domenica 17 agosto 2025

Ricordando L'isola e Santa Maria alla Fontana di Giovanni Tedeschi e Roberto Bagnera

Santuario di Santa Maria alla Fontana, primi del Novecento

Mi fa piacere rievocare due ricordi legati al Santuario della Fontana all'Isola, c'era un tempo la Festa della Fontana, che si teneva la terza domenica di Ottobre.

L'amico Giovanni Tedeschi in una foto del 1944, ripreso con un gruppo di amici dell'Isola alla "discesa dell'esse", in viale Marche a far volare l'aliante che si era costruito

Al termine della guerra, nel 1945, avevano ripreso a comparire, in tale ricorrenza, le giostre. Venivano installate in piazzale Segrino e nel corso degli anni erano diventate più belle ed interessanti.

Alle “barchette” ed alle “gabbie” si era aggiunto anche “l’autoscontro”, sempre con ricco contorno dei “tiri a segno”, dei “tiri alla foto”, dei “tiro di palle ai barattoli”. Zucchero filato, torrone e Crafen a volontà, con il loro profumo che si propagava sino a Piazzale Minniti e che era addirittura afrodisiaco (almeno per me ).

Noi ragazzi ci scatenavamo. In virtù di quanti soldi erano in tasca (ed io me li procuravo "grattandoli" dal cassetto del banco della latteria di mamma e quindi ero sempre ben fornito) andavamo su tutte le giostre, naturalmente la preferita era “l’autoscontro”, ma era anche la più cara. Sulle gabbie ero imbattibile per cui giravo per lo più “a gratis”.


La Latteria di mamma, in via Jacopo dal Verme 2

Le giostre richiamavano, specie la domenica, tutte le ragazze ed i ragazzi non solo dell’isola ma di tutto il circondario. Era per questo un ottimo terreno di caccia per noi ragazzi. Penso in particolare al 1948-49, quando arrivato ai miei 14-15 anni, l’idea delle ragazze, e delle femmine in generale, occupava già la parte predominante del cervello. E li, alla Festa della Fontana, le occasioni di fare delle buone conoscenze non mancavano. Un vivaio di particolare ricchezza era il grande casamento di via Paolo Bassi, credo con il numero 22. Li, probabilmente in occasione della sua costruzione, a metà degli anni 30, le coppie, che avevano avuto la fortuna di avere un appartamento in quella moderna costruzione, erano, per la felicità, state particolarmente prolifiche, per cui, all’epoca cui ora mi riferisco, arrivava una leva di belle ragazze più o meno nostre coetanee.
Guardandoci da un lato all’altro della pista dell’autoscontro, io ed una certa Renzina, ci piacemmo. Lei abitava all’indirizzo che ho citato. La invitai al cinema, con il tram 4 raggiungemmo il cinema Istria, e ben installati in una delle ultime file lasciammo che nascesse un dolce e tenero rapporto che proseguì ben dopo la Festa della Fontana. Cara Renzina, chissà dove la vita ti ha portato.

Il cinema Istria in una foto anni 40 dal sito di Giuseppe Rausa


Solo per inciso ricordo che in quegli anni le giostre vennero installate anche sul Viale Zara nei mesi estivi. Era un tripudio di luci che, dopo gli anni dell’oscuramento totale notturno del tempo di guerra, ti faceva pensare di essere arrivati al fulgore del paradiso.
Eravamo usciti, vivi, dalla guerra, sopravvissuti ai bombardamenti e mitragliamenti da parte degli Inglesi ed Americani.
Questo spiega la gioia di vivere e l’entusiasmo per tutto quanto la vita offriva di piacevole. La Festa della Fontana, con le sue giostre e tutto il corollario, faceva parte delle cose piacevoli, attese ogni anno alla fine di Ottobre.
Nel 1949, ai miei 15 anni, frequentavo al Cattaneo di piazza Vetra, la prima Geometri. Ero passato dai pantaloni “alla zuava” ai pantaloni da uomo, lunghi e mi ero anche alzato parecchio di statura. Suppongo di essere stato di aspetto gradevole e abbastanza spigliato con le ragazze, visto la facilità di impostare dei flirt ( all’acqua di rose, intendiamoci).

