domenica 18 luglio 2021

Inseguendo i Promessi Sposi di Roberto Bagnera e Arianna Pogliani


Corte di Palazzo Luraschi con i busti di Renzo e Lucia. Foto di Arianna Pogliani


Alessandro Manzoni, facendo riferimento al suo citare il Lazzaretto di Porta Orientale, si domandava se mai qualcuno leggendo il suo immortal romanzo in un futuro non troppo lontano forse non avrebbe saputo di quale foggia e quale funzione fosse dotato l'edificio che si stendeva fuori le mura spagnole.
Legittimo interrogativo, fortunatamente ci sono rimasti numerosi documenti fotografici, un tratto, trasformato in chiesa ortodossa, sopravvive in via San Gregorio e, recentemente restaurata, la chiesa di San Carlo, al Lazzaretto, con la sua forma ottagonale, le cui facciate erano in origine aperte per consentire ai dolenti ricoverati di poter vedere le funzioni religiose da qualunque posizione.

Stampa d'epoca che raffigura una funzione presso San Carlo al Lazzaretto

Ben vivide sono ai nostri occhi le immagini della commedia manzoniana che con scrivere sapiente narra le disgrazie e le umane vicende che ivi si svolsero ai tempi della pestilenza del 1630 che afflisse lungamente le genti e la città di Milano e quali immagini immortali saranno per sempre retaggio della nostra comune cultura meneghina, meno sicuramente possiamo immaginare di quale esplosione di attività e vita si svolgesse all'interno del recinto durante gli anni che precedettero la sua definitiva demolizione sul finire dell'Ottocento, dal 1882 al 1890 per la precisione.

Scene di ordinaria vita quotidiana al Lazzaretto di Porta Orientale, nella foto sotto il lato verso corso Buenos Aires angolo con l'attuale piazza Oberdan, nell'Ottocento, Archivio Civico del Castello


Oggi non v'è più chi possa raccontarci quali stralci di frenetica umanità e quali commerci potessero intessersi in quel microcosmo, quell'enclave, oseremmo dire quella città nella città, ospitata nelle celle del quadrilatero quattrocentesco che era lungo 378 metri, per una larghezza di 370, che si estendeva in un'area delimitata dalle attuali via San Gregorio, via Lazzaretto, viale Vittorio veneto e corso Buenos Aires, al centro della quale passava anche un rilevato ferroviario.

Vista a volo d'uccello del 1880 del Lazzaretto con al centro il rilevato ferroviario. Civico Archivio

 
Ci affidiamo allora ai ricordi e alle immagini raccontate dal medico Eugenio Baila che in un evocativo articolo, pubblicato sulla Martinella di Milano nell'agosto del 1947, ci rende partecipi di quella comunità: vi si allevavavano galline e qualcuno teneva qualche mucca e così fiorivano le vendite di uova e di latte dei quali molti giungevano ad approvvigionarsi da diverse parti della città, i prati interni spesso apparivano punteggiati dal candore di panni stesi ad asciugare, perchè molti abitanti erano lavandai di mestiere. In inverno il lazzaretto si trasformava anche in un'improvvisata fabbrica del ghiaccio: in giorni particolarmente rigidi si inondava il prato con l'acqua gelida di una roggia che così congelava, il ghiaccio veniva poi raccolto in grossi pezzi e trasportato con un carro a cavallo per raggiungere cantine, macellerie e negozi di alimentari che ne rifornivano le celle di conservazione.

