venerdì 17 gennaio 2014

In cerca di radici...etimologiche di Rolando di Bari


Breve compendio sull' origine dei nomi delle cascine lomelline, tratto dal progetto "Il Canto della Terra" realizzato nell'ambito delle iniziative promosse dal Museo della Vita quotidiana Franco Fava




Il risveglio d’interesse, verificatosi negli ultimi decenni, per il patrimonio architettonico rurale e per le tradizioni contadine ha portato alla pubblicazione di innumerevoli libri, che hanno cercato di approfondire gli aspetti storici, architettonici, artistici e i valori umani delle cascine e del loro mondo.
Pochi autori, però, hanno indagato sulla origine di nomi e toponimi relativi a quel mondo che rappresenta tutt’oggi una parte notevolissima nella vita della nostra regione. Una lacuna di non poco conto, poiché gran parte dei nomi di cascine e di località rurali riconduce direttamente ad antichissime tradizioni, a consuetudini ben radicate nella storia e nella esistenza delle popolazioni contadine.
Se a nessuno può sfuggire l’origine del nome della Sforzesca, che tutti sanno costruita nel 1486 da Ludovico Maria Sforza detto “il Moro”, o della Buccella, nota fin dal Medioevo come proprietà dei nobili Biffignandi-Buccella, possono invece sussistere difficoltà nella interpretazione di altri toponimi, quali Faenza, Barzo, Giarre eccetera.
Tra gli interrogativi più ricorrenti è il perché, tra i nomi dati a cascine e agglomerati rurali, siano molto comuni le intitolazioni ad alcuni santi (per esempio, Santa Marta, San Benedetto, San Pietro eccetera), sempre i soliti sei o sette nomi tra le migliaia presenti nel martirologio cristiano.
Così pure ci si chiede spesso la motivazione di toponimi che riportano alla mente nomi o cognomi noti, o sentiti qualche volta nominare e rimasti nella memoria. L’usanza più diffusa nell’attribuire il nome a un complesso o a una località rurale, fin dai tempi più antichi — e, in particolare, in età romana, — in ogni parte del mondo, come d’altro canto avviene anche per molti edifici civili, è stata la cessione, da parte del proprietario, del proprio cognome all’edificio o all’intero fondo agricolo. È dunque evidente che la Portalupa derivi da Portalupi, Morsella (l’attuale frazione del comune di Vigevano che prende a sua volta il nome da una antica preesistente cascina) da Morselli, Calva da Calvi, Camina da Camino (ovvero Guglielmo da Camino, ingegnere sforzesco a cui era attribuita, secondo una ipotesi oggi confutata, la costruzione della Sforzesca), Scarampa da Scarampi (Angelo Maria Scarampi, vescovo di Vigevano dal 1757 al 1801), Negra da Negri, Burattina da Buratti, Callegara da Callegari e così via.


Come si è detto, molto diffusa è l’attribuzione di nomi di santi: scontata, per ovvi motivi religiosi, la dedicazione alla Beata Vergine — ovvero santa Maria, peraltro patrona dei coltivatori diretti, — è opportuno ricordare che tra i santi più ricorrenti nei toponimi rurali vi è santa Marta (patrona dei proprietari di immobili), seguita da sant’Antonio Abate (patrono dei suini, dei cavalli e degli animali domestici, nonché di agricoltori, allevatori, macellai, e di molte altre attività legate agli animali). Un poco meno diffusi sono san Benedetto Abate (patrono degli agricoltori d’Italia), san Pietro (patrono dei mietitori), san Giacomo Apostolo (patrono dei pellegrini oltre che invocato per la protezione dei raccolti), san Martino di Tours (patrono dei vendemmiatori, dei viticoltori e degli osti), san Paolo Apostolo (patrono dei cavalieri e dei cavallanti), san Giuseppe (patrono dei lavoratori in genere, dei falegnami nonché dei padri di famiglia), san Carlo (patrono delle province lombarde, invocato anche contro la peste), san Giorgio (patrono di cavalli, cavalieri e sellai), san Giovanni Battista (protettore dei conciatori, dei cardatori e delle sorgenti d’acqua, da non confondere con san Giovanni Evangelista, patrono dei mulini idraulici), san Rocco (invocato contro le catastrofi naturali e alcune malattie molto comuni nel mondo agricolo), san Biagio (invocato contro gli uragani e titolare di un ulteriore patronato degli agricoltori). 

