martedì 11 giugno 2013

Lo Stile Liberty: Botteghe Lombarde di Ferruccio Amati



Divano nello stile tipico di Carlo Bugatti realizzato nel 1902
Questo stile si può considerare "idea di novità e modernità» sorta nella seconda metà dei XIX secolo da parecchi artisti dell'epoca che sentono l'esigenza di opporsi alla produzione dell' Ottocento; produzione industriale per lo più ispirata a rivisitazíoni storicistiche che avevano condotto niente altro che ad imitazioni eclettiche degli stili dei passato.

Proprio per tal motivo questa corrente artistica viene definita Art Noveau, termine che deriva dal nome di un negozio di Parigi aperto dal commerciante tedesco Samuel Bing, esperto di arte giapponese.

L'art Noveau, pur conservando tratti comuni, assume aspetto eterogeneo, ovvero si manifesta con sfumature diversificate secondo le relative tradizioni culturali di ogni Paese e quindi adotta anche denominazioni differenti: in Catalogna viene definita  Modernismo; in Germania Jugendstil (dalla rivista Jugend); in Austria Secessione (dal nome di un'associazione di artisti); in Inghilterra Liberty (da Arthur Liberty proprietario di una ditta londinese) e in Italia Floreale o Liberty.

La "nuova arte», ispirata alla morfologia vegetale, studiata con intelligenza, grande sensibilità e scrutata attentamente nei suoi aspetti più nascosti, si basa sulle linee curve, sull'asimmetria, sull'esaltazione dell'originalità e sulla perizia artigiale.

Apparentemente l'Art Noveau sembrerebbe scevra da ogni imitazione e da ogni tentazione al ritorno dei passato, ma in realtà le teorie e le ricerche di William Morris, personalità inglese di maggior spicco, si volgono, se non nelle concretizzazioni bensi nelle intenzioni, parte all'arte orientale (di gran moda) che non dimentica la natura, vuoi al recupero dei Medioevo laborioso e semplice in cui si esaltava lo spirito collettivo che aveva condotto a risultati di altissimo livello.

Morris denuncia la bruttezza, la corruzione dei prodotti artistici dei tempo, lo sviluppo disordinato delle città, la divisione dei processo industriale che riduce l'operaio ad un automa ed attribuisce la colpa di tutto questo alla civiltà delle macchine, pertanto propone un ritorno all'artigianato auspicando che l'artista diventi artigiano e l'artigiano artista. Egli sogna che le arti maggiori stringano un rapporto con le arti così dette minori e che tutti possano godere dell'arte.

Il controsenso sta proprio qui: l'alto costo della produzione artigianale, la scelta di materiali di elevata qualità e il contributo delle virtù creative degli artisti sono gli elementi che in realtà fanno si che l'Art Noveau sia a disposizione di pochi.

Comunque, Morris riesce ad elevare il livello qualitativo di ogni arte e lo stretto rapporto da lui costituito fra arte e società dà inizio al Movimento Moderno dell'architettura, alla figura dei design e soprattutto stimola il sorgere di una società, Art & Crafts, che raggruppa artisti (di conseguenza botteghe) che lavorando assieme mirano allo stesso obiettivo per ottenere il miglior risultato.


Tutto questo facilita la diffusione dei prodotti, ovviamente prestigiosi, inglesi: ecco perchè si parla quasi eslusivamente di stile Liberty.


Tale fermento artistico coinvolge con Esposizioni, riviste specifiche e associazioni (come abbiamo visto) tutti i Paesi d'Europa e di oltre oceano, quindi, seppur in ritardo ed in forma riflessa, anche l'Italia.


Dapprima l'Art Noveau si manifesta nelle città dei nord e a livello architettonico (Sommaruga ‑Fenoglio ‑ Basile ecc. ), poi coinvolge ogni attività artistica (vetrerie di G. Buffa ‑ ferri artistici di Mazzucotelli) .

