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Una rievocazione d'altri tempi delle 5 Giornate, nella piazza omonima, catturata nel 1923 dall'obiettivo di Arnaldo Chierichetti, per l'occasione viene ricostruita una versione provvisoria della storica Porta Tosa |
Accadde un quarantotto, Milano insorse, rombo di cannone e passi cadenzati, tumulto e cuori rivolti alla libertà dal giogo straniero, dal 18 al 22 di Marzo le anime belle e gli spiriti puri della città fecero l'impresa e "Zang Tumb Tumb" come avrebbe poi detto Marinetti: - Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare spazio con un accordo tam-tuuumb (...) - .
Il sogno di un' Italia Libera concretizzato in un primo significativo passo, ebbri di vittoria allora e fieri ancora, i Milanesi portano nel cuore questo episodio fondante della propria storia e della propria crescita ancora celebrato ogni anno nella piazza ov'è sito il Monumento scolpito da Giuseppe Grandi che narra e trasfigura le cinque fatidiche Giornate, come nei quartieri che videro la storica insurrezione.
Il nostro non sarà un articolo di celebrazione, ne abbiamo già delineata l'esegesi con post sulla pagina FB Milano Policroma e con altri articoli, vogliamo proporre un bouquet Garni fatto di ricordi e considerazioni meno solite, percorsi meno...percorsi e forse spesso ignorati perfino.
Diamo onor d'apertura ad un esemplare di glorioso vessillo tricolore sventolato durante gli accadimenti delle Cinque Giornate, conservato presso il Museo dei Martinitt e Stelline di corso Magenta.
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Bandiera Italiana del 1848, foto di Guru |
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Il tricolore esposto nella ex sede dell'Associazione Ex Martinitt e Stelline, nell'immagine sotto 2 Martinitt ostentano lo storico vessillo ripresi nel cortile dell'Orfanotrofio di via Pitteri. Foto di proprietà del Museo Martinitt e Stelline, per gentile concessione di Renato Marelli. |
In questa tavola a colori vediamo riprodotti vessilli, palloncini e coccarde tricolori usuali all'epoca della storica insurrezione
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Le prime bandiere tricolori, Litografia L. Ronchi Milano |
Il 18 Marzo 1848 la campana della torre del Broletto suona ininterrottamente, forsennatamente, furiosamente, fino ad infrangersi per chiamare a raccolta i cittadini contro il giogo dell'odiato pollino, ovvero tacchino, come i milanesi solevano soprannominare la sbirraglia austriaca. Questo esemplare, opera del 1352 di Ambrogio da Calderara è custodito presso il Museo del Risorgimento di palazzo Moriggia di via Borgonuovo 23. Nella prima foto e nell'immagine storica ben si vede la storica "ferita"
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Foto dal sito del Museo del Risorgimento |
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Fine Ottocento, foto dell'Agenzia Fotografica La Subalpina |
Le truppe austriache naturalmente non stanno a guardare, circondano la città e la stringono d'assedio, i Milanesi non si perdono d'animo, barricate messe su in fretta e furia con tutto quel che si trova, armadi, sedie, barili, carrozze, mobili, tronchi, sorgono ovunque a far da riparo e baluardo ai coraggiosi cittadini, ma forse non sarà sufficiente, occorre chieder rinforzi ma come fare a superare la soverchia guardia del nemico?
Fu Antonio Stoppani, prete nel seminario di corso Venezia a risolvere il problema costruendo dei palloncini aerostatici utilizzando corde, carta e colla che avrebbero veicolato messaggi di aiuto, invito alle armi ed informazioni al vicino contado con l'intento di coinvolgerlo nell'azione liberatrice: - Impugnate le armi contro il nemico, impeditegli ogni approvvigionamento di armi e di cibo -.