Piazza Vetra, l'Istituto Tecnico Carlo Cattaneo appena finito di costruire in una foto del 1935


Quell’anno, 1949, per la Festa della Fontana vennero installate delle giostre molto più moderne rispetto agli anni passati, e tutte appartenevano ad una sola famiglia dall’aspetto zingaresco. Avevo notato tre fratelli, tre omaccioni, che conducevano e controllavano le giostre. Con me, assiduo cliente pagante, erano però stati sempre gentili, per quanto il loro aspetto glielo permettesse. Tutta la loro famiglia, sia i più anziani che i più giovani erano impegnati con le giostre, a controllare, a riparare e ad incassare.
Vivevano in diversi Carrozzoni lussuosi per allora e poi seppi che si chiamavano Hensemberger di cognome.


Tiro a segno: lo zio che ha fatto centro, mio padre, miei parenti ed io con il pugno sotto il mento, tutti reduci dalla cena di festa che mia mamma aveva preparato nel retro della sua latteria.


Dopo due settimane le giostre vennero smontate, con nostro sommo dispiacere ed eravamo giunti ai primi di Novembre quando una sera mentre ero nel retro della latteria di Via Dal Verme 2, a fare i miei compiti di scuola, viene il mio amico Emilio, a dirmi che in Piazzale Archinto era venuta una ragazza delle giostre che lo aveva mandato a chiamarmi perchè voleva salutarmi prima di partire con le loro carovane. Io l’avevo notata come bella ragazzina che, a volte, incassava i soldi per le “Gabbie”, ma non più di tanto. Evidentemente l’avevo interessata al punto di venirmi a cercare per salutarmi prima di togliere con tutta la famiglia le tende.


Un giovine Giovanni Tedeschi (a destra)in posa con un amico in piazzale Archinto, foto del 1951


Così in quel piazzale, ormai nebbioso, ci conoscemmo meglio. Mi disse di chiamarsi Juna, di fare parte della famiglia Herzemberger, proprietaria delle giostre e che tutta la troupe si sarebbe trasferita da via Veglia nel giro di due settimane.
Le sarebbe piaciuto rivedermi. Mi diede una sua foto, di quelle scattate nei tirassegni dove figurava assieme ad una sua sorellina più piccola.
Venne poi ad aspettarmi alla fermata del tram 8, davanti al cinema Vox, in via Farini, dove io scendevo di ritorno dal Cattaneo che frequentavo al pomeriggio, per tutte le sere in cui la carovana stazionò in via Veglia.

Scorcio anni 50 di via Farini, sulla destra il cinema Vox, si chiamò anche Farini, Risorgimento e Salone Margherita, dal sito di Giuseppe Rausa


Poi a piedi, tenendoci per mano, io la accompagnavo sino alla sua carovana facendo bene attenzione a non incappare in uno di quegli omacci suoi fratelli. Baci deliziosi, lungo quelle strade buie, che sto rivivendo ora mentre scrivo. Tanti discorsi teneri, con le nostre storie ed anche con i nostri ingenui programmi per il futuro. Persi di vista Juna quando la carovana lasciò la via Veglia e non ebbi più sue notizie.

Anni 50, le giostre, foto di Mario Cattaneo


L’anno seguente, mentre ero al piano superiore a fare i miei soliti compiti di scuola, mi sento chiamare da mia mamma dalla latteria, scendo e sorpresa, vedo davanti al banco Juna con un’altra ragazza. Mia mamma mi chiede “Conosci questa ragazza? “. Ed io, “ciao Juna”. ” Tu hai una sua fotografia?” “Si” ( l’avevo gelosamente conservata nel mio portafoglio) E Juna: ” Gianni, in quella foto c’è anche una mia sorellina che è morta e volevo recuperare la sua unica foto”. Risalii a prendere la foto e gliela diedi. Ci salutammo e uscì dalla latteria con l’amica che l’aveva accompagnata. A quel punto mia mamma esplose: “con una zingara te la sei fatta !! Non sai che quelle ti buttano il malocchio ? ” .
Povera cara Juna. Sono certo che non mi hai buttato alcun malocchio ma che qualche volta mi avrai invece pensato come io ho pensato a te.