Il carro del ghiaggio in corso Venezia. Civico Archivio


Nelle 288 stanzette originali che si aprivano lungo il porticato era ospitata una varia umanità composta di operai, artigiani, lavandai, ortolani e tanti negozi che aprendosi un sfogo verso l'esterno reggevano il loro commercio al minuto, v'erano forni, macelleria e drogheria e  pure un'osteria, detta del Ponticello, per via del ponte che oltrepassava la roggia del Lazzaretto, osteria con "giuoco di bocce".
Colori e odori di un tempo che fu, ben descritti da chi aveva avuto il tempo di viverli.
A noi resta da far notare la presenza di un forno da pane ben avviato la cui proprietaria era la vedova Luraschi, donna energica e intraprendente tanto che riuscì a diventare amministratrice del Lazzaretto per conto dell'Ospedale Maggiore, occupandosi di riscuotere personalmente la quota di affitto, che all'epoca si pagava settimanalmente, riuscendo ad accumulare il proverbiale gruzzoletto che forse servì anche a pagare gli studi all'Ingegner Ferdinando.

Il Lazzaretto all'angolo con corso Buenos Aires e piazza Oberdan, foto del 1880, in primo piano il forno da pane della vedova Luraschi. Civico Archivio Fotografico


Giunse infine il fatidico momento in cui la campanella del Lazzaretto intonò l'ultimo rintocco, l'Ospdele Maggiore lo aveva messo in vendita e quindi si procedette alla demolizione del recinto manzoniano, il cui terreno fu diviso in lotti atti alla costruzione di un nuovo quartiere, fra gli acquirenti non poteva mancare l'ingegner Ferdinando Luraschi, già a sua volta amministratore del Lazzaretto stesso, che si garantì una bella porzione di terra e vi edificò il suo palazzo in stile eclettico, 1887.


Corso Buenos Aires 1, la facciata di Palazzo Luraschi, foto di Arianna Pogliani

Dettaglli della facciata eclettica di Palazzo Luraschi. Foto di Arianna Pogliani


Androne del palazzo, con fascia decorativa a motivo di putti. Foto di Arianna Pogliani

L'ingegner Ferdinando Luraschi, nato nel 1839 e morto nel 1900, edificò quindi,  unitamente al capomastro Angelo Galimberti, il proprio imponente palazzo con dettagli e stilemi architettonico decorativi tipici dell'epoca e rispondenti ad un pronunciato gusto Eclettico, oltre ad aver utilizzato per la prima volta a Milano il cemento armato.
Costruzione imponente e arditamente alta, 6 piani di altezza che infransero, altro record, quella che in città era la "Servitù del Resegone.

Dettaglio dell'ingresso dal corso, foto di Arianna Pogliani

A Milano nel XIX secolo vigeva una saggia disposizione edilizia: la "Servitù del Resegone", era un vincolo che imponeva agli edifici a nord dei bastioni di Porta Venezia di non superare l’altezza di 2-3 piani, per permettere di ammirare il suggestivo panorama offerto dalle Prealpi lombarde.
Sui bastioni e in corso Buenos Aires, allora “Stradone di Loreto” c’era un discreto passaggio di carrozze, i signori venivano a fare la passeggiata per respirare aria fresca e nelle giornate terse per ammirare lo spettacolo del Resegone e delle Grigne.
Il primo palazzo che infranse questo vincolo, fu proprio palazzo Luraschi.

Dettaglio del cortile del palazzo, foto di Arianna Pogliani

Voce di popolo poi tramanda che l'ingegner Luraschi, quasi pentito per aver edificato sull'area del demolito storico edificio di Manzoniana memoria, ma molto più probabilmente per una forma di riconoscenza verso l'Istituto che aveva visto crescere la sua affermazione sociale, decise di incastonare quattro colonne originali del Lazzaretto nel cortile d'onore del suo palazzo dove spiccano altresì dodici piccoli busti che raffigurano Renzo, Lucia, Padre Cristoforo, il cardinale Federico Borromeo, don Rodrigo e altri personaggi dei Promessi Sposi. e per non farci mancare nulla: tutti orientati in direzione del Resegone, la cui servitù il Luraschi aveva disatteso.