Altri nomi di sante e santi (quali santa Giuliana, san Massimo, san Marco eccetera, che non hanno particolari riferimenti al lavoro contadino, è probabile venissero attribuiti alla cascina o al fondo agricolo solo per una particolare affezione al santo in oggetto da parte del proprietario. In qualche caso la dedicazione al santo era generata dalla presenza, nelle vicinanze del complesso rurale, di una preesistente cappella o chiesa di uguale intitolazione; l’esempio più evidente è costituito dalla tenuta Sant’Albino, adiacente alla omonima antica chiesa presso Mortara. A uguale significato va ricondotta la intitolazione, molto comune, di Pieve (per esempio, Cascina Pieve di Velezzo Lomellina)


Molto spesso il nome di una cascina deriva dalle sue caratteristiche strutturali o dall’aspetto esteriore. È questa la motivazione di toponimi quali Cascina Nuova, Cascina Grande, Rossa, Bianca, Cascinino, Cascinetta, Cascinotto, Caselle (molto diffuso, con il significato di “piccole case”), Casoni eccetera oppure dalla presenza di uno specifico particolare architettonico: Cascina La torre, il Palazzo, la Chiusa eccetera.
Non è infrequente che la cascina, o il fondo agricolo, o uno specifico terreno acquisiscano il nome preesistente della località in cui sono ubicati, quali Gerone, Pamperduto, Sabbione, Isolone e così via; nomi il cui etimo di rifà alle caratteristiche del territorio circostante. In questo contesto si inseriscono i toponimi derivanti dalle caratteristiche del territorio senza che la località avesse un nome specifico anteriormente alla erezione della struttura rurale, come è avvenuto per la Buscagliona (a causa di un’antica presenza di fitte boscaglie), Rotto, Rottino, Rottone (località vicine a corsi d’acqua, ove era molto comune che questi “rompessero” gli argini ed esondassero nei campi adiacenti), Cascina dei Prati, Cascina dei Risi, Cascina Erbetta, Fontanino. Non mancano alcune Cascina Malpaga, da interpretare come terra dalla quale è difficile ricavare un raccolto accettabile, cioè “che paga male”.
Alcuni toponimi sono collegati alla presenza nel luogo di più antiche e ormai scomparse strutture. Si vedano Cascina Erbamara, presso Cergnago, il cui nome fu ereditato da un’antica e potente abbazìa, scomparsa nel secolo xvii in seguito a una piena del vicino torrente Agogna, e ricostruita ex novo più a ovest; San Damiano (dal nome di un antico cenobio, in territorio di Zinasco, anch’esso scomparso senza lasciare traccia), Colonna, dalla presunta esistenza nei pressi di una non meglio identificata colonna miliare romana, Castellazzo, nel quale una consolidata tradizione vuole identificare la sopravvivenza di una delle due rocche poste a sorveglianza della strada per Gambolò, a sud di Vigevano, Dogana, ovviamente in memoria dell’esistenza, sul luogo, di una postazione di confine, con relativa dogana.
In taluni casi è la presenza della cascina stessa ad aver dato origine al nome di una strada o di una località (popolarmente detta “regione”). A Vigevano sussistono, per esempio, via della Pressa (dalla scomparsa Cascina Pressa), via Gambolina (dalla Cascina Gambolina), via Cascine Barbavara, via Cararola e via Chitolla, conducenti alle omonime cascine situate nella valle del Ticino, e altre ancora.
Si rilevano anche casi di complessi che hanno acquisito il nome dalla attività principale in essi praticata: valgano, su tutti, gli esempi, delle vigevanesi Pecorara (cascina fatta costruire da Ludovico il Moro espressamente per allevarvi una razza particolare di pecore, importate dalla Linguadoca e famose per la lana pregiata. L’esperimento fallì e le pecore non sopravvissero alla nuova situazione ambientale, ma il nome della cascina rimase) e Cascina Salciccia (o Salsiccia, per una probabile produzione dell’omonimo salume).


Esistono molti toponimi che sfuggono a ogni catalogazione: è difficile inserire in una categoria nomi quali Favorita (coeva alla vigevanese e vicina Pecorara, come quella fatta costruire da Ludovico il Moro, del quale era forse la “preferita”), Aguzzafame (denominata in antico Guzzafame, della quale lo storico vigevanese Simone del Pozzo spiega che era così chiamata « per l’amenità del loco, quasi che incitasse la fame alli stomachi »), oppure Guzza, cascina presso Alagna Lomellina la cui origine si perde nella notte dei tempi, già sede di un cenobio vallombrosano, forse mutatio romana sulla strada da Pavia per le Gallie. È arduo assegnare a uno specifico filone nomi quali quello della rinascimentale Marza, presso Zeme (forse perché costruita in marzo? o perché derivata dal personale latineggiante Martius, o, ancora, dal verbo arcaico marzare, “impregnare”?). Altrettanto difficile cercare oggi di identificare l’origine del nome della Cascina Avarizia, ormai diroccato cascinale presso Lomello. Senza dimenticare che alcuni toponimi tuttora in uso sono frutto di alterazioni e modificazioni generate da antichi errori di trascrizione: è noto che, in origine, il nome della Cascina Braghettona, sulle rive del Ticino presso Vigevano, era Traghettona, poiché adiacente vi era un traghetto, sopravvissuto fino al secolo xix, che collegava le due rive del fiume.


A volte l’etimologia di un toponimo è di aiuto nella identificazione delle origini del toponimo stesso: per esempio, dal prelatino — di origine germanica — bars, o bers, “luogo senz’alberi”, deriva quasi certamente Barzo (diffuso anche nelle forme Barzò, Barzio, Barza), e fors’anche Borzolo. Al latino faventia (vocabolo composto dal verbo favére, “favorire”, e dal suffisso -entia, comune a molti toponimi quali Piacenza, Fidenza, Potenza eccetera) è possibile far risalire Faenza, che, oltre a essere il nome di una città dell’Emilia, è un toponimo presente anche in Lomellina (Molino Faenza, cascina Portalupa in Faenza).
I toponimi Giarre, Giaretta, Gerone e simili, fanno riferimento alla natura ghiaiosa del terreno e derivano dal latino glarea, “ghiaia”; Fogliano è pure di chiara origine latina, e potrebbe risalire, con significato patronimico, a un personale Folius, unito al suffisso –anus, se non al più semplice folia, “foglia”. Anche più facile l’identificazione etimologica di Limido, dall’imperiale limes, “limite”, “linea di confine”. Roventino sembra essere un fitotoponimo, derivato da robur, “quercia”, in associazione al suffisso -etum, a significare “querceto”. Uguale radice potrebbero avere Roverina e altri toponimi assimilabili.
Non vanno dimenticate, ai fini di una corretta interpretazione etimologica, le trasformazioni che un nome può aver subìto nei secoli: errori nella trascrizione manuale (una r poteva facilmente diventare una n e viceversa; una e mutare in i, una v in u e così via), omissioni di qualche lettera, traduzione in volgare dal latino, contaminazioni dialettali eccetera. La moderna dizione di un toponimo potrebe avere scarse affinità con il vocabolo originario. Si pensi all’origine del toponimo Zinasco — paese della Lomellina sud-orientale, — il cui nome originario era ad Binas Columnas (in cui le “due colonne” citate erano quelle miliari romane), poi abbreviato, nelle trascrizioni medievali, in ad Binas co. Divenuto definitivamente Binasco, gli venne sostituita l’iniziale B con una Z, onde distinguerlo dal preesistente Binasco, borgo situato nella Bassa Milanese, e Zinasco è rimasto.
Tra gli etimi di origine latina più facilmente identificabili sono anche Miradolo (cascina e mulino presso Robbio, da non confondere con l’omonimo paese del Pavese orientale, sede di un noto stabilimento termale), da miratorium, “belvedere”, per indicare un luogo ameno, da cui ammirare il territorio circostante; Bagnolo, da balnoleum, “piccolo bagno”, “specchio d’acqua”, “acquitrino”, riferito a una località frazione del comune di Langosco, secoli fa lambìta dal Sesia e che aveva conservato a lungo la caratteristica fangosità dei letti abbandonati dai fiumi.
Benché non sia possibile suggerire una metodologia di ricerca etimologica generale e ogni toponimo necessiti di una indagine singola e specifica, è lecito affermare che, nonostante la colonizzazione romana avesse lasciato in Lomellina scarse e poco leggibili tracce concrete, il latino la fa dunque ancora da padrone nell’origine etimologica dei toponimi più antichi.

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