Dedicato a Giuseppe Pederiali
Dedicato a Nula che ci ha lasciati il 7 Aprile
Nel 2012 esce il romanzo "L'Amore Secondo Nula", ambientato a Milano, è un romanzo raccontato
in prima persona dalla cagnolina Nula, che è il nome del cane realmente
posseduto da Pederiali, che agisce in una Milano a "visione" di cane dove gli spazi
architettonici incombono da prospettive insolite e raccontano inedite storie di sè, presentandoci situazioni inconsuete
ed intriganti della nostra città.
Quando un cane pensa e riflette lo fa secondo una logica che a noi umani è ormai preclusa, tanto ci siamo
sforzati di allontanarci dalla nostra primigenia bestialità che siamo
diventati...dei veri animali. E in questo contrasto fra umanizzazione canina e
bestialità umane si tessono le avventure della cagnolina Nula in un romanzo che
si legge tutto d'un fiato, senza sbavature e inutili moralismi, Giuseppe
Pederiali ci introduce in un'affascinante Milano da cani.
Giuseppe Pederiali (Finale Emilia, 16
luglio 1937 – Milano, 3 marzo 2013) ha vissuto a Milano per molti anni avendo modo di
apprezzare, come lui stesso ci aveva confermato, il fascino tutto particolare
della città ambrosiana alla quale aveva già dedicato il bellissimo romanzo "Il
Ponte delle Sirenette".
La copertina del Romanzo uscito nel 2012 |
Padron Giuseppe nel suo studio e la "neo autrice" Nula |
Giuseppe Pederiali e Nula in un giardino di Milano |
Nella foto dal'archivio di Valentino De Carlo, la via Sant'eusebio negli anni 20,
che all'epoca si chiamava via Vesuvio, la strada dove abita quell'arguto esemplare di
Jack Russell Terrier che è Nula, protagonista del romanzo di Giuseppe Pederiali.
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Bernabò Visconti fu
famoso e e altresì famigerato per la sua passione per i cani.
Fu Signore di Milano dal 1349, dapprima in coabitazione con i fratelli
Matteo II e Galeazzo II., fino al 1385 quando un colpo di mano ad opera del
nipote Gian Galeazzo lo privò del potere.
Bernabò Visconti ritratto da Agostino Caironi, dipinto appartenente alla Raccolta
dell’ Ospedale Maggiore.
Nel 1350 Bernabò convolò
a giuste nozze con Beatrice Regina della Scala, figlia del Signore di Verona
Mastino II, nipote di Can Francesco della Scala, che fu poi nomato
Cangrande I. Se a questo punto ci aggiungiamo che Mastino fu anche il nome
scelto per uno dei figli del Bernabò possiamo, con facile umorismo
moderno, affermare che quell’uomo aveva una vera predilezione per i cani.
Nella foto ACAdeMI King Atall il ritratto
scultoreo di Berrnabò Visconti che campeggia fra le decorazioni del palazzo
dell’Hotel dei Cavalieri in piazza Missori, eretto nel 1949 su progetto di Emilio
Lancia e Gio Ponti.
Bernabò Visconti fu un grande amante
dei cani, si racconta infatti che ne possedesse ben cinquemila e dato che la più
amata attività del signore era la caccia del cinghiale, ben si comprende come tale quantità fosse giustificata dalle pratiche necessità.
Data la numerosità della
popolazione canina di sua proprietà Bernabò non poteva ospitarla interamente a
palazzo e quindi decise di distribuirla presso i propri sudditi, i quali
avrebbero dovuto provvedere a mantenere in buona salute i cani loro affidati.. Periodicamente questi dovevano recarsi alla casa
del signore per farne verificare le condizioni. Qualora apparissero in cattiva
forma venivano inflitte pene severissime. Da questo parrebbe derivare l'espressione milanese alla cà di can,
ovvero "alla casa del cane" per indicare l'angoscia di recarsi dal
signore in tali circostanze.