Scorcio del portico di Santa Maria alla Fontana, primi del Novecento


Ancora un ricordo: eccoci nell'immediato dopo guerra alla chiesa della Fontana, Siamo nel Settembre 1947, si celebra il matrimonio di mia sorella Celsia. Nella foto sotto io ho 13 anni e sono al fianco di mia sorella che ne ha 23. Nel gruppo anche il padre dello sposo, da quel giorno mio cognato, che era un notabile dell'epoca in quanto Assessore al Comune di Milano e braccio destro del primo Sindaco di Milano del dopoguerra Antonio Greppi. Mio cognato, reduce, giovane geometra rampante in quegli anni in cui la casa ed il mattone erano preziosi quanto il pane, aveva già cominciato la sua scalata nell'edilizia, con la sua impresa di costruzioni. Sue le realizzazioni dei palazzi di piazza XXV Aprile 5 e Viale Pasubio 1 e quello di Viale Crispi angolo corso Garibaldi. Il "rinfresco", dopo la cerimonia, si era tenuto nel nostro appartamento sopra la latteria di via dal Verme 2. Se ne parlò per anni all'Isola; sotto le finestre folti gruppi di persone, di tutte le età, che gridavano il "Viva gli Sposi" e ricevevano ad ogni salva manciate di confetti. (oggi non si può comprendere il valore dato al "dolce in bocca " prezioso per allora). Avevamo preparato anche duecento panini bianchi ben imbottiti (allora c'era ancora la tessera ed il pane era ancora quello nero di guerra) che in parte vennero, dopo i confetti, lanciati dalla finestra nelle mani dei festanti. Io ero l'addetto ai lanci.



Foto di gruppo all'uscita dalla chiesa dopo la cerimonia



La Sagra dei Peritt a Precotto di Roberto Bagnera

La Cascina Viscontea in via Cislaghi angolo via Tremelloni

Sui pilastri di accesso ancora possiamo osservare il biscione visconteo che rivendica la proprietà dell'ottocentesca Cascina Merlin, la cort di campee e la cort di occh, che insiste fra la via Cislaghi e la via Tremelloni. Foto di Alba Banzi



Alla destra del viale Monza, aperto nel 1838 per creare una direttrice verso la Villa Reale di Monza, si estendevano un tempo le fiorenti attività agricole e rurali dell'antica Precotto, ortaggi e frutti che impiegavano nella loro cura le genti del borgo.

Guido Visconti di Modrone


Molti terreni erano di proprietà della casata Visconti di Modrone che ai primi dell’Ottocento fece erigere la casa Colonica, Cascina Merlini, ancor oggi presente in via Cislaghi, la via principale allora dell’agglomerato agricolo.

Via Tremelloni, la cappella del soppresso cimitero di Precotto dedicata a Santa Maria Maddalena,
anni 20, Archivio ACAdeMI


Una delle feste più importanti era quella della Maddalena che a partire dal 19 luglio, per tre sere vedeva i buoni villici percorrere la via fino all’Oratorio dedicato alla Maddalena, qui, alle 20, e 30 il prete enunciava la predica e poi conduceva le preghiere comuni fino all’imbrunire, litanie assorte e sincere interrotte talvolta dal sobbalzo d’un carro sull’acciotolato.



La cascina lato via Cislaghi, 1960, Archivio ACAdeMI


Scorcio anni 50 di via Cislaghi, Archivio ACAdeMI

Dopo aver espletato il rito religioso ecco, fra chiasso e gioia dei bimbi, che tutti ritornavano verso le proprie case lungo una via Cislaghi illuminata da lampade al carburo e animata da innumerevoli bancarelle che vendevano le gustose pere piccole del luogo, che costando pochi soldi, regalavano a tutti un’attimo di felicità. Il giorno 22 luglio poi, esaurite e vendute tutte le pere si celebrava la messa solenne in onore della santa.