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Uno dei palloni aerostatici approntati dallo Stoppani, Foto Archivio ACAdeMi |
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Uno dei manifesti portati fuori città dai palloni aerostatici, Archivio ACAdeMI |
Un servizio di messaggistica, come diremmo oggi, di fortuna ma altamente efficace, visto come andarono le cose, del resto uno dei problemi logistici più importanti durante i conflitti e/o gli scontri armati è chiaramente quello di veicolare le comunicazioni fra i vari reparti, in quest'ottica durante gli accadimenti delle Cinque Giornate era di vitale importanza far giungere gli ordini per coordinare gli sforzi alle varie postazioni barricate della Milano insorta, eroici portaordini furono i nostri amatissimi Martinitt, sempre protagonisti del cuore immenso di Milano.
Meno note sono sicuramente le monete da Cinque Lire, ma anche altre in realtà, coniate dal Governo Provvisorio di Milano nel 1848 e recanti la scritta "ITALIA LIBERA DIO LO VUOLE", come spesso accade la numismatica affianca la storia e a sua volta la racconta. Fra il 1846 ed il 1849 in alcuni casi le monete venivano tagliate, diventando scatole, si potevano aprire e chiudere quindi, per ospitare messaggi, dispacci, scritte e anche immagini .
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Fronte retro e sezione della moneta da 5 Lire coniata dal Governo Provvisorio di Milano Foto Numismatica Lottini e Numismatica Mente |
Ancora oggi, percorrendo la città potrete imbattervi in numerose tracce residue della Seconda Guerra Mondiale, meno note sicuramente sono quelle ancor conservate relative ai cannoneggiamenti austriaci durante le Cinque Giornate: proiettili raccolti dalle barricate ed incastonati sui muri e architetture scheggiate ma così conservate ad imperitura memoria, eccone alcune qui di seguito.
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Corso di Porta Romana 3, Palazzo Acerbi, peraltro famosissima magione meneghina del Diavolo che, secondo popolar leggenda vi soggiornò durante la pestilenza del 1630, sulla facciata, a destra, è incastonata una palla di cannone austriaco, foto di Maurizio Raffaini |
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Corso Venezia 13, la sbrecciatura lasciata da una palla di cannone, foto dal blog Renato e Milano
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Corso Venezia 15, angolo via della Spiga la breccia provocata da una bomba lanciata dagli Austriaci, foto di Franz Maniaco |
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Tracce dei cannoneggiamenti Austriaci nel cortile di via Brera 11, foto di Analia Pierini |
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Tracce dei cannoneggiamenti Austriaci nel cortile di via Brera 11, foto di Analia Pierini |
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Proietto conservato nel cortile di via Brera 11, foto di Analia Pierini |
Per quanto riguarda questo reperto ad onta della scritta che reca 20 Marzo 1848 ci informa il signor Friedrich Zobel, appassionato di storia risorgimentale, che non è austriaca e non è riconducibile al 1848. È una “palla” francese per cannone rigato sistema La Hitte. Venne usata per la prima volta sui campi di battaglia nella campagna d’Italia del 1859.
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Scorcio e dettagli della recinzione di Palazzo De Capitani D'Arzago,in via Santa Valeria angolo via Bernardino Luini. Foto di Riccardo Rivellini |
Il Palazzo De Capitani D'Arzago, edificato nel 1924 con temi ed influssi architettonici secenteschi, opera dell'architetto Carlo Ottavio Marchetti di Montestrutto. Il lato su via Santa Valeria ci regala un giardino con un glicine scenografico racchiuso da una preziosa cancellata originariamente appartenente alla demolita chiesa di S. Protaso ad Monachos.
Sull'angolo del palazzo è posta una singolare edicola votiva in bronzo, composta da due parti, la prima raffigura Sant'Ambrogio in abito pontificale, con la mitra sul capo, il pastorale nella mano sinistra e il tradizionale flagello nella destra, simbolo della lotta all'eresia sopra un baldacchino culminante con la croce, forse per proteggere l'immagine sacra. Sotto alla figura del santo spicca un'incisione in lingua latina su due righe: PER SE - ETENIM DICIT (parla attraverso di sè). Ulteriore curiosità, sul lato di via Luini ci sono tracce di proiettili esplosi il 19 Marzo 1848 durante le Cinque Giornate, essendo il palazzo edificato successivamente è probabile che il reperto appartenga ad una preesistente architettura, fosse nello stesso luogo della nuova costruzione o sia che provenga da un altro edificio e qui incastonato a ricordo dei fatti.
