2 Novembre
Commemorazione dei Defunti
Ricetta per el dì di mort: Scisger e Tempia
Ceci e tempie di maiale
Ingredienti
200 g di ceci
200 g di lombo di maiale
2 costole di sedano verde
una cipolla di media grandezza
una piccola carota
un rametto di rosmarino
6 foglie di salvia
pepe nero macinato
sale
Ponete i ceci a bagno in abbondante acqua fredda. Se i legumi saranno dell’ultimo raccolto basteranno 24 ore, altrimenti l’ammollo dovrà essere prolungato di alcune ore. Scolateli e metteteli in un tegame con almeno 2 l di acqua a temperatura ambiente e senza sale. Incoperchiate, il più ermeticamente possibile, e fate cuocere a fiamma bassissima, per circa 3 ore, senza rigirare e senza abbassare o alzare il fuoco. Intanto in un tegame a parte ponete la tempia di maiale ben fiammeggiata e lavata, e lasciatela bollire per circa 1/2 ora in acqua senza sale.
Scolatela e rimettetela di nuovo sul fuoco in un tegame con 2 l d’acqua, il sedano, la carota e la cipolla affettati, la salvia e il rosmarino, poco sale e pepe. Dopo un’ora di cottura, unite alla tempia il lombo in un solo pezzo e lasciate cuocere anche questo per circa un’ora. Mettete insieme a questo punto la carne e i ceci, ormai cotti, e proseguite la cottura per non più di 1/2 ora.
Tanto per chiarire: Il calendario delle tradizioni culinarie milanesi aveva una precisa sequenza ed un’altrettanto precisa ritualità.
Giovanni Rajberti, medico e poeta milanese (1805-1861) autore de “L’arte di convitare spiegata al popolo”, lo sintetizzava in questi versi:
El primm de l’ann se comenza
a mangià la carsenza;
se fa onor a Sant Bias col panatton;
San Giusepp l’è vin dolz cont i tortej;
San Giorg, pannera e lacc col mascarpon;
Pasqua la g’ha el cavrett a l’uso ebrej,
e per differenzialla no se scappa
de fa l’insalattinna e i oeuv in ciappa;
gh’è finna el dì di mort
che porta tempia e scisger per confort,
e la sira, per compì l’indigestion,
gh’è el rosari e i marron.
Figurev poeu a Natal
che tra i fest l’è la festa principal;
se sent fina a tri Mess e capirìi
che gh’è anca l’obligh de mangià per tri.
Questa ricetta è un'eccezione vera e propria negli usi alimentari di Milano, ma è storica e radicata nella tradizione.
I ceci con le tempie costituiscono il tipico pranzo del giorno dei Morti a Milano insieme al Pan di mort e agli Oss de mord. In questo periodo dell’anno una volta faceva veramente freddo, a volte si era già vista la neve, e allora si ammazzava il maiale. Le sue carni venivano sia messe via per l’inverno (lardo, pancetta, salami, salamini, cotechini, zamponi, carne sotto sale) sia consumate fresche (costine arrosto o in umido, arrosto di maiale, casseula, umidi vari). Le parti meno nobili, come la testa del maiale, erano usate per insaporire legumi e zuppe. I legumi secchi erano molto usati: ceci, fagioli, lenticchie, piselli, fave costituivano un gradito contorno quando d’inverno non c’erano verdure fresche o erano l’ingrediente principale di zuppe e minestre. Ed ecco allora che il musetto di maiale trova la “morte sua” in questa zuppa che appariva il 2 novembre sulle tavole di tutti i milanesi, a qualsiasi ceto sociale appartenessero.
E’ uno dei rarissimi piatti milanesi che utilizza i ceci. Era il piatto rituale del giorno dei morti, la cui ascendenza latina è evidente. Le celebrazioni dei morti erano, nel mondo romano, accompagnate da offerte votive sulle tombe di coppe di vino e piatti di ceci.
" (...) san Carlo Borromeo, nato il 1538 ad Arona, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore: era alto più di un metro e ottanta e di corporatura robusta e perciò amava mangiare anche quando i precetti ecclesiastici lo costringevano all’astinenza; i suoi digiuni infatti non consistevano nella privazione assoluta dal cibo, ma secondo l’uso ecclesiastico antico, nel consumare un solo pasto al giorno.
E in quelle occasioni il grande arcivescovo di Milano mangiava abbondanti minestre e zuppe accompagnate da pane di segale. Fra le sue preferite c’era la “zuppa di ceci” che durante la Quaresima si faceva preparare senza il maiale, sebbene prediligeva la ricetta tradizionale a base di verza e le parti meno nobili del porco: forse per questo motivi san Carlo Borromeo è diventato il protettore contro le ulcere, i disordini intestinali, e le malattie dello stomaco!
Ebbene, dalle cronache dell’epoca e dai diari di Stendhal si deduce che quasi certamente fu la signora Teresa Casati Confalonieri ad invitarlo nel suo salotto, quella sera del 4 novembre 1816, per la tradizionale degustazione della squisita, quanto sostanziosa, “zuppa di ceci” che tanto piaceva a san Carlone e che forse perciò è diventata simbolo meneghino di amicizia.
Nessun commento:
Posta un commento