La Cascina Viscontea lato via Tremelloni, foto primi anni 80 Archivio ACAdeMI - Franco Mauri





Di alcune strade del Municipio 2 un tempo diversamente denominate di Gabriele dell'Oglio

1 - La cartolina viaggiata nella seconda metà degli anni 20, l'edificio stile Deco al centro risale infatti al 1925 come indica una scritta in facciata, curiosa la didascalia impressa: viene indicata la via Luigi Settembrini il nome della strada prima di essere intestata a Giulio e Corrado Venini, la via che si intravvede a sinistra invece viene già indicata col nuovo nome Pietro Marocco, anzichè con la precedente intestazione a G. Biancheri

Come noto l’estensione del territorio del Comune di Milano non è sempre stata pari all’attuale.

La Milano Storica infatti era quella interna alle mura spagnole. 

A formare una corona attorno al nucleo storico fu istituito, con reale dispaccio del 21 luglio 1781, dell’imperatore d’Austria Giuseppe II, il comune dei Corpi Santi, amministrativamente suddiviso in sei sestieri (Porta Orientale, Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Vercellina, Porta Comasina e Porta Nuova). 

Tale Comune fu poi, dopo vicende alterne, aggregato definitivamente al comune di Milano, con Regio Decreto n° 1413 del 8 giugno 1873.

Il territorio comunale rimase poi invariato per circa 30 anni, quando con la legge n° 248 del 9 giugno 1904, ci fu una rettifica di confine tra il comune di Milano ed il Comune di Greco Milanese: il comune di Milano cedette una porzione del proprio territorio ad Ovest della strada Provinciale Veneta (ora via Padova) [imm. 2] e ottenne una vasta area del territorio meridionale di Greco che comprendeva anche piazzale Loreto e parte del lato Ovest dello stradone di Loreto (ora Corso Buenos Aires) [imm. 3].


2- Territori trasferiti al Comune di Greco nel 1904


3 - Territori trasferiti al Comune di Milano nel 1904

Successivamente fu dapprima  annesso a Milano l’intero territorio del comune di Turro, con decreto luogotenenziale n° 209 del 31 gennaio 1918, e poi, con il Regio Decreto 1912 del 2 settembre 1923, vennero aggregati a Milano ben 11 comuni, tra i quali Crescenzago, con la sua frazione Cimiano, Gorla-Precotto, unione dei Comuni di Gorla Primo e Precotto, avvenuta nel 1920, e Greco Milanese. [imm. 4]


4 - La comunicazione del Sindaco Mangiagalli

L’unione dei comuni, se da un lato portava dei benefici economici (basti pensare all’eliminazione dei dazi tra un comune e l’altro, sperando che i gabellieri fossero meno stupidi di quelli raffigurati nella celebre scena del film “non ci resta che piangere”), dall’altro poneva dei problemi pratici: era infatti inevitabile che nella toponomastica si venissero a creare dei doppioni e si rendeva inoltre necessario unificare il nome di strade che, pur essendo un tutt’uno, cambiavano nome passando da un comune all’altro.

Disponendo, come vedremo, di alcune mappe stradali dell’epoca, si potrà evidenziare, almeno parzialmente tale opera di razionalizzazione della toponomastica del territorio dell’attuale Municipio 2 di Milano.

Inizio con le tre direttrici che attraversano l’intero Municipio 2, dipartendosi da piazzale Loreto (ex Rondò di Loreto):

Il gran viale provinciale per la Villa Reale, ora viale Monza

La Strada Provinciale Veneta, ora via Padova

La strada delle Rottole, ora via Andrea Costa e Ruggiero Leoncavallo

Le prime osservazioni si possono fare consultando la “Mappa di Milano coll’indicazione del piano generale regolatore edilizio e di ampliamento – 1910” stampato da Bertarelli. [imm. 5]


5 - Stralcio dalla Mappa Bertarelli del 1910

Per prima cosa possiamo notare che, come prevedibile, non tutta la viabilità attualmente esistente era già presente all’epoca, ma passiamo alle strade, procedendo con ordine da Ovest verso Est e da Nord verso Sud, partendo dalla cintura ferroviaria, all’epoca della mappa ancora in progetto:

via del Molinetto, ora via Popoli Uniti

via Marconi, ora via Giulio e Corrado Venini

via Arimondi, ora via Martiri Oscuri

via Trotter, ora via Rovereto

via Galliano, ora Via Nicola d’Apulia

via Bellingera, ora via Luigi Varanini


6 - Il rustico della scomparsa Cascina Bellingera che dava nome alla omonima via ed era la cosiddetta villa di delizia della famiglia Bellingeri in un'immagine anni 60 Archivio ACAdeMI


