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Vista ravvicinata della parte sommitale dell'edificio in via Agnello 15. Foto di Giovanni Fanelli |
Una buona abitudine durante i nostri vagabondaggi per le vie della città è quella di sapersi meravigliare di fronte a dei particolari inconsueti che colpiscono i nostri occhi, la sorpresa è sempre in agguato, sì perchè anche se Milano ha fra i suoi iconici simboli il "Piccone Demolitore", qualcosa rimane sempre a testimoniare quel che prima c'era ed ora non c'è più, qualche piccola scoperta, qualche dimenticato dettaglio, spiccioli storici ed artistici che tessono la trama di una Milano Minima ma sempre perdutamente amabile e coinvolgente. Giungendo da piazza Meda ed imboccando la via Hoepli, guardando verso l'alto possiamo cogliere un dettaglio architettonico singolare sul tetto del palazzo al civico 15 di via Agnello: una residua struttura di campanile con annessa regolare campanella che appare integra, una struttura ad u rovesciata con una stecca residua posteriore a sinistra.
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Il primo sguardo dal fondo di via Hoepli. Foto di Giovanni Fanelli |
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Una vista ravvicinata del residuo architettonico ecclesiale. Foto di Giovanni Fanelli |
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In queste 2 immagini estrapolate da Google Maps, grazie a Gabriele Dell'Oglio, è possibile osservare la consistenza frontale e posteriore del nostro reperto storico. |
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Partendo dal fatto che un tempo la via Agnello, contrada del sestiere di Porta Orientale, era indicata col nome di via San Simplicianino, ci sentiamo di identificare la nostra struttura campanaria come appartenente a questa chiesa, detta anche San Simpliciano Minore per non fare confusione con la ben più nota basilica in corso Garibaldi, le origini della chiesuola vengono fatte risalire ad un periodo precedente all'anno 903, data che contraddistingue il primo documento che vi fa riferimento.
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In questo stralcio di Mappa del Catasto Teresiano del 1751, possiamo vedere la posizione della chiesa di San Simplicianino, in alto, quasi al centro dell'immagine e contrassegnata dalla lettera B. |
San Simpliciano Minore viene descritta come una chiesa semplice a navata unica, dotata di 2 altari e di qualche pregevole raffigurazione votiva, con una facciata che lo scrittore Serviliano Lattuada definì di "buon gusto" dopo che la confraternita degli Scolari senz'abito che reggevano la chiesa si preoccuparono di restaurare nel Settecento.
La storia di questo edificio ecclesiastico si lega con quella della vicina, e probabilmente coeva, Santa Radegonda, anch'essa scomparsa, che nata come monastero di Santa Maria di Wigelinda, successivamente dedicata al Santo Salvatore e finalmente, nell'anno 1130 riceve la definitiva intitolazione a Santa Radegonda, una regina Merovingia nativa della Turingia, questo monastero ebbe una stagione fiorente per molti secoli a venire rivestendosi di una funzione di polo religioso nella zona, crescendo e diventando quasi una cittadella della fede: connessa e collegata con le adiacenti San Raffaele e San Simplicianino, quasi un corpo unico collegato da chiostri e spazi comuni.
Il convento ad onta dell'antica storia precorsa rientrava nell'elenco degli edifici religiosi da dismettere stabiliti dalle cosiddette "Soppressioni Giuseppine", nel 1871 venne sconsacrato e le monache residenti furono trasferite presso il convento di Santa Prassede in Porta Tosa. Fu in parte demolito nel 1873 per aprire la via omonima, subì ulteriori danni a causa della costruzione fra le sue strutture del Teatro di S. Radegonda per poi essere rilevato nel 1885 dalla società Edison che completò la distruzione del monastero erigendo al suo posto la prima centrale termoelettrica d'Europa. La demolizione della chiesa di Santa Radegonda fu poi effettuata nel 1925.
La chiesa di San Simplicianino subì la stessa sorte, nel 1875 si diede inizio alla demolizione delle strutture conventuali, durante questi lavori fra le fondamenta del complesso monastico fu rinvenuto un tratto di muro che correva parallelo alla strada e che apparteneva all'antica Cinta Augustea, fra quelle rovine fu anche rinvenuto un frammento marmoreo raffigurante l'agnello pasquale, lo stesso reperto diede infine il nome alla contrada e fu incastonato sulla facciata dell'attuale civico 19, dove nel durante l'Ottocento si aprì il "Caffè dell'Agnello", noto per esser stato il primo locale in Milano dove si poteva gustare l'allora esotica bevanda.
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Via Agnello 19: l' Agnus Dei, foto di Piero Cocconi, a sinistra, e di Luciana Furiosi, a destra |
Ad onor del vero non si trattò di una demolizione radicale perchè nel corso del 1876 la chiesetta di San Simplicianino venne trasformata in una casa d'affitto, quindi buona parte dell'attuale costruzione riadatta in chiave laica le antiche strutture architettoniche e forse è proprio per motivi di stabilità funzionale del nuovo edificio che venne preservato quel brandello del campanile sul tetto. Osservando bene la struttura del civico 15, alla sinistra dell'ingresso fa bella mostra di sè un piedritto che rimanda ad architetture precedenti e che forse è un altro lacerto del perduto edificio religioso. Ultima nota alla sinistra del piedritto scorgiamo una cancellata semicircolare che racchiude uno sparuto scampolo di vegetazione e che almeno un decennio fa racchiudeva un delizioso e rigoglioso albero.
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A sinistra il piedritto forse facente parte della originaria struttura di San Semplicianino e la cancellata con il "giardinetto prigioniero". Foto di Giovanni Fanelli |
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