Nell’immagine la
Chiesa di San Giovanni in Conca con la "Ca di Can" nella celeberrima
incisione di Marcantonio del Re
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La basilica di San
Giovanni in Conca risale al IV secolo ed era situata in un quartiere
residenziale romano, del quale sono stati rinvenuti alcuni resti di
pavimentazione a mosaico, oggi ospitati nel Museo archeologico di Milano.
Fu riedificata nell'XI secolo, fu distrutta nel 1162 dal
Barbarossa e riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del
palazzo ducale, divenne la cappella gentilizia dei Visconti.
Nell’immagine una cartolina
pittorica di piazza Missori |
Fu soprattutto Bernabò
Visconti a mutare l'aspetto della chiesa, pur lasciando intatta gran parte della
struttura romanica. Bernabò la intese come chiesa palatina, avendo realizzato
accanto ad essa il suo grandioso palazzo, con una corte di rimessaggio nella quale spiccava
un portico mattonato con colonne lignee e un ben più ampio cortile posteriore
con un rigoglioso giardino cinto da portici.
Il sontuoso palazzo di
Bernabò fu, dopo la sua morte, abitazione di numerosi altri Visconti, prima di
passare in diverse mani, ma questa è storia che racconteremo un’altra volta,
fino al 1944,
anno in cui il famigerato piccone demolitore ne distrusse ogni
vestigia lasciando quel moncone semicircolare dell’antica Basilica al centro
dell’odierna piazza Missori.
Nella foto d’epoca l’antico complesso ecclesiastico in corso di demolizione. |
(…) la vipera che Melanesi accampa (…) ebbe a scrivere il sommo poeta, Dante chi altri,
facendo riferimento allo stemma dei Visconti, ma altri emblemi facevano parte della tradizione e quando Francesco Sforza, dopo aver sposato Bianca Maria Visconti , divenne Signore di Milano fece di questi emblemi quasi una campagna pubblicitaria, riattivandone di storici o creandone di nuovi fra i quali il nostro amatissimo cane, pardon il VELTRO.
Ecco il Veltro che fa mostra di sè sulla veste di Francesco Sforza ritratto nella Pala di San Sigismondo in Cremona, dipinta da Giulio Campi. |
Questi emblemi sono
simboli della vita personale di una persona più che di una famiglia e in araldica vengono chiamate per questo imprese, senza
dilungarci in tecnicismi possiamo assumere che si tratti di sintetici ritratti
simbolici inneggianti il soggetto che se ne investe.
Nell’immagine il nostro Veltro al guinzaglio raffigurato su uno dei preziosi Tarocchi Viscontei. |
“Quietum nemo impune
lacesset”, nessuno turberà impunemente la pace conquistata in modo tanto
faticoso, minaccia il motto di accompagnamento. La mano divina che regge il
guinzaglio del veltro è pronta a giustificare ogni atto di difesa.
Il Veltro al centro
della raggiera viscontea, altro simbolo di famiglia, in uno dei soffitti del
Castello Sforzesco.
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Il veltro tenuto da mano divina, accucciato sotto il pino, vuole significare la quiete
portata da Francesco Sforza dopo anni di lotte ed incertezze perMilano, questa impresa compare anche sul portale del
Banco mediceo e a Cremona, nella chiesa di san Sigismondo, sia sugli stalli del
coro che sulla cotta del duca nella bella pala di Giulio Campi collocata
sull’altar maggiore.
Nell’immagine
l’impresa del Veltro in un capitello del cortile della rocchetta, foto dal sito
Storia di Milano.
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Il Veltro sulla lastra frontale della fontana del castello
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Il nostro fido
quattro zampe è stato nel corso dei secoli ovviamente anche protagonista nella
storia dell'arte, ritratto in svariate e simpatiche posa da pittori più o meno
di grido.
Ecco il dipinto a olio su carta del pittore Ottecentesco Filippo Palizzi conservato nelle Raccolte d'Arte del Museo di Scienza e Tecnica. |
Ecco un tenero
ritratto di Daniele Ranzoni, conservato al GAM, che immortala il cane dei
ragazzi Trubezkoy, una famiglia
protagonista del mondo milanese dell'arte nel secolo scorso.