via Giacosa, ora via Pietro Crespi

via Edmondo De Amicis, ora Via Nino Oxilia

via Maratona, ora via dei Transiti

via della Bellingera, ora via Louis Pasteur

via Giuseppe Garibaldi, ora via privata Conegliano

Dalla successiva Mappa Vallardi, datata luglio 1925 [imm. 7], notiamo che alcune vie hanno assunto il toponimo attuale mentre altre hanno assunto un nuovo nome ed altre sono state aperte:

via Edison, ora via Roggia Scagna

via Libero Pensiero, ora via Luigi Varanini,

via Ferrer, ora via Pietro Crespi (parte)

via dell’Insegnamento, ora via S. Alessandro Sauli

via Messidoro, ora via Guido Cavalcanti

via G. Biancheri, ora via Pietro Marocco

via Carlo Tenca, ora via Soperga

via Giosuè Carducci, ora via Clitumno

via Beretta, ora Via Arquà


7 - Stralcio dalla Mappa Vallardi 1925

Passano pochi anni e dalla mappa allagata alla Guida Savallo del 1927 [imm. 8], possiamo notare la mano del regime che ha ulteriormente modificato taluni toponimi, eliminandone alcuni “scomodi” e dedicandone alcuni ai vari “martiri fascisti”:

via E. Bernini, ora via Popoli uniti

via E. Tonoli, ora via Martiri Oscuri

via delle Arti, ora via Spoleto

piazza IV novembre, ora piazza Spoleto

via IV novembre, ora via Martiri Oscuri

via Libertà (nel tratto finale), ora via Giulio e Corrado Venini

via Luigi Settembrini (a sud di piazza Spoleto), ora Via Giulio e Corrado Venini

via Aldo Sette, ora via dei Transiti

8 - Stralcio dalla Guida Savallo 1927: tratto a Sud della cintura ferroviaria

La Guida Savallo del 1927 [imm. 9], ci permette di gettare uno sguardo nel tratto immediatamente a nord della cintura ferroviaria, dove possiamo trovare altri toponimi variati:

via Emile Zola e via Jean Jaures, ora via Giovanni Pontano

via Davide Sesia, ora via Matteo Maria Boiardo

via Cremona, ora via Gerolamo Vida

via Francesco Cavezzali (tratto a nord di piazza Davide Sesia), ora via Stamira d’Ancona

piazza Ellittica! (nome dato per un certo tempo anche a piazza Cordusio), ora piazza D. Sesia

via A. dal Verme, ora via privata Terenzio Mamiani

via Sparta (peccato aver perso la combo con la vicina via Atene), ora via Terenzio Mamiani

Nella mappa è anche indicato, all’angolo tra via Cavezzali e via Padova, il Molino Nuovo; tale edificio ha poi anche dato il nome al deposito tranviario della STEL, costruito nel 1929, poi diventato deposito automobilistico Palmanova della ATM. 


9 - Stralcio dalla Guida Savallo 1927: tratto a Nord della cintura ferroviaria


Proseguendo nella carrellata cartografica, arriviamo alla Guida Savallo 1933 [imm.10 e 11], dalla quale si evince una ulteriore evoluzione:

Vengono aperte via Giuseppe Giacosa e il primo tratto di via Bolzano  

via Nicola Bonservizi diventa ora Via Martiri Oscuri


10 - Stralcio dalla Guida Savallo 1933: tratto a Nord della cintura ferroviaria


11 - Stralcio dalla Guida Savallo 1933: tratto a Sud della cintura ferroviaria


12 - Il dirigibile Leonardo Da Vinci sorvola l'ippodromo di Turro in una foto anni 10, abitualmente indicato come "Trotter" di Turro era in chiusura della via Trotter. Foto del 1910

La mappa IGM 1937 [imm.13], ci dà infine un quadro d’insieme dopo tutte le modificazioni intervenute, con il completamento della viabilità; successivamente nel dopoguerra si avranno solo poche modifiche connesse alla eliminazione dei toponimi legati al regime, come di può ricavare dallo Stralcio della cartografia Tecnica Comunale del 1972 [imm 14].

