’Orto.
Nella foto di Luigi Binaghi un capitello nella basilica di Sant’Ambrogio
Nella foto dal sito medioevo org un capitello dalla chiesa di San Celso

Anche la Basilica di Sant’Eustorgio partecipa a questa scorribanda canide, nella cappella Portinari, sul retro dell’arca di San Pietro Martire, realizzata nel 1336 da Giovanni di Balduccio, troviamo una luccicante coppia di quattro zampe.

Particolare dell'Arca di San Pietro Martire in S. Eustorgio

Una graziosa coppia di cani, maschio e femmina, scolpiti in marmo bianco da una manifattura toscana alla fine del XVIII secolo, presidia l’ingresso dell’androne al piano terra del Museo Mangini Bonomi in via dell’Ambrosiana.


Foto dal sito del Museo Mangini Bonomi

Palazzo Borromeo d’Adda in via Manzoni 39-41, nel secondo cortile, ospita la statua di una graziosa fanciulla accompagnata da un simpatico cagnolino.

Foto di Mario de Biasi

Una delle statue poste nelle nicchie di uno dei caselli della cosiddetta “Barriera di Porta Orientale”, Porta Venezia, scolpita nel marmo da Gaetano Monti, nel 1932, rappresenta la “Fedeltà” e raffigura una donna che con una mano tiene una chiave e con l’altra accarezza un cane.


Foto dal sito certosa cineca it

Piazza Missori, fra le decorazioni parietali dell’Hotel dei Cavalieri, edificio progettato da Emilio Lancia e Gio Ponti, realizzato nel 1949, ecco comparire il nostro protagonista.

Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera

Anche la villa Faccanoni Romeo in via Buonarroti, capolavoro Liberty dell'architetto Sommaruga,
ci presenta fra le varie tematiche decorative zoomorfe la bella sagoma di un cane che gioca con gli immancabili amorini.


Foto di Raymond Dejong

Percorrendo la via Desiderio da Settignano 22, in uno dei quartieri più rilassanti e piacevoli da guardare della nostra città, può capitare, ed in effetti capita, di imbattersi in un “attenti al cane” decisamente particolare.

Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera

Un’affresco dal tema di ispirazione Visconteo-Sforzesca mostra una coppia di orgogliosi “can del Bernabò”, in un androne di via Bianca di Savoia.

Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera

Un delizioso e ozioso cagnolone riposa beatamente sdraiato su di una panchina in un giardino di via Tortona

Foto Archivio ACAdeMI Lorenzo La Greca Francesco

Nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore uno spettacolare affresco di Bernardino Luini raffigura l’ingresso nell’arca di Noè delle coppie di animali che aiuteranno a ripopolare la terra dopo il Diluvio Universale, naturalmente anche i nostri fidati amici fanno parte dell’eletta schiera. 


Particolare dell'affresco di Bernardino Luini

Anche a Palazzo Sormani, sede della Biblioteca Centrale Comunale, è possibile ritrovare il nostro amato beniamino, nella Sala del Grechetto, al secolo Baldassarre Castiglioni, grande pittore di epoca barocca, è posizionato una sua grande opera, suddivisa in 25 pannelli su tela, che raffigura il mito di Orfeo ritratto in un paesaggio fantastico nel quale campeggiano animali di ogni specie. Originariamente l'opera si trovava all'interno del palazzo Lonati Verri, andato distrutto a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e che si trovava fra le vie Verri e Montenapoleone, una donazione da parte della famiglia proprietaria lo trasferì a palazzo Sormani nel 1880.
Recenti studi portano ad ipotizzare la realizzazione di questo grande ciclo pittorico da parte di un ignoto pittore di scuola fiamminga, addirittura riconoscendo alcuni interventi per mano di Jan Brueghel il Giovane. Di fatto la sala mantiene comunque la denominazione dedicata al Grechetto.

Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante un cane, foto dal sito del Comune di Milano
Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante Orfeo ai cui piedi troviamo un cane ed un lupo, foto dal sito del Comune di Milano
Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante un Lupo, foto dal sito del Comune di Milano

Accanto ai nostri beneamati cagnolini in giro per Milano è infatti possibile trovare esemplari appartenenti alla stessa famiglia ma con un indole decisamente più selvatica ed aggressiva, Come ad esempio  presso la Ferrario di via Spadari, costruita nel 1904 su progetto di Ernesto Pirovano, rappresenta uno degli esempi più gradevoli del Liberty Milanese, impreziosita dai ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli che nel disegno dei balconi inserisce delle teste canine.

Dettaglio dei ferri battuti di casa Ferrario

Ancora Mazzucotelli e le inconfondibili sagome di cane, un po’ ringhiose, che spiccano da una grata del Palazzo Berri Meregalli in via Cappuccini 8.

Dettaglio dei ferri battuti di casa Berri Meregalli

Anche questa decorazione di Mazzucotelli rimanda al nostro assunto e ci guata furiosa da un cancello di Palazzo Berri Meregalli in via Cappuccini 8


Foto dal sito vieniminelcuore it

Capolavoro dell’architetto Giulio Ulisse Arata, il Palazzo Berri Meregalli, del 1913, è un campionario di decorazioni e di sorprese, come questa testa di famelico lupo rivelata da un ingrandimento fotografico.


Dettaglio della decorazione zoomorfa a testa di lupo in Palazzo Berri Meregalli

Fra i mosaici che arricchiscono la pavimentazione della Galleria Vittorio Emanuele è facile scorgere lo stemma della città di Roma con la regolamentare lupa che allatta Romolo e Remo.




Particolare della pavimentazione a mosaico della Galleria

Il simbolo della città eterna campeggia anche nell’edificio del Banco di Roma, del 1946, in piazza Edison

Foto Archivio ACAdeMI Martinella di Milano

Al civico n 7 di Piazzale Lagosta ecco di nuovo la lupa romana sul coronamento dell’edificio.

Piazzale Lagosta


Ecco uno dei tanti esempi di Lupa presenti fra le decorazioni della Stazione Centrale.

Foto di Luigi Petrazzoli

Fiero e guardingo questo lupo metropolitano sorveglia il territorio dalla sommità dell’arco di ingresso dell’edificio anni 30 al n° 7 di Piazzale Lodi.


Piazzale Lodi 7, Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera

Al civico n 21 di Corso Venezia, un’autentica reliquia della nostra città, il bassorilievo che riproduce una lupa accucciata è un reperto sfuggito alla demolizione della Porta Orientale avvenuta nel 1819.


Corso Venezia 21 Foto ACAdeMI Abramson

Qui si conclude la nostra passeggiata, certamente non esaustiva, altri soggetti sono infatti presenti in giro per la città, speriamo di aver solleticato la vostra curiosità.


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