Il Museo è il risultato
dell’evoluzione del Progetto “Archivio della Memoria – Le Tracce di Ieri”, che
nacque nel 2004, allorché il Comune di
Vigevano aveva scelto di attivare un progetto di valorizzazione della memoria
storica della città e della sua vita sociale ed economica, favorendo un processo
di riscoperta e rivalutazione delle antiche tradizioni dell’artigianato, dei
vecchi mestieri, delle professioni, collegando però il tutto alla vita
quotidiana, assunta in tutti i suoi aspetti e manifestazioni di rilievo
nell’arco di un periodo tra la fine dell’Ottocento e gli ultimi decenni del
Novecento.
Nella foto di Diana e Mario Grisoni l'ingresso di Palazzo Roncalli, sede del Museo Franco Fava.
Furono scelte diverse iniziative incentrate sull’utilizzo
prioritario delle immagini, coinvolgendo enti, associazioni e privati legati al
territorio. Si previde una evoluzione del progetto nell’arco di cinque anni,
partendo da una fase di pubblicazioni per poi arrivare a creare strutture
espositive o museali stabili, da collegarsi a manifestazioni di alto livello
culturale da istituire in cicli ordinati e periodici.
Il percorso iniziò con diverse manifestazioni parziali e
si concretizzò ulteriormente con la realizzazione del volume “Vigevano al
lavoro – inventario della memoria”. Si volle produrre una testimonianza
concreta e duratura del valore delle immagini nella coscienza e nella
conoscenza dei vigevanesi, e nulla meglio di un libro avrebbe potito servire a
tale scopo.
La scelta del tema
“lavoro” fu dettata da una duplice considerazione: il lavoro come
attività fondamentale del progresso umano e della crescita civile ed economica
della società, e il rapporto che inevitabilmente finisce per connettere il
lavoro a tutte le altre attività umane.
Il libro prendeva spunto dalla plurisecolare laboriosità
dei vigevanesi e cercava di raccontarne la storia in modo agile e godibile,
privilegiando l’immagine rispetto al testo. Ovvio che “raccontare” per immagini
non può prescindere dalla fotografia, che si colloca in modo utilizzabile
principalmente a partire dalla fine del secolo XIX. Il libro quindi iniziava
con una breve premessa storica generale sul lavoro e il suo ruolo nella cultura
e nella società umana dai suoi albori sino ai nostri giorni, con un accenno a
parte anche al lavoro e alle peculiari attività di Vigevano nella sua
plurisecolare storia, per poi proporre un vasto archivio di fotografie,
raccolte in mesi di ricerca in archivi pubblici e privati. La sezione
fotografica fu articolata per categorie e sottocategorie, con brevissime
introduzioni per ognuna. Si andava dalle casalinghe agli operai, dai contadini
agli ambulanti, dai “colletti bianchi” agli insegnanti. Le immagini avevano datazione
varia, principalmente si collocavano tra la fine del 1800 e il primo
dopoguerra, ma non mancavano fotografie più recenti.
L’Amministrazione Comunale delegò l’assessorato alle
Attività produttive alla gestione dell’iniziativa, e in questa fase si rese più ancora incisiva la partecipazione di
Franco Fava, che era stato uno dei maggiori ideatori dell’intero progetto e il
suo maggior fautore.
Franvo Fava produsse e realizzò, per conto dell’Amministrazione,
grazie a uno staff di esperti
collaboratori, il pregevole volume “Vigevano al Lavoro”, posto in vendita a
un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, al fine di favorirne nel
modo più ampio possibile la diffusione: il successo fu clamoroso e il libro
divenne il volume più acquistato in Vigevano per molti mesi, raggiungendo il
record di vendite di 1.550 copie in pochi mesi.
Tuttavia la sua
realizzazione non era stata concepita come una operazione commerciale, ma come
un primo passo editoriale per la diffusione e la valorizzazione della memoria
storica della città.