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Via Maspero 6, scorcio della Cascina Mancatutto, foto dal profilo FB Massaie Moderne |
Infine a Porta Vittoria, ad un passo dal nuovo Ortomercato, è sita ancor oggi un'antica cascina dal nome un po' inquietante, Cascina Mancatutto, qui, fino a qualche decennio fa, su uno dei muri perimetrali campeggiava una scritta in Latino: CALIDUS FECIT, ci piace pensare che si riferisse ai tumulti dell'insurrezione meneghina.
In via Boschetti angolo Corso Venezia troviamo una targa dedicata al Conte Luigi Torelli, protagonista della vittoriosa insurrezione che ebbe dimora nel palazzo dei conti Ciani. Il palazzo in questione non è quello attuale al 37 di corso Venezia, eclettico anni 20 e impreziosito da un bel mosaico, bensì il singolare edificio che situato nella stessa posizione fu demolito per la nuova costruzione.
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La targa dedicata al Conte Luigi Torelli in via Boschetti angolo corso Venezia, foto di Virgilio Carnisio
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Via Boschetti Mosaico dell' ex-casa Ciani foto Birgitof |
Corso Venezia 37, angolo via Boschetti, oggi ospita il palazzo della Banca Commerciale Italiana, fu edificato nel 1928 nella stessa posizione della demolita Casa Rossa, abitazione dei Conti Ciani, costruita ad opera dell'architetto Gaetano Casati nel 1837, era impreziosita da decorazioni in terracotta di tema risorgimentale opera dei Fratelli Andrea Boni e Giovanni Battista Boni che portarono a termine la il loro operato nel 1862, proprio la decorazione in terracotta fu cagione del nome popolarmente attribuito al palazzo. Qualche anno più tardi nello stesso edificio ebbe lo studio Filippo Tommaso Marinetti che quivi fondò il movimento Futurista.
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Corso Venezia, Casa Ciani, 1898 |
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Filippo Tommaso Marinetti nel suo studio nella Casa Ciani |
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Prospetto delle decorazioni di casa Ciani, di Andrea Boni, Arc. Cantonetto |
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Panoramica dell'edificio in una cartolina del 1919 |
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1928, cantiere di ristrutturazione del palazzo, verranno asportate le decorazioni, rialzato il fabbricato ed infine sostituito il tutto con il Palazzo della Banca commerciale, ancora in luogo. |
Nelle immagini seguenti alcune istantanee scattate dall'architetto Carlo Meroni per tramandare alcune delle raffinate composizioni dei fratelli Boni, l'ultima immagine è riferita alla cosiddetta finta porta dell'edificio, in effetti l'ingresso era altrove, sul fronte laterale, qui campeggia un'effigie di Giuseppe Garibaldi, personaggio molto amato in città dove innumeri sono le sue raffigurazioni.
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Venezia |
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Roma |
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Sommità dell'edificio, fra le decorazioni si riconosce l'Italia Turrita, una gettonatissima allegoria risorgimentale |
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Vittorio Emanuele Secondo |
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l'ingresso fittizio e il busto di Giuseppe Garibaldi |
Le decorazioni vennero quindi smantellate ma non totalmente perse perchè il valore delle opere della ditta Boni aveva suscitato ammirazione nella cittadinanza tanto da indurre l’amministrazione comunale e successivamente la proprietà stessa dello
stabile a salvare almeno una parte della decorazione. Si deve a Giorgio Nicodemi, dirigente all'epoca della Soprintendenza dei Musei Civici di Milano ad interpellare il Museo del Risorgimento per stabilire quali fra i vari dettagli della Ca Rossa fossero meritevoli di esser preservati, una volta definito un preciso elenco i reperti furono inviati al Castello Sforzesco, il 19 Febbraio 1929, accolti nella collezione
della gipsoteca civica e sistemati nei sotterranei. La triste notizia è che tali manufatti non sono reperibili e con buona probabilità sono andati dispersi, a parziale scusante i bombardamenti del 1943 fecero un vero disastro in buona parte delle istituzioni cittadine.