13 - Stralcio dalla Mappa IGM, Aprile 1937

14 - Stralcio dalla Cartografia Tecnica comunale 1972

15 - Vista dall'alto sull'appena realizzato Teatro di Posa, lo Stabilimento Cinematografico della Comerio Films a Turro occupando la superficie che diverrà successivamente la via Bolzano, foto del 1909


16 - Lavori in corso per la costruzione della scuola elementare mista di via Libertà (attuale via Venini)  in quella che era piazza IV Novembre ( oggi Spoleto), attuale scuola Maddalena di Canossa, 1925 

17 - Il Padiglione per Malati Nervosi di Villa Turro in un'immagine del 1914 quando l'odierna via Stamira d'Ancona si chiamava via Francesco Cavezzali

Purtroppo le mappe fino al 1927 non coprono il territorio a nord della cintura ferroviaria, mentre la guida Savallo 1933, che pure si estende sino ai confini comunali, mostra già i toponimi attuali, per cui non è possibile fare un confronto con i toponimi originali delle strade di Crescenzago, Gorla e Precotto.


18 - Pubblicità  dei primi anni del Novecento del panettone Rinaldo Rossi, la cui sede era in via Aldo Sette, l'attuale via dei Transiti.



martedì 12 agosto 2025

La casa di via Bellagio di Giorgio Sella

 

Ingresso della casa in via Bellagio 3, foto di Chiara Luppoli


A Milano in via Bellagio, zona nord, vicinissima alla stazione FNM della Bovisa vi è tutt'ora una bella casa le cui strutture e le sue vicende sembrano parte di una sceneggiatura da film noir.

FNM Bovisa, foto del 1987 di Emme Erre


Stazione Bovisa e vista dello stabilimento Sirio


Situata al civico numero 3, è una casa austera, di reminiscenze padronali, abbellita da una tinteggiatura giallo pallida che addolcisce in parte le sue cupi forme. Fu infatti costruita nel 1898 (la data è incisa su un muro interno con il motto tipico dell’ epoca “Volere è Potere“) quale residenza dei proprietari prima e dei vari direttori in seguito del saponificio “Sirio“ che innalzatosi quasi contemporaneamente proprio dirimpetto (dall'altra parte della via) terminò invece la sua carriera di opificio abbastanza ingloriosamente alla fine degli anni 60 del secolo scorso.

Scorcio di via Bellagio alla Bovisa

La fabbrica di saponi Sirio di via Candiani, Archivio ACAdeMI

Del saponificio infatti non è rimasta traccia alcuna, abbattuto anni fa, dopo decenni di abbandono e incuria che però non erano riuscite a cancellare, nell’area di sua pertinenza, i residui effluvi di lontane essenze aromatiche, gusti coloniali ormai dimenticati quali lavanda, verbena o altre.

2 immagini del Calendarietto da barbiere edito nel 1931 dalla Sirio con tema: Nel mondo di Tersicore



Amaro destino il suo che lo ha accomunato del resto a quello di altre ditte della zona e del periodo quali la Montecatini (via Candiani) che sorgeva proprio a due passi, la Ceramiche Tenax (sorgeva in via Colico), la IVI vernici (gruppo Fiat) situata dall’ altra parte della ferrovia, la Ceretti e Tanfani (gru portuali e funivie) e la Lepetit (farmaceutica), entrambe in via Durando, situate qualche isolato più indietro, ditte nelle quali, negli anni della ricostruzione prima e del boom economico poi, si riversavano centinaia di persone e delle quali oggi non rimane neanche il ricordo.

" istantanee dell'ingresso della casa di via Colico 3. Archivio ACAdeMI - Roberto Bagnera