Come ho accennato l'Italia non brilla di luce propria bensì riflessa e traendo ispirazione dalle tendenze straniere finisce per esprimersi con un Liberty, o meglio Floreale, eterogeneo più che mai, vuoi perchè strettamente legato alla personalità dell'artista disegnatore o ebanista, vuoi perchè miscelato con il regionalismo che, malgrado il nuovo vento ispiratore, continua a perdurare.

Torino e Milano, suffragate sia dall'alto livello economico raggiunto sia per il grado di cultura conquistato, sono le prime città che si fanno promotrici della nuova espressione, la quale raggiunge il clou nel 1906 all'Esposizione tenutasi nella capitale lombarda.

Innovatore per eccellenza Carlo Bugatti. Indipendente da ogni schema, con la fantasia che galoppa a bríglie sciolte, con una creatività spregiudicata e bizzarra, con una fertilissima immaginazione, egli si impone non tanto come libertyano quanto come artenovista, poichè interpreta il nuovo pensiero nel suo profondo significato.

La sua produzione, non definibile stilisticamente in quanto contiene dí tutto un po', origina critiche in netta antitesi. Certo è che la sua espressione si manifesta attraverso l'eclettismo più esasperato, ed imprime ai suoi mobílì e ai suoi oggetti un "sapore" cosmopolita sottolineato dai materiali più eterogenei utilizzati per le creazioni: dalle essenze lignee alla pergamena dipinta; dal rame al peltro e all'ottone; dalle nappe ai campanellini e alle cordonature;dall'avorio all'osso e alla madreperla e così via.
Vetrina in noce indiano con intarsi in madreperla realizzata dalla bottega di Eugenio Quarti nel 1902

L'artista che invece conquista l'appellativo di "orafo che costruisce scrigni di gemme» è Eugenio Quarti. Egli, dopo aver fatto un periodo di apprendistato nella bottega di Bugatti, si dedica agli arredí completì (Bar Campari, il Biffi, grandi alberghi e palazzi privati di Milano, Casinò e Gran Hotel di S. Pellegrino Terme, ecc.) collaborando anche con l'architetto Sommaruga.

 Egli, con grande intelligenza, sensibilità, abilità e raffinatezza, amalgama e filtra le varie tendenze dell'Art Noveau e, cogliendo la semplicità strutturale dagli artisti inglesi, la linearità dal belga Hoffman, la delicatezza dei motivi decorativi, (ovviamente floreali dalla Scuola di Nanci, l'arte dell'incastonatura da Bugatti, sfocia in un'espressione personale di estrema raffinatezza e accuratezza produttiva: qualità che gli permettono dí conquistare parecchi titoli di merito, anche internazionali.

Non posso dimenticare di parlarvi della bottega milanese condotta dalla famiglia Zen, da cui si evidenzia Carlo Zen.

Egli fa suo il motto di Morris:" un arredo per tutti, una bellezza per tutti, una casa per tutti"; pertanto, unendo sobrietà, eleganza, qualità costruttiva e armoniosità decorativa, fonde linee curve e rette con forme asimmetriche ottenendo un perfetto equilibrio compositivo. Carlo Zen dedica la sua produzione tanto all'elite ( Centro di antiquariato in corso Vittorio Emanuele di Milano) quanto all'altra fascia sociale con "La Fabbrica Italiana Dei Mobili" di via Nino Bixio gestita dai fratelli Sicchirollo che contribuiscono alla creazione di mobili semplici e razionali, seppur di ottima qualità, in alternativa della produzione più lussuosa.
Camera da letto in cirmolo decorazioni floreali intagliate a giorno di Carlo Zen, 1898-1900

Concludo asserendo che come il Liberty italiano si afferma in ritardo, altrettanto in ritardo si esaurisce, trascinandosi in forme stanche e ripetitive fino agli Anni Venti, tanto che ormai purtroppo ci basta un solo fiorellino, magari anche non ben definito, per stabilire che un mobile od un oggetto appartengano a questo stile, ma non è così.





Ferruccio Amati,   Milano, 26 agosto 2000

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