Fotocomposizione dei primi piani dei 12 busti eseguita da Mario Miglietta, per gentile concessione



Con riferimento alla fotocomposizione di cui sopra, ecco i personaggi raffigurati, da sinistra a destra e dall'alto al basso:

Il Griso (capo dei Bravi di Don Rodrigo) - L'Innominato - La Monaca di Monza
L'avvocato Azzeccagarbugli - Don Rodrigo - Il Nibbio (Capo dei Bravi dell'Innominato)
Don Abbondio - Renzo - Lucia
Il Cardinale - Fra Cristoforo - Agnese

Particolari del cortile d'onore di Palazzo Luraschi nelle foto di Arianna Pogliani




Il cortile ospitava, fino agli anni Trenta del ventesimo secolo, un lussuoso locale detto "Puntigam", che fu uno storico caffè concerto, ma anche un elegante ristorante-birreria con i tavoli all'aperto, il locale si estendeva sul corso Buenos Aires e su piazza Oberdan.



Cartolian pubblicitario (e dettaglio ingrandito) del Ristorante Birreria Puntigam

 

Nel locale si trovavano un salone neogotico, salottini appartati, eleganti specchiere e, novità stupefacente, la luce elettrica, che il Comune aveva fatto arrivare lì per la prima volta grazie a un contratto sperimentale stipulato con la Società Edison

Veniamo ora all'origine di questo nome. Innanzi tutto, va detto che Puntigam è un distretto della cittadina di Graz, in Austria. Ed in questo distretto, sito nella parte sud-occidentale della città, si trovava la birreria omonima, una delle più antiche tra le grandi fabbriche di birra della zona, risalente come alcune altre al quindicesimo secolo.
A partire approssimativamente dal 1800, essa si sviluppò in maniera industriale, e alla fine del diciannovesimo secolo contava 400 collaboratori e produceva annualmente 380.000 ettolitri di birra. All'epoca (si noti, quella della costruzione del palazzo Luraschi) questa birra era molto apprezzata nel regno austro-ungarico e in Italia.
In seguito l'azienda andò soggetta a fusioni e ristrutturazioni, per convergere infine in quello che oggi è il maggior produttore austriaco di birra. Ciononostante, il marchio "Puntigamer" è rimasto fino ai nostri giorni e dal 1985 nella fabbrica di birra di Graz viene prodotto annualmente un milione di ettolitri di birra.

La fabbrica di birra Puntigam a Graz, Austria


Proseguendo sul tema birra ricordiamo un altro locale storico dove Milano poteva gustare la bionda bevanda: la Birreria di Porta Renza, corso Buenos Aires all’angolo di Viale Tunisia, dove, dipinti sulle pareti campeggiavano i ritratti di personaggi manzoniani, locale che andò malauguratamente perduto a causa di un violento incendio.

Il Ristorante Pizzeria Porta Renza viene aperto nel 1920 dal ragionier Catalano che lo chiamò Porta Renza per rendere omaggio, in quanto cultore della letteratura italiana, ad Alessandro Manzoni ed al suo "Renzo e Lucia".
In origine era una birreria frequentatissima dalla migliore borghesia Italiana.
Aperto fino alle 3 di mattina è stato sempre meta preferita dei nottambuli milanesi dove potevano degustare il famosissimo "Filetto alla Rossini".
Gli anni sono passati, insieme alle mode, ma il locale resta sempre fedele alla sua antica tradizione storica e anche quando negli anni 80 viene trasformato in Ristorante Pizzeria e vengono mantenute dalla proprietà le vecchie tradizioni di signorilità classe e sobrietà.
Il ristorante è stato completamente ristrutturato per venire incontro alle esigenze modernee attualmente ha assunto la denominazione "Da Renzo e Lucia"

L'ingresso e la sala del Da Renzo e Lucia, alle pareti un disegno di tema manzoniano


Qui di seguito alcune cartoline pubblicitarie della Birreria di Porta Renza sponsorizzate dall'azienda birraria Pedavena







Rimanendo in piazza Oberdan come non ricordare l' Albergo Promessi Sposi. 
La storica impresa "Albergo Promessi Sposi e Ligure" fu fondata nel 1930 da Enrico Rapetti, cui si aggiunsero successivamente il fratello Paolino ed Enrico Bernardelli, che si resero soci in una ditta che avrebbe gestito anche la Pensione Oswald in piazza del Duomo 17, in piazza Oberdan 12 l'hotel vantava ben 28 camere. Naturalmente nel corso dei decenni pur mantenendo la ragione sociale la proprietà cambiò diverse volte.

