lunedì 7 novembre 2011

Dell’Usura Rolando di Bari

Quella fonte inesauribile di studi e ricerche rappresentata dai documenti conservati nell’ Archivio Storico Civico di Vigevano in gran parte ancora sconosciuti al grande pubblico, ci fornisce ancora una volta  Io spunto per una riflessione su di un argomento delicato, una vera piaga, grave e purulenta, del nostro tempo: l’usura.

Senza voler entrare nei meriti legale e penale del fenomeno aspetti che esulano dalla nostra competenza ci sembra opportuno che a tale problema, esistente fin dai tempi più antichi gli Organi di governo locali, più di mezzo millennio fa, avevano cercato di porre dei freni, dimostrando così un senso di responsabilità e una sensibilitá ai problemi della comunità sicu ramente maggiori a quelli degli amministratori d'oggigiorno.

Come ricordato nel titolo, l'usura (prestito di denaro, per il quale viene richiesto un interesse eccessivo è esistita in o gni tempo,senza distinzione di luogo o di razza.

Ampiamente documentata nell'antico Egitto, praticata tra i Greci,  rappresentò nella realtà l’ossatura economica dell' Impero. Non ne erano immuni i Popoli cosiddetti Barbari,ne usarono tranquillamente i regnanti a ogni latitudine e longitudine, ne furono vittime po polani e nobili proletari e imprenditori.

Ma fu sempre considerata fuorilegge e, ove possibile, perseguita penalmente. In qualche caso essendosi dimostrato impossibile estirparne le radici (so prattutto perchè è sempre esistita una "utenza" a giustificarne, anzi a richiederne l’sistenza), si cercò di darle un minimo di regolamentazione.

E' quanto avviene a Vigevano nel 1435: un documento datato maggio (A.S.C.V. art. 52 5 §1, “Convocati del Consiglio Generale" n. 4, fol. 97/r.), precisa    che:  “il Consiglio Comunale convocato e congregato su mandato di Francischus de Bertonis vicario del Podestà Bastianus de Moscardis, al suono della campana e alla voce del banditore, dopo la lettura di sei capitoli degli statuti sugli ebrei, delibera che gli ebrei, prestatori di denaro, ricevano come interesse 12 denari al fiorino per ogni mese; se il prestito proseguirà oltre il mese, ma meno di un mese e mezzo, riceveranno per un mese e mezzo di prestito; se invece durerà oltre il mese e mezzo, ma meno di due mesi, riceveranno per due mesi di prestito e così via, per i mesi successivi.

Il documento è integrato, al verso, da una seconda delibera:"Il Consiglio Generale convocato, su mandato di Francischus de Bertanis vicario del Podesta Bastianus de Moscardis, delibera all’ ebreo Salomon de Gallis di venire ad abitare con la sua famiglia per praticare l'usura a norma dei 27 capitoli sui diritti degli ebrei, riguardanti le materie: ceIebrazioni di festività ebraiche; accettazione come pegno di qualunque bene tranne di quelli ecclesiastici; garanzie di pagamento per il denaro dato in prestito; non obbligo di restituzione dei pegni custoditi che siano stati rubati o incendiati.

Molto significativi sono due documenti più tardi, che comprovano come nemmeno gli enti pubblici potessero fare a meno di ricor rere all'usura:il 5 marzo 1450 "Il Consiglio Generale, convocato e congregato su mandato di Johannes de Sichis di Caravaggio, Podestà di Vigevano, al suono della campana e alla voce del banditore delibera che la somma di 255 ducati d’oro da consegnare a "Gasparus Delpiglio sia pagata con 150 ducati prestati dall' ebreo Datilus e irimanenti 105 siano forniti dalla comunità”.

Il 31 marzo dello stesso 1450 "Il Consiglio Generale etc…” delibera che i sindaci eletti dalla Comunità assicurino e diano garanzie all’ebreo  Datilus    per il (denaro da lui prestato al Comune” ( A.S.CV., art.52 §:1,"Convocati del Consiglio Generale'' n 6, fol 13\v e 17\r).

E’ interessante rilevare come da questi documenti risulti evidente la buona considerazione in cui erano tenuti gli ebrei (che giá allora detenevano il quasi completo monopolio dell' usura).


Quasi che la loro professione fosse una sorta dì "funzione sociale"; lo stesso insediamento di ebrei all’interno della Comunità vigevanese era ben visto, così sembra, dal popolo e dai suoi rappresentanti, e la loro attività godeva anche di una certa protezione (si vedano i commi della seconda delibera citata).

 E' inoltre importante notare il rilievo dato all'obbligo per gli ebrei usurai di “accettazione come pegno” di qualunque bene, tranne di quelli ecclesiastici, a evidenziare come neppure il clero si facesse scrupolo di ricorrere all’usura impegnandovi le proprietá ecclesiastiche.

Purtroppo, in nessuna delle delibere citate, né in altri documenti è precisato se fossero previste pene per i contravventori, nè se sisiano mai rilevate infrazioni alle delibere stesse, ma è poco probabile che in questo settore la mano degli amministratori della giustizia rinascimentale fosse pesante come in altri settori.


Va comunque dato atto ai Consiglieri della Comunita vigevanese di buona volontà nel cercare di regolamentare una materia delicata, l’usura, che nella realtà della vita pratica si dimostrava di insostituibile supporto all’economia tanto nel commercio e nelle attività produttive quanto nell'amministrazione pubblica.


(2001 Annuario della Fondazione Milano Policroma)

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