Il passo successivo fu la pubblicazione di un secondo
volume, di pari pregio e formato, questa volta dedicato alle memorie private
dei vigevanesi, che infatti fu intitolato “Vigevano in Famiglia”, pubblicato a
dicembre del 2005.
Con esso si volle affiancare alla riscoperta del lavoro
nelle sue più antiche accezioni e consuetudini cittadine, la rivalutazione e la
conoscenza della vita quotidiana della città e del suo territorio, intesa come
valore fondante dell’evoluzione sociale e civile della collettività. Parallelamente
alla pubblicazione del libro si allestì una mostra temporanea nelle scuderie
del Castello Sforzesco, dedicata alla vita quotidiana, agli oggetti d’uso e di
lavoro, agli strumenti, ai giocattoli, ai libri ed alle riviste e giornali,
agli oggetti curiosi, agli oggetti decorativi e a tutto quanto insomma
circondava la giornata tipica, ma anche a quella diversa, di un vigevanese e di
ogni altro italiano tra il 1880 e il 1975. La mostra fu organizzata e
realizzata grazie all’attiva partecipazione di Rolando Di Bari, da molti anni
stretto collaboratore di Franco Fava, già principale autore dei due libri
citati, nonché proprietario di gran parte del materiale esposto.
Anche il secondo libro ebbe un notevole successo di vendite
e di critica e, parimenti, la mostra temporanea ebbe un successo ben al di là
delle più rosee previsioni, venendo visitata da oltre diciottomila persone
nell’arco di soli quarantacinque giorni. Anche la RAI effettuò un ampio
servizio sulla mostra, diffuso sul TG regionale e sulla rubrica culturale
settimanale di RAI2.
Il grande successo della mostra incoraggiò la volontà di
renderla permanente e, dietro le pressanti insistenze e incoraggiamenti di
Franco Fava e dello stesso Rolando Di Bari, grazie ad un notevole sforzo
economico, si previde una nuova, più completa e ampia sua collocazione nei
prestigiosi spazi reperibili presso il Palazzo Roncalli, sede dell’omonima
fondazione.
Nella seconda metà del 2006 la mostra permanente fu
aperta e fu denominata “Museo della Vita Quotidiana”. Riscosse immediatamente un enorme successo di
pubblico tanto che, nonostante la struttura fosse aperta solo al venerdì
pomeriggio e nelle intere giornate del sabato e della domenica, il numero di
visitatori salì a oltre mille unità di media a settimana, con punte sino a
mille e ottocento in particolari occasioni.
Fu naturale e consequenziale affidare a Franco Fava
l’incarico di curatore della mostra, sia per la sua grande competenza, sia per
l’amore e la passione che aveva profuso nella creazione di questo
originalissimo “archivio della memoria”.
Il passo successivo fu l’apertura di una speciale sezione
del Museo dedicata alla Grande Guerra, considerando la tragedia bellica come un
doloroso evento della vita quotidiana di milioni di italiani nel periodo
1915-1918, proprio in considerazione della peculiarità della Prima guerra
mondiale che aveva visto la guerra di trincea divenire diffusa e comune a tutte
le nazioni belligeranti.
La nuova sezione fu allestita con l’acquisizione in
prestito permanente dell’intera collezione di un cittadino vigevanese, Daniele
Porta Fusero, grande esperto e ricercatore diretto di reperti sui campi che
furono teatro del primo conflitto mondiale. La collezione privata fu concessa
in prestito permanente gratuito dal Porta Fusero al Comune di Vigevano, in
memoria del proprio genitore, Cipriano Porta Fusero, deceduto nel 2005. Naturalmente
l’incarico di curatore della sezione fu affidato allo stesso Daniele Porta
Fusero, proprietario e creatore della collezione.