Cartolina anni 30 di piazza Oberdan e vista su corso Buenos Aires, sulla destra l'albergo



Albergo Promessi Sposi, oggi Mercure in una foto recente dal web

Rimaniamo ancora in porta Venezia per un'ulteriore curiosità manzoniana, in via Ozanam, 
al civico 8, varcata la soglia di questa elegante e signorile dimora e raggiunto il delizioso cortile ecco... chi altri... Renzo e Lucia, due statue bianche, candide ed emozionanti


L'ingresso di via Ozanam e le statue di Lucia e Renzo, foto di Arianna Pogliani


Lucia e Renzo fanno bella mostra di sè nel cortile di via Ozanam 8




Restate ancora un poco con noi, accompagnateci a Gorla, delizioso storico borgo sulle rive della Martesana, dove troviamo Villa singer, una sontuosa ed elegante magione dove la proprietà originaria viveva e lavorava in quella che era una fabbrica di preziosi profumi ed essenze, a specchio sulle acque del piccolo Naviglio sul quale si affaccia il fresco e artistico giardino, di quella che oggi è location per matrimoni, eventi e rassegne artistiche, se aguzziamo gli occhi potremo scorgere due sagome conosciute: Renzo e Lucia di nuovo a farci compagnia.

Renzo e Lucia nel giardino di Villa Singer, foto di GAP Photos/Matteo Carassale/Garden Design Marco Arosio and Fabio Giardiniere




Eccoci dunque giunti al termine di questa divagazione manzoniana, nel nostro passeggiare ci siamo spostati in zona Cenisio e Fabbrica del vapore, precisamente in via Tartaglia, dove, al civico 24, un edificio eclettico presenta decorazioni singolari, fra draghi e creature orrorifiche di fantasie, ma, fra le altre, due decorazioni spiccano in particolare, ma quei loschi figuri sembrano due Bravi Spagnoli...

I due Bravi Spagnoli sulla facciata di via Tartaglia 24, Foto Archivio ACAdeMI - Roberto Bagnera


Istintivamente ci vien da scrutare i paraggi, quasi una sensazione di presagio, l'attesa di veder comparire la sagoma impacciata e un po' ansante di Don Abbondio che lentamente viene verso di noi e nella nostra immaginazionetutto ricomincia: "Questo matrimonio non s'ha da fare!" ...

domenica 30 maggio 2021

Dal Rondò di Loreto al progetto LOC (Loreto Open Community) di Gabriele dell'Oglio

Panoramica di piazzale Loreto, 1955

 Recentemente Piazzale Loreto è balzata agli onori della cronaca, a seguito dell’aggiudicazione al progetto LOC – Loreto Open Community della riqualificazione di Piazzale Loreto ed aree limitrofe, nell’ambito di Reinventing Cities.

Come era prevedibile, il progetto è stato accolto con reazioni contrastanti, sia a favore, sia contro di esso; tra gli articoli negativi in particolare ve ne è uno pubblicato dalla versione online di una storica testata di architettura, che però non ricostruisce correttamente la storia del piazzale.

La storia inizia nel 1820, quando l’Ing. Caimi progettò una strada monumentale con “quattro filari di platani, uno stradone centrale per le carrozze e due viali laterali per i pedoni”, che congiungesse Porta Orientale (ora Porta Venezia) con la Villa Reale di Monza.

Lungo il percorso di 15 km, nei punti ove erano previsti cambi di direzione, furono ideati tre rondò: il rondò di Loreto (che prendeva il nome dal vicino Santuario della Madonna di Loreto, ubicato nell’attuale via Caretta), il Rondo di Sesto San Giovanni ed il Rondò dei Pini a Monza.

