Divano nello stile tipico di Carlo Bugatti realizzato nel 1902 |
Proprio
per tal motivo questa corrente artistica viene definita Art Noveau, termine che
deriva dal nome di un negozio di Parigi aperto dal commerciante tedesco Samuel
Bing, esperto di arte giapponese.
L'art
Noveau, pur conservando tratti comuni, assume aspetto eterogeneo, ovvero si
manifesta con sfumature diversificate secondo le relative tradizioni culturali
di ogni Paese e quindi adotta anche denominazioni differenti: in Catalogna
viene definita Modernismo; in
Germania Jugendstil (dalla rivista Jugend); in Austria Secessione (dal
nome di un'associazione di artisti); in Inghilterra Liberty (da Arthur
Liberty proprietario di una ditta londinese) e in Italia Floreale o Liberty.
La
"nuova arte», ispirata alla morfologia vegetale, studiata con
intelligenza, grande sensibilità e scrutata attentamente nei suoi aspetti più
nascosti, si basa sulle linee curve, sull'asimmetria, sull'esaltazione
dell'originalità e sulla perizia artigiale.
Apparentemente
l'Art Noveau sembrerebbe scevra da ogni imitazione e da ogni tentazione al
ritorno dei passato, ma in realtà le teorie e le ricerche di William Morris,
personalità inglese di maggior spicco, si volgono, se non nelle
concretizzazioni bensi nelle intenzioni, parte all'arte orientale (di gran
moda) che non dimentica la natura, vuoi al recupero dei Medioevo laborioso e
semplice in cui si esaltava lo spirito collettivo che aveva condotto a
risultati di altissimo livello.
Morris
denuncia la bruttezza, la corruzione dei prodotti artistici dei tempo, lo
sviluppo disordinato delle città, la divisione dei processo industriale che
riduce l'operaio ad un automa ed attribuisce la colpa di tutto questo alla
civiltà delle macchine, pertanto propone un ritorno all'artigianato auspicando
che l'artista diventi artigiano e l'artigiano artista. Egli sogna che le arti
maggiori stringano un rapporto con le arti così dette minori e che tutti
possano godere dell'arte.
Il
controsenso sta proprio qui: l'alto costo della produzione artigianale, la
scelta di materiali di elevata qualità e il contributo delle virtù creative
degli artisti sono gli elementi che in realtà fanno si che l'Art Noveau sia a
disposizione di pochi.
Comunque,
Morris riesce ad elevare il livello qualitativo di ogni arte e lo stretto
rapporto da lui costituito fra arte e società dà inizio al Movimento Moderno
dell'architettura, alla figura dei design e soprattutto stimola il sorgere di
una società, Art & Crafts, che raggruppa artisti (di conseguenza botteghe)
che lavorando assieme mirano allo stesso obiettivo per ottenere il miglior
risultato.
Tutto
questo facilita la diffusione dei prodotti, ovviamente prestigiosi, inglesi:
ecco perchè si parla quasi eslusivamente di stile Liberty.
Tale
fermento artistico coinvolge con Esposizioni, riviste specifiche e associazioni
(come abbiamo visto) tutti i Paesi d'Europa e di oltre oceano, quindi, seppur
in ritardo ed in forma riflessa, anche l'Italia.
Dapprima
l'Art Noveau si manifesta nelle città dei nord e a livello architettonico
(Sommaruga ‑Fenoglio ‑ Basile ecc. ), poi coinvolge ogni attività artistica
(vetrerie di G. Buffa ‑ ferri artistici di Mazzucotelli) .
Come
ho accennato l'Italia non brilla di luce propria bensì riflessa e traendo
ispirazione dalle tendenze straniere finisce per esprimersi con un Liberty, o
meglio Floreale, eterogeneo più che mai, vuoi perchè strettamente legato alla
personalità dell'artista disegnatore o ebanista, vuoi perchè miscelato con il
regionalismo che, malgrado il nuovo vento ispiratore, continua a perdurare.
Torino
e Milano, suffragate sia dall'alto livello economico raggiunto sia per il grado
di cultura conquistato, sono le prime città che si fanno promotrici della nuova
espressione, la quale raggiunge il clou nel 1906 all'Esposizione tenutasi nella
capitale lombarda.
Innovatore
per eccellenza Carlo Bugatti. Indipendente da ogni schema, con la fantasia che
galoppa a bríglie sciolte, con una creatività spregiudicata e bizzarra, con una
fertilissima immaginazione, egli si impone non tanto come libertyano quanto
come artenovista, poichè interpreta il nuovo pensiero nel suo profondo
significato.
La
sua produzione, non definibile stilisticamente in quanto contiene dí tutto un
po', origina critiche in netta antitesi. Certo è che la sua espressione si
manifesta attraverso l'eclettismo più esasperato, ed imprime ai suoi mobílì e
ai suoi oggetti un "sapore" cosmopolita sottolineato dai materiali
più eterogenei utilizzati per le creazioni: dalle essenze lignee alla pergamena
dipinta; dal rame al peltro e all'ottone; dalle nappe ai campanellini e alle
cordonature;dall'avorio all'osso e alla madreperla e così via.
Vetrina in noce indiano con intarsi in madreperla realizzata dalla bottega di Eugenio Quarti nel 1902 |
L'artista
che invece conquista l'appellativo di "orafo che costruisce scrigni di
gemme» è Eugenio Quarti. Egli, dopo aver fatto un periodo di apprendistato
nella bottega di Bugatti, si dedica agli arredí completì (Bar Campari, il
Biffi, grandi alberghi e palazzi privati di Milano, Casinò e Gran Hotel di S.
Pellegrino Terme, ecc.) collaborando anche con l'architetto Sommaruga.
Egli, con grande intelligenza, sensibilità,
abilità e raffinatezza, amalgama e filtra le varie tendenze dell'Art Noveau e,
cogliendo la semplicità strutturale dagli artisti inglesi, la linearità dal
belga Hoffman, la delicatezza dei motivi decorativi, (ovviamente floreali dalla
Scuola di Nanci, l'arte dell'incastonatura da Bugatti, sfocia in un'espressione
personale di estrema raffinatezza e accuratezza produttiva: qualità che gli
permettono dí conquistare parecchi titoli di merito, anche internazionali.
Non
posso dimenticare di parlarvi della bottega milanese condotta dalla famiglia
Zen, da cui si evidenzia Carlo Zen.
Egli
fa suo il motto di Morris:" un arredo per tutti, una bellezza per tutti,
una casa per tutti"; pertanto, unendo sobrietà, eleganza, qualità
costruttiva e armoniosità decorativa, fonde linee curve e rette con forme
asimmetriche ottenendo un perfetto equilibrio compositivo. Carlo Zen dedica la
sua produzione tanto all'elite ( Centro di antiquariato in corso Vittorio
Emanuele di Milano) quanto all'altra fascia sociale con "La Fabbrica
Italiana Dei Mobili" di via Nino Bixio gestita dai fratelli Sicchirollo
che contribuiscono alla creazione di mobili semplici e razionali, seppur di
ottima qualità, in alternativa della produzione più lussuosa.
Concludo
asserendo che come il Liberty italiano si afferma in ritardo, altrettanto in
ritardo si esaurisce, trascinandosi in forme stanche e ripetitive fino agli
Anni Venti, tanto che ormai purtroppo ci basta un solo fiorellino, magari anche
non ben definito, per stabilire che un mobile od un oggetto appartengano a
questo stile, ma non è così.
Ferruccio Amati, Milano, 26 agosto 2000
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