Va sottolineato che il materiale esposto non ha nulla da
temere al confronto, sia per qualità che quantità, con numerosi musei
specialistici sulla Grande Guerra nazionali: si tratta di oltre quaranta
manichini con divise complete di quasi tutte le nazioni belligeranti (alcune
molto rare), più una collezione di ben oltre cinquemila oggetti comprendenti
armi, proiettili, bombe a mano, mazze ferrate, baionette, caricatori,
buffetterie, pacchetti di medicazione, manuali, bottiglie, scatolette di
alimenti, berretti, attrezzi, filo spinato, manuali, schegge di granate e
granate intere, documenti, fotografie, giornali e pubblicazioni, lettere,
medaglie, zaini, borracce, gavette e ogni altro oggetto del periodo . La
sezione, aperta nel dicembre del 2007, ha prodotto un incremento dei visitatori
di oltre il 35%, con punte di visitatori che si aggirano sui 2.400 al giorno e,
fatto non secondario, a poche settimane dalla sua apertura ha portato il Museo
della Vita Quotidiana e della Grande Guerra (come è stato successivamente
ribattezzato) in primo piano nel panorama turistico e culturale vigevanese,
lomellino e lombardo: non a caso la struttura museale nel suo complesso risulta
essere unica per tipologia a livello europeo. I più qualificati siti internet e
numerose riviste specialistiche nazionali hanno dedicato link e articoli alla
struttura vigevanese.
L'autorevolissima rivista "Uniformi &
Armi", una delle più prestigiose a livello europeo in materia, nel suo
numero di settembre 2008 nell'editoriale del direttore, riporta questa frase:
"....a Vigevano
veniva inaugurato un bellissimo museo dedicato alla Grande Guerra
...(omissis)... che ha messo assieme negli anni una raccolta senza eguali in
Italia - riteniamo noi - per completezza uniformologica, ampiezza di
documentazione e oggettistica, serietà nella catalogazione".
Un link completo del museo è anche presente sul
prestigioso e conosciutissimo sito specializzato Cimeetrincee.
Nel 2009 la struttura è stata ulteriormente ampliata con
ulteriori spazi dedicati al territorio lomellino e all’agricoltura. Tale nuova
sezione, intitolata “Il canto della Terra”, è dedicata soprattutto alle scuole,
di ogni ordine e grado,allo scopo di far conoscere ai giovani la vita rurale,
nell’ottica di una riscoperta del mondo rurale anche come opportunità di
lavoro.
Nel gennaio 2010 il Museo, e in particolare la sezione
“Il canto della Terra”, è stato oggetto di un efficace servizio della RAI,
mandato in onda sia all’interno della rubrica del TG2 “Sì Viaggiare” sia in
altri contesti.
Un ampio videoservizio sul Museo, qui illustrato in ogni
sua parte, è stato realizzato dalla neonata TelePavia, che lo ha mandato in
onda più volte sul suo canale digitale.
Il Museo della vita quotidiana e della Grande Guerra
“Franco Fava”, noto anche con il precedente titolo di “Le tracce di ieri”,
fornito di un’ampia biblioteca tematica, di sala video e di book shop, è
accessibile in ogni sua parte anche ai diversamente abili.
La storia di questo fiore all’occhiello della cultura
vigevanese (e non solo) si è tristemente conclusa nel 2010, allorché la nuova
giunta leghista, eletta a marzo, ne ha decretato, per una bassa ragione di
vendette personali e politiche, la chiusura e lo smantellamento.
Il Museo è stato dunque obbligatoriamente distrutto. Le
sue porte si sono chiuse definitivamente l’8 dicembre 2010.
Encomiabilmente, però, i curatori e i collaboratori hanno
provveduto a riunire e conservare in luoghi sicuri tutto il patrimonio
materiale del Museo, in attesa che qualche fatto nuovo possa condurre a una sua
ricostruzione. Come loro stessi amano affermare, “il Museo non è affatto morto
e sopravvive a dispetto di coloro che ne hanno voluto la chiusura; manca soltanto
di una sede consona”.
Chiunque fosse interessato ad approfondire la storia e la
situazione attuale, e ad avere notizie e aggiornamenti, può consultare il sito www.museofrancofava.it e contattare il profilo Facebook Le Tracce di ieri.