Nelle Civiche Raccolte
Fotografiche del Castello è conservata questa bella immagine del fotografo
Giovanni Battista Ganzini che nel 1878 ritrae un uomo vestito da caccia col
suo fedele amico.
La foto del 1878 di G.B. Ganzini |
Nel 2010 l’artista
Velasco Vitali realizza una mostra che si
snoda fra Palazzo Reale e piazza Duca d’Aosta riempiendo gli ambienti di sculture canine.
Una muta di cani in una sala di palazzo reale, foto dal sito leiweb it |
Le decorazioni
zoomorfe, espressioni di antiche simbologie, basti pensare alle raccolte
medievali dette “Bestiari”, si ripropongono nei vari monumenti della città e il nostro
amico cane come soggetto non fa eccezione.
Nella foto di Giovanni dall’Orto che inquadra una lunetta del portone principale del Duomo in basso a destra scorgiamo il nostro protagonista.
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Ecco la familiare figura di un cane raffigurato in un pedicello del Duomo |
Pur se rovinata la sagoma di questo pedicello
del Duomo è inconfondibile, foto di Giovanni dall’Orto.
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Nella foto di Luigi Binaghi un capitello
nella basilica di Sant’Ambrogio
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Nella foto dal sito medioevo org un capitello dalla chiesa di San Celso |
Anche la Basilica di
Sant’Eustorgio partecipa a questa scorribanda canide, nella cappella Portinari,
sul retro dell’arca di San Pietro Martire, realizzata nel 1336 da Giovanni di Balduccio, troviamo una luccicante coppia di quattro zampe.
Particolare dell'Arca di San Pietro Martire in S. Eustorgio |
Una graziosa coppia di cani, maschio e femmina, scolpiti in marmo bianco da una manifattura toscana alla fine del XVIII secolo, presidia l’ingresso dell’androne al piano terra del Museo
Mangini Bonomi in via dell’Ambrosiana.
Foto dal sito del Museo Mangini Bonomi |
Palazzo Borromeo d’Adda
in via Manzoni 39-41, nel secondo cortile, ospita la statua di una graziosa fanciulla accompagnata da un simpatico cagnolino.
Foto di Mario de Biasi
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Una delle statue poste nelle nicchie di uno dei caselli della
cosiddetta “Barriera di Porta Orientale”, Porta Venezia, scolpita nel marmo da Gaetano Monti, nel 1932, rappresenta la “Fedeltà” e
raffigura una donna che con una mano tiene una chiave e con l’altra accarezza un cane.
Foto dal sito certosa
cineca it
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Piazza Missori, fra le
decorazioni parietali dell’Hotel dei Cavalieri, edificio progettato da Emilio Lancia e Gio Ponti, realizzato nel 1949, ecco comparire il nostro protagonista.
Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera |
Anche la villa Faccanoni
Romeo in via Buonarroti, capolavoro Liberty dell'architetto Sommaruga,
ci presenta fra le varie tematiche decorative zoomorfe la
bella sagoma di un cane che gioca con gli immancabili amorini.
Foto di Raymond Dejong |
Percorrendo la via
Desiderio da Settignano 22, in uno dei quartieri più rilassanti e piacevoli da guardare della nostra città, può capitare, ed in effetti capita, di
imbattersi in un “attenti al cane” decisamente particolare.
Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera
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Un’affresco dal tema di
ispirazione Visconteo-Sforzesca mostra una coppia di orgogliosi “can del Bernabò”, in un androne di via Bianca di Savoia.
Foto Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera
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Un delizioso e ozioso cagnolone riposa beatamente sdraiato su di una panchina in un giardino di via Tortona
Foto Archivio ACAdeMI Lorenzo La Greca Francesco |
Nella chiesa di San
Maurizio al Monastero Maggiore uno spettacolare affresco di Bernardino Luini raffigura l’ingresso nell’arca di Noè delle coppie di animali
che aiuteranno a ripopolare la terra dopo il Diluvio Universale, naturalmente
anche i nostri fidati amici fanno parte dell’eletta schiera.