Come avremo modo di vedere, il rondò di Loreto ricadeva alla periferia del territorio del Comune di Greco Milanese, a brevissima distanza dal confine del Comune dei Corpi Santi.

Per circa mezzo secolo, la vita del rondò, nonostante i turbolenti eventi risorgimentali, procedette senza particolari eventi; del resto come rilevabile dalla mappa Valmagini 1850, a parte un edificio, l’area risultava ancora totalmente inedificata .

Foto 1: Stralcio della Mappa Valmagini

E’ nella seconda metà dell’800 che si verificano due eventi che avrebbero avuto una sensibile incidenza sul luogo: 

- con il Regio Decreto n° 1413 del 8 giugno 1873, il Comune dei Corpi Santi fu annesso al capoluogo lombardo, diventando parte integrante di Milano (che fino a quella data aveva confine in corrispondenza della cinta muraria spagnola);

- tra il 1876 ed il 1880 furono aperte l'Ippovia Milano - Monza (8.7.1876) e le tranvie a vapore per Gorgonzola (8.6.1878) e per Vimercate (1.7.1880), tranvie che avrebbero caratterizzato il rondò per oltre 80 anni.

Nel frattempo l’area del rondò andava progressivamente urbanizzandosi, finché con la Legge 248 del 9.6.1904, la porzione di territorio adiacente il rondò di Loreto fu ceduta dal comune di Greco Milanese al Comune di Milano, consentendo, pochi giorni dopo (17.6.1904), il prolungamento della linea tranviaria urbana presso il rondò di Loreto.

A questo punto occorre fare una importante precisazione: come si può rilevare la mappa catastale di fine ‘800, il rondò di Loreto era significativamente più piccolo dell’attuale piazzale ed aveva una forma quasi perfettamente circolare; su di esso si affacciavano solo tre strade: Corso Loreto (dal 1906, corso Buenos Aires), la strada provinciale Milano Monza (attuale v.le Monza) e la Strada provinciale Veneta (ora via Padova); le attuali vie A. Doria e viale Brianza non esistevano ancora e sul lato est la roggia Acqualunga separava il rondò di Loreto dalla strada comunale delle Rottole (attuali via Caretta e via A. Costa) e via Porpora (anche il viale Abruzzi non era ancora esistente).

Foto 2: Stralcio della Mappa del Catasto di Greco (1897 - 1901)

Il diametro del rondò era di soli 96 metri, mentre attualmente tra il fronte degli edifici lato corso B. Aires ed il fronte degli edifici lato via Padova è di circa 134 metri, con un aumento della superficie di due volte e mezza!

Con il passaggio al Comune di Milano il rondò prese ufficialmente il nome di piazzale Loreto, e a seguito dell’aggregazione al capoluogo del comune di Turro (1918) e dei comuni di Greco Milanese e altri (1923), l’assetto amministrativo era infine compiuto, per cui si avviarono le trasformazioni urbanistiche previste dal piano regolatore Pavia-Masera del 1912.

Coperta la roggia Acqualunga e demolito l’isolato che separava l’ex rondò dalla viabilità sul lato est, il cui nuovo fronte fu completato con la costruzione, tra il 1926 ed il 1928, dell’imponente edificio dell’Hotel Titanus-Loreto, furono infine aperte sul lato ovest via A. Doria e viale Brianza. 

Foto 3: 1926, l'Hotel Titanus Loreto nel piazzale omonimo

Questo permise anche una riorganizzazione dei servizi tranviari, con il lato ovest destinato alle tranvie interurbane, nel frattempo passate sotto la gestione della STEL ed elettrificate, ed il lato est destinato alle tranvie urbane gestite dal Comune di Milano dal 1° gennaio 1917, in attesa di fondare il 22 maggio 1931 l’ATM (Azienda Tranviaria Municipale), alleggerendo i transiti delle pesanti composizioni interurbane lungo corso B. Aires, divenuta nel frattempo un’importante arteria commerciale.