L’Istituto Italiano di Previdenza, committente per la nuova sistemazione e già proprietario
di Casa Ciani, sulla spinta dell'iniziativa comunale, si produsse al salvataggio di altri frammenti: decise di salvare altre parti
di quell’ornato: le cornici di due finestre del piano terra, una elaborata lesena e l’imponente portale istoriato, addossate ad una parete del giardino del palazzo attuale, verso la via Boschetti, ancora oggi si conservano in buono stato.
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Corso Venezia 37, angolo via Boschetti, nel giardino del palazzo della Banca Commerciale Italiana, sono ancora conservate le decorazioni provenienti dalla Ca Rossa. Foto di Alessandra Molinelli |
Ecco qualche foto ravvicinata di alcuni dei manufatti conservati nel Palazzo della Banca Commerciale, fra cui il sontuoso portale che costituiva un falso ingresso del palazzo. Arc. Cantonetto
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Disegno di Andrea boni che riproduce il portale di Casa Ciani e che faceva parte di un opuscolo catalogo dei lavori, stampato dalla ditta A. Boni e C. |
I sei riquadri che danno vita al portale sono idealmente suddivisi in due sezioni tematiche, i primi quattro testimoniano episodi rilevanti dell’epopea risorgimentale, e in ognuno di essi campeggia un diverso
protagonista di quegli anni: Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi, Napoleone III e Camillo Benso conte di Cavour. I riquadri centrali sono occupati da rappresentazioni allegoriche di Venezia e Roma proposte come gentildonne, ricoperti da una vernice verde che simula l'effetto del bronzo sono completamente opera di Andrea Boni.
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Porzione di lesena con figura acefala di soldato. Arc. Cantonetto |
Altri pezzi
sono sopravvissuti, furono custoditi negli uffici dell’istituto proprietario. È il caso ad
esempio di una porzione di lesena raffigurante un soldato. Altri elementi decorativi della Casa Ciani
furono così apprezzati da essere riproposti sulle facciate di altri edifici, i cui proprietari si avvalsero degli
stampi eseguiti dalla ditta Boni
su incarico del barone Ciani, quindi non degli originali ma delle fedeli copie che sottolineano il successo riscosso dall'edificio originale.
Due riferimenti assodati a tale modalità sono riscontrabili nella facciata del Teatro Fossati in corso Garibaldi e nella scenografica Casa Venzi, detta anch'essa Casa Rossa di Bellinzona.
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Corso Garibaldi, la facciata del Teatro Fossati. Foto di alba Banzi |
Bellinzona, in via Nosetto sussiste, recentemente restaurato, lo storico edificio eretto nel 1864 quale abitazione e spezieria di Tranquillo Venzi, oggi di proprietà dell'Istituto di Previdenza del Canton Ticino che ha commissionato i restauri, anche se, di originale, è rimasta la sola facciata. Casa Venzi, tutelata dal 1955 come bene monumentale della Federazione Svizzera, fu l'ingegnere milanese Lodovico Manzi a progettarla ed edificarla avvalendosi di un'importante decorazione a terracotta che ricalca particolari della coeva omonima casa di Ippolito Gaetano Ciani, entrambe decorate dalla Ditta milanese dello scultore Andrea Boni, che dà vita ad un repertorio, debitore del gusto tardogotico lombardo in auge in quegli anni, costituito da cornici di portali e finestre, da sculture con teste di leone, figure allegoriche, draghi e altri particolari, insieme ad emblemi farmaceutici e della tradizione patriottica elvetica, come il busto di Guglielmo Tell e lo stemma del cantone. Di seguito alcune istantanee della Casa Rossa di Bellinzona.
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La casa Rossa di via Nosetto a Bellinzona in alcune foto scattate da permia |
A ricordo dell'eroica impresa del 18 - 22 Marzo 1848 in città sono state affisse diverse targhe e lapidi a memoria dei protagonisti di quei fatti, alcuni anche poco conosciuti ai più, in via Lupetta 8, in quella che fu la sua casa natale, troviamo quella dedicata a Giovanni Battista Prandina, patriota risorgimentale, combattente durante le Cinque Giornate, partecipante alla Spedizione dei Mille, amico personale e medico di Giuseppe Garibaldi.
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Lapide di via Lupetta, foto di fi_decorso, e ritratto di G. B. Prandina dall'archivio iCharta |
Fra i protagonisti delle Cinque Giornate, un ruolo di rilievo lo rivestì Luciano Manara che durante l'insurrezione capeggiò un gruppo di coraggiosi cittadini che riuscirono nell'impresa di conquistare la Porta Tosa, che da quel momento prese il nome di Porta vittoria, proprio per commemorare l'azione bellica vittoriosa. Luciano Manara si mise poi al servizio del Governo Provvisorio radunando intorno a un gruppo di 500 volontari: i Bersaglieri Lombardi, che avrebbero poi partecipato alla prima Guerra di Indipendenza. Nei Giardini Pubblici di Porta Venezia troviamo il suo monumento celebrativo, l'eroe è raffigurato con la divisa da bersagliere. Il monumento, progettato dallo scultore Francesco Barzaghi fu inaugurato ufficialmente il giorno 8 Giugno del 1894, quando l'artista era già deceduto, l'opera fu portata a termine dal suo allievo Enrico Cassi che portò a termine anche i due bassorilievi incastonati nel piedistallo, uno dei quali rappresenta proprio il nostro eroe alla guida degli insorti ed alla conquista di Porta Tosa.
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Giardini Pubblici di Porta Venezia, Monumento a Luciano Manara. Foto di fi_decorso |
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Giardini Pubblici di Porta Venezia, Monumento a Luciano Manara. Bassorilievo raffigurante la Presa di Porta Tosa, riproduzione a stampa dell'epoca
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Sempre nei giardini pubblici di Porta Venezia è ospitato anche il monumento dedicato ai martiri dello Spielberg, uomini che a inizio Ottocento vennero arrestati dalle autorità austriache per aver sostenuto l'indipendenza italiana.
Realizzata nel 1850 da Alessandro Puttinati, fu finanziata da una sottoscrizione popolare, essendo che la città di Milano si trovava ancora sotto la dominazione austriaca, la statua venne conservata in una casa privata e infine collocata nei giardini pubblici dopo l'Unità d'Italia. L'Italia turrita, ovvero la personificazione simbolica dell'Italia, raffigurata con un piede sul globo ed intenta a scrivere su una tavoletta, forse le pagine della Storia, oppure i nomi dei martiri.
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Giardini Pubblici di Porta Venezia, Monumento ai Martiri dello Spielberg Foto ed informazioni dal profilo Instagram omonimo |
La raffigurazione dell'Italia nelle sembianze femminili ha radici antiche: ricorda Tyche, divinità greca, nume tutelare della prosperità degli stati, che indossava una corona rappresentante le mura della città; la "corona muraria" era un attributo anche della dea Cibele, la Magna Mater dei Romani.
Nella simbolica risorgimentale, ispirata al modello della Rivoluzione francese e trasmigrata nello Stato Italiano, secondo cui era fondamentale la creazione di un patrimonio di ideali laici condivisi, fatto di allegorie, santi martiri ed esempi eroici, l'Italia è raffigurata come una matrona classica, dal corpo rigoglioso e con i tipici attributi mediterranei quali la carnagione colorita e i capelli scuri, e sul capo turrito spesso una stella a cinque punte, il cosiddetto "stellone d'Italia", uno degli elementi araldici dello stemma reale di Casa Savoia.
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Stampa del 1911, Allegoria dell'Italia turrita con scene degli episodi fondanti dell'Italia Unita, fra di esse un episodio delle cinque Giornate di Milano, ed il ritratto dei Reali e dei protagonisti di quella tumultuosa stagione |
La scrittrice Carolina Invernizio ambientò a Milano immediatamente dopo i fatti delle Cinque Giornate il suo romanzo storico "La Trovatella di Milano" pubblicato nel 1889 da Carlo Barbini, editore in Milano, via Chiaravalle 9, qui sotto la riproduzione della storica copertina originale.

Dal racconto di Carolina Invernizio viene girato nel 1956 l’omonimo film di Giorgio Capitani (le riprese furono iniziate da Carlo Campogalliani, poi sostituito) narra le gesta nel 1848 di una giovane Trovatella (Maria) durante l'occupazione Austriaca a Milano che suo malgrado viene coinvolta in attivita Carbonare, innamoratasi di uno degl insurrezionisti (Gabriele) , viene catturata dagli austriaci e viene condannata a morte, ma il caso vuole che il suo più spietato accusatore (Conte Patti) scopre che è sua figlia salvatasi da un incendio qualche anno prima, era stata affidata al collegio dei "Martinitt", viene così salvata dal conte stesso facendola scappare in tempo, mentre in Città stanno scoppiando le Cinque Giornate di Milano. Film tutto sommato noisoso e fatto con approssimazione, ben al di sotto dei famosi romanzi d'appendice di Carolina Invernizio. come ci testimonia l'amico Paolo Misul.
Di seguito la trama che sviluppa un percorso ben diverso dal romanzo originale:
A Milano, nel 1848, i carbonari preparano l'insurrezione contro il governo austriaco. Le riunioni segrete dei rivoluzionari hanno luogo nei sotterranei del collegio dei "martinitt", che ospita, tra gli altri, una giovane trovatella, Maria. Questa ha scoperto per caso il segreto dell'attività insurrezionale ed ha avuto occasione d'avvicinare il giovane capo dei carbonari, Gabriele: tra i due giovani è sbocciato l'amore. Mentre prepara l'insurrezione, Gabriele è in grado di controllare il campo nemico, avendo avuto l'abilità di divenire, sotto il nome di Kruber, il segretario del conte Patti, capo della polizia. Malgrado questo, un brutto giorno i carbonari sono sorpresi dalle pattuglie austriache, comandate dal tenente Han, promesso alla nipote del Conte Patti, la quale invece e innamorata del segretario Kruber, cioè di Gabriele. I carbonari riescono a salvarsi, solo Maria viene arrestata e sottoposta a processo. Il suo più spietato accusatore è il conte Patti, che ottiene la sua condanna a morte. Ma quando già la condanna è stata pronunciata, Patti apprende che Maria è sua figlia. La verità gli viene rivelata dalla sua seconda moglie, Corinna. Molti anni prima, il di lei fratello, Diego, era penetrato nella villa del conte, per derubarlo. Scoperto, aveva dato fuoco alla villa: la moglie del conte era morta nell'incendio, mentre Maria, la loro figlioletta, era stata salvata da Corinna, per caso presente, che l'aveva affidata al collegio dei "martinitt". Del delitto furono incolpati allora i carbonari, contro i quali s'era accanito l'odio del conte Con l'aiuto di Gabriele, il conte riesce a far fuggire Maria, strappandola agli sgherri, che la portavano al supplizio. Scoppia intanto tra gli insorti e le truppe il conflitto, col quale s'iniziano "le cinque giornate": il conte è il primo ad offrire il petto alle fucilate austriache.
Di seguito la locandina del film ed alcune foto di scena dal sito Livid.
Rileviamo l'esistenza anche di un Gioco di società ambientato durante le 5 giornate di Milano, ideato da Alberto Barbieri e Marco Garav dal suggestivo nome di Radetzky.
Una curiosità finale, legata al Risorgimento la dedichiamo a Garibaldi, un suo busto compare al centro della facciata di un edificio di via Don Luigi Guanella a Precotto, un tempo il piazzaletto antistante presentava due colonne di confine dipinte col tricolore, le colonne ed il busto ci sono ancora, la pittura tricolore invece no.
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Omaggio a Giuseppe Garibaldi in via Don Guanella 42, foto anni 80, Archivio ACAdeMI - Franco Mauri
Sotto una foto recente dello stesso luogo di Filomena Schiattone |
È tutto veramente interessante..grazie a chi lo ha scritto
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