Particolare dell'affresco di Bernardino Luini |
Anche a Palazzo Sormani, sede della Biblioteca Centrale Comunale, è possibile ritrovare il nostro amato beniamino, nella Sala del Grechetto, al secolo Baldassarre Castiglioni, grande pittore di epoca barocca, è posizionato una sua grande opera, suddivisa in 25 pannelli su tela, che raffigura il mito di Orfeo ritratto in un paesaggio fantastico nel quale campeggiano animali di ogni specie. Originariamente l'opera si trovava all'interno del palazzo Lonati Verri, andato distrutto a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e che si trovava fra le vie Verri e Montenapoleone, una donazione da parte della famiglia proprietaria lo trasferì a palazzo Sormani nel 1880.
Recenti studi portano ad ipotizzare la realizzazione di questo grande ciclo pittorico da parte di un ignoto pittore di scuola fiamminga, addirittura riconoscendo alcuni interventi per mano di Jan Brueghel il Giovane. Di fatto la sala mantiene comunque la denominazione dedicata al Grechetto.
Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante un cane, foto dal sito del Comune di Milano |
Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante Orfeo ai cui piedi troviamo un cane ed un lupo, foto dal sito del Comune di Milano |
Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, dettaglio raffigurante un Lupo, foto dal sito del Comune di Milano |
Accanto ai nostri beneamati cagnolini in giro per Milano è infatti possibile trovare esemplari appartenenti alla stessa famiglia ma con un indole decisamente più selvatica ed aggressiva, Come ad esempio presso la Ferrario di via Spadari, costruita nel 1904 su
progetto di Ernesto Pirovano, rappresenta uno degli esempi più gradevoli del Liberty
Milanese, impreziosita dai ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli che nel disegno dei balconi inserisce delle teste canine.
Dettaglio dei ferri battuti di casa Ferrario |
Dettaglio dei ferri battuti di casa Berri Meregalli |
Anche questa decorazione
di Mazzucotelli rimanda al nostro assunto e ci guata furiosa da un cancello di Palazzo Berri Meregalli in via Cappuccini 8
Foto dal sito
vieniminelcuore it
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Capolavoro
dell’architetto Giulio Ulisse Arata, il Palazzo Berri Meregalli, del 1913, è un
campionario di decorazioni e di sorprese, come questa testa di famelico lupo rivelata da un ingrandimento fotografico.
Dettaglio della decorazione zoomorfa a testa di lupo in Palazzo Berri Meregalli |
Fra i mosaici che
arricchiscono la pavimentazione della Galleria Vittorio Emanuele è facile
scorgere lo stemma della città di Roma con la regolamentare lupa che allatta Romolo e Remo.
Particolare della pavimentazione a mosaico della Galleria |
Il simbolo della città
eterna campeggia anche nell’edificio del Banco di Roma, del 1946, in piazza
Edison
Foto Archivio ACAdeMI Martinella di Milano |
Al civico n 7 di
Piazzale Lagosta ecco di nuovo la lupa romana sul coronamento dell’edificio.
Piazzale Lagosta |
Ecco uno dei tanti esempi di Lupa presenti fra le decorazioni della
Stazione Centrale.
Foto di Luigi Petrazzoli |
Fiero e guardingo questo
lupo metropolitano sorveglia il territorio dalla sommità dell’arco di ingresso dell’edificio anni 30 al n° 7 di Piazzale Lodi.
Piazzale Lodi 7, Archivio ACAdeMI Roberto Bagnera |
Al civico n 21 di Corso
Venezia, un’autentica reliquia della nostra città, il bassorilievo che riproduce una lupa accucciata è un reperto sfuggito alla demolizione
della Porta Orientale avvenuta nel 1819.
Corso Venezia 21 Foto ACAdeMI Abramson |
Qui si conclude la nostra passeggiata, certamente non esaustiva, altri soggetti sono infatti presenti in giro per la città, speriamo di aver solleticato la vostra curiosità.
Il palazzo con la lupa è il civico 7 di via Garigliano, non di Pisazzale Lagosta.
RispondiEliminaVero, grazie
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