Dalle fotografie dell’epoca è evidente, che, a dispetto dell’ampia superficie, piazzale Loreto non fu mai una “agorà”, una piazza dove i cittadini potessero riunirsi in gran numero, ma un luogo dove i traffici ed i commerci si svolgevano al perimetro, mentre la parte centrale, parzialmente a verde, era essenzialmente destinata alla distribuzione dei percorsi tranviari interurbani, con sparute attività collaterali (un chiosco, un distributore di carburante, un vespasiano).

Foto 4: Panoramica del 1927 di piazzale Loreto

Sul lato nord della piazza, l’ampliamento del piazzale avvenne in due tempi: il primo edificio con il fronte arretrato fu quello tra via Padova, piazzale Loreto e via A. Costa, realizzato intorno al 1940, mentre il corrispondente arretramento del fronte tra viale Monza, piazzale Loreto e via Padova, venne realizzato tra il 1959 ed il 1962, con la costruzione del Palazzo di Fuoco e successiva demolizione del cinema teatro Loreto.

Foto 5: piazzale Loreto nel 1957

A completare il quadro delle modifiche rimaneva il lato Ovest il cui completamento fu realizzato nella seconda metà degli anni ’50, contestualmente alla progettazione e costruzione della metropolitana 1 di Milano.

A questo proposito vale la pena evidenziare come nel progetto originale del 1958 [Vedi foto 6], non fosse ancora prevista l’ampia galleria commerciale, presente invece nella variante datata 1964 [Vedi foto 7], a sua volta concretamente realizzata in modo ancora diverso, non essendo stata mai costruita l’uscita verso l’albergo Titanus-Loreto, nel frattempo divenuto per qualche anno sede della Pirelli (che aveva dovuto trasferire i suoi uffici, per consentire la demolizione della vecchia fabbrica e la costruzione del grattacielo Pirelli in piazza Duca d’Aosta), prima di essere demolito alla metà degli anni ’60, lasciando un vuoto urbano colmato solo nel 1979 con la costruzione, invero alquanto discutibile, dell’edificio per uffici tuttora esistente.

Foto 6: Planimetria del 1959


Foto 7: Planimetria del 1964

I lavori di costruzione della metropolitana ebbero anche notevoli ripercussioni sull’assetto tranviario: le tranvie interurbane furono deviate, trasferendo i relativi capolinea (la Milano-Monza da p.le Oberdan a p.za IV novembre e la Milano-Gorgonzola e Milano-Vimercate, da via B. Marcello a Piazza Aspromonte), sopprimendo i servizi vicinali, solo parzialmente sostituiti da linee di autobus e modificando il percorso delle linee tranviarie urbane, abbandonando le tratte transitanti da p.le Loreto.

Una volta completati i lavori di costruzione della metropolitana 1, per un certo periodo, le “isole” centrali, non più fruibili, anche per il traffico automobilistico cresciuto in maniera esponenziale, rimasero in stato per così dire “precario”, finché non fu realizzata l’attuale sistemazione a verde [8].

Foto 8: Vista a volo d'uccello di piazzale Loreto nel 2020

E arriviamo così ai giorni nostri e al progetto LOC – Loreto Open Community… prescindendo dalle questioni di principio sulla opportunità o meno di collaborazione pubblico-privato per la riqualificazione di aree pubbliche, pur non essendo in grado di dare un giudizio complessivo (servirebbe ben più di qualche rendering), c’è tuttavia una cosa che mi lascia perplesso: attesa la pedonalizzazione del tratto iniziale di via Padova, mi chiedo cosa ne sarà della linea automobilistica 56, atteso che la stessa è una linea di forza del trasporto pubblico (tanto da vedere impiegati autosnodati da 18 metri). 

Referenze Fotografiche 

[0] [1] [3] [4] [5] Forum Skyscrapercity

[2] Archivio Catasti Storici Consiglio di Stato

[6] [7] Pubblicazioni MM

[8] Google Maps