Nella bella casa protagonista del nostro racconto si insediò, attorno al 1930, quello che oggi verrebbe chiamato “direttore di produzione”: un romagnolo di cui mi è noto anche il nome, Ernani Balboni che aveva il compito di dirigere le trecento persone che lavoravano nel saponificio. Come fervente propugnatore della stirpe italica, come del resto richiedeva espressamente il regime in auge in quei tempi, il Balboni aveva esercitato alla perfezione il suo ruolo e anche con l’ausilio indispensabile della consorte aveva generato in rapida successione quattro splendide fanciulle una più bella dell’altra.
Le ragazze erano ovviamente legatissime fra loro, la prima della nidiata era nata nel 1926, l'ultima nel 1931. Erano gli anni dei telefoni bianchi, delle Isotta Fraschini, dell’ impero d’Africa, dei profumi esotici e il saponificio andava a gonfie vele. Il grande giardino della casa era il posto segreto delle ragazze, il luogo dei loro giochi e dei loro sogni. Tutto girò bene fino al 1938 quando qualcuno si accorse che il Balboni aveva ascendenze ebree. Fortunatamente per il momento meriti del partito prevalsero sulle norme razziali. Ma ... per il momento.

Via Candiani 151, Sirio, fabbrica di Saponi, foto anni 90, Archivio ACAdeMI

Verso la fine del 1940 la situazione precipitò.
Erano razionate le materie prime e anche nel saponificio i profumi che prima arrivavano ingenti dalle colonie erano state sostituite dalle miscele autarchiche e nell'aria il profumo della lavanda da un pezzo non si sentiva più.
Con l’ acuirsi della situazione bellica la situazione per il Balboni si fece pesante. Fu incolpato per tutte le deficienze produttive del saponificio e fu messo in disparte. Fu espulso dal partito e perse la direzione della ditta. Riuscì a non perdere il possesso della casa ove viveva confinato con le figlie, ma all’alba del famigerato 8 Settembre 1943 la situazione cambiò radicalmente. Le operaie del saponificio entrarono in sciopero per reclamare migliori condizioni di lavoro.


Manifesto pubblicitario per i saponi da bucato prodotti dal Saponificio Sirio

Una colonna della SS, la LSSAH che già si era distinta a Meina sul lago Maggiore (50 ebrei uccisi e gettati nel lago) e a Boves (il paese fu incendiato e 40 civili uccisi) riportò immediatamente l’ordine. Chi non riuscì a fuggire venne impacchettato e spedito in Germania.
Una rapida indagine effettuata da uno ss-oberfuhrer accertò che i Balboni e le figlie erano ebrei. Furono arrestati tutti, la notte del 20 settembre 1943 e spediti immediatamente in direzione est.
Se riuscirono a sopravvivere al calvario del viaggio furono liquidati una volta giunti a destinazione.

Una colonna delle divisione panzer Leibstandarte SS Adolf Hitler a Milano nel 1943


Di loro si è persa ogni traccia.
Questa storia mi è stata raccontata da mio suocero, all’epoca poco più che un ragazzo e che lavorava anch’egli al saponificio.


Sono informazioni necessarie alla nostra quotidianità mentre si corre indaffarati per arrivare in tempo all’università o al posto di lavoro?
Necessarie sicuramente no. Può essere preferibile esserne a conoscenza, non tanto per puro nozionismo o per un evento meramente ricorrente ma per la “durezza“ della storia intesa come memoria, è il caso di dire: povero uomo come potrai non commettere più errori se cancellerai quelle che dei tuoi errori furono le vestigia? Gli ufficiali delle SS responsabili della deportazione dei protagonisti di questa storia furono il capitano della Gestapo Theodor Saevecke e il maggiore Walter Rauff, già autore e responsabile dello sterminio di centinaia di ebrei in Russia.

Il Maggiore Walter Rauff

Il Capitano della Gestapo Theodor Saevecke a Milano nel 1944 mentre assiste ad una manifestazione fascista in piazza San Sepolcro


Entrambi agirono impunemente a Milano fino all’ aprile 1945 e non furono mai perseguiti per ciò che avevano commesso e meno che meno naturalmente per la scomparsa della famiglia Balboni.


Via Bellagio, ingresso secondario dell'edificio, Archivio ACAdeMI - Roberto Bagnera 


La casa di via Bellagio rimane muta testimone di questo piccola grande tragedia e del grande giardino di allora non è rimasta che una piccola parte.

Manifesto pubblicitario anni 20 per la Società Anonima Saponi, Amidi e Affini Sirio che raffigura una fanciulla che regge un vassoio con profumi e cosmetici avendo alle spalle gli stabilimenti dell'azienda e l'inconfondibile sagoma della città di Milano